A cura di Marco Bardinu
Rileggendo alcuni testi di semiotica pubblicati nei primi duemila, sono rimasto molto colpito dall’attualità delle tesi sostenute da alcuni ricercatori e dalla forza che le loro parole assumono a difesa della natura intrinsecamente relazionale della biosfera e dell’essere umano, oggi particolarmente minacciati. Ne consegue una sintesi semplificata per finalità divulgative, che vuole rammentare il senso del loro discorso a beneficio dei concittadini, con qualche piccolo contributo personale.
A chi mi riferisco? Di cosa sto parlando? Scopriamolo assieme.
“Il segno sussiste nella relazione con altri segni; dove c’è relazione segnica c’è vita e c’è comunicazione: tutto ciò che vive comunica e comunica in quanto vive. La scienza dei segni, la semiotica, si prospetta pertanto come scienza della vita e come scienza della comunicazione, …come studio unificato di ogni fenomeno di significazione e comunicazione”… che attinge dalle …“pratiche interpretative ed espressive della musica… in quanto approccio aperto e disponibile verso esperienze diverse e diverse contaminazioni. La teoria generale del segno assume allora come sua condizione metodologica ciò che nella musica è essenziale: l’ascolto”.
“L’ascolto, … nella casa della semiotica, è il disporsi all’accoglienza e all’ospitalità dei segni altrui”. Ma, contestualmente, …”è esperienza … del “concrescere, del formarsi insieme del vivente e del suo ambiente, dell’essere/pensiero e del suo altro. Qualsiasi organismo vivente è infatti capace di mantenere la propria organizzazione attraverso uno scambio con l’esterno, entrando in relazione con altri esseri viventi. La biologica, pertanto, risulta essere una semio-logica, …come pure una dia-logica. In questo dialogo … il soggetto adatta, piega, lavora, mette in tensione i suoi segni: …l’azione segnica è dunque una presa di posizione…, è una marcatura valutativa o ideologica. La semio-logica, ricapitolando, “che è una bio-logica e una dia-logica, si manifesta come ideo-logica. Volosinov e Bachtin in merito per es. scrivevano: “Il linguaggio nel processo della sua realizzazione pratica è inseparabile dal suo carico ideologico o esistenziale”.
“Il linguaggio-sintattica”, …come facoltà modellizzante, ”dice della capacità metaoperativa …specie specifica dell’umano … di inventare, astrarre, …di agire anche in assenza di … scopi (infunzionalità); dice della capacità di meta-semiosi che distingue l’umano dagli” altri “esseri viventi, capaci soltanto di semiosi”, di produzione segnica.
“Questa capacità dell’umano … di staccarsi dal rapporto usurante con l’ambiente, di costruire e decostruire mondi reali e fittizi, strumenti per fare e strumenti per pensare, di andare oltre il dato presente – il che pone”… sullo stesso piano “le condizioni del discorso etico, estetico, religioso, filosofico, politico, ideologico, letterario, scientifico – è l’architrave di … quella che peirceanamente chiamiamo “mente simbolica”, … che costituisce l’ambiente specifico della semiosi umana. … Una mente simbolica, infatti, opera triadicamente … attraverso un interpretante che media tra il segno e il suo oggetto, dove l’interpretazione … viene a palesarsi come processo abduttivo, …manifestazione … di infiniti percorsi e relazioni… che generano”… altrettante “modalità di senso”. “Il significante ri-genera il significato ogni volta che interpretiamo il segno”, ha affermato Sebeok. E Bachtin aggiunge: “ Il senso attuale appartiene soltanto a due sensi che si sono incontrati e sono entrati in contatto. Un senso esiste soltanto per un altro senso, esiste solo con esso. Non ci può essere un senso unico (solo). Non ci può essere né un senso primo, né un senso ultimo: il senso è sempre tra sensi, un anello della catena semantica che nel suo tutto è l’unica che possa essere reale”.
“L’atto decisivo della comunicazione …è…” quindi “l’attribuzione probabilistica …di un certo significato a ciò che si vede, il processo di interpretazione che attribuisce un senso. Dunque la sola ricezione non basta senza una risposta interpretativa da parte del ricevente”. …“La ricezione effettiva è un processo complesso…, non… del tutto controllabile…, che avviene… in un rapporto stretto e dialogico col testo, con la società in cui la ricezione si svolge, con gli altri testi che il recettore conosce e da cui è influenzato, ed anzitutto essa è “un atto del ricettore e non solo una sua passiva condizione”.
“Un messaggio o un segno, oltre a quelli di partenza veicola significati aggiuntivi, è un tessuto di connotazioni che è preferibile chiamare testo sul quale crescono altri testi, altri segni, e altre semiotiche e metasemiotiche. In questa intertestualità risiede un’extraintenzionalità del testo: autore e lettore dicono e leggono più di quanto non pensino di dire e leggere; vengono a galla i significati aggiuntivi. … La lettura dell’autore e del lettore assume il carattere di riscrittura; essa è una pratica dialogica, basata sul rapporto di alterità col testo… e non su” un mero “rapporto di identificazione, di accettazione acritica” del ricevuto.
“La lettura…è una relazione di comprensione rispondente, … uno spostamento di senso che produce una transtestualità, un procedere… attraverso… ma anche oltre i testi dati, verso …l’inesauribilità della semiosi”. “Nell’ipertesto è privilegiato il lettore in quanto può scegliere tra più percorsi di lettura”. Questa…”non segue una logica deduttiva bensì associativa ed abduttiva”, che è “la logica stessa della lettura come partecipazione attiva, come comprensione rispondente. …Il nostro pensiero… funziona come un ipertesto, come una fitta rete di interpretati-interpretanti. L’ipertesto è” quindi “inscritto nella procedura stessa della scrittura come modalità costitutiva del linguaggio, come procedura modellizzante”.
Ecco che “c’è mente umana dove c’è risposta e non semplice reazione. L’uomo risponde e domanda”… grazie alle sue capacità di lettura/interpretazione, …”è questo il senso del suo fare esperienza”. Lo ha sempre fatto, è ciò che ne ha permesso l’evoluzione, il progresso culturale e scientifico. “E il rispondere e domandare provengono dalla capacità di stabilire relazioni mirate in cui è coinvolto il soggetto non solo nella sua identità, ma anche nella sua oggettiva, materiale alterità”. Non è quindi un matto chi la pensa diversamente. Dati alla mano, ha solo fatto un percorso interpretativo diverso.
Venendo a questi giorni, “nella nostra forma sociale la comunicazione-semiosi si manifesta” invece “come comunicazione-produzione monologica e monosemiosica: un sistema mediale e spettacolare che controlla il mercato delle notizie, delle idee, della politica e che detiene i mezzi di produzione e riproduzione della società, dell’economia e del consenso”.
“Ne scaturisce una globalità chiusa, escludente, e una comunicazione mondializzata aderente ad una progettazione sociale, politica, economica”, con segni predeterminati e funzionali allo scopo, … “i cui stereotipi mediali hanno via via sostituito il tessuto dell’esperienza viva. La comunicazione anestetizza e isola mentre annuncia socialità. … I media, vecchi e nuovi, lavorano per sedare, distogliere, banalizzare, alleggerire, produrre sogni: … Comunicare ha fatto e fa moda. Ciò che conta è il messaggio e la sua aura: la vita e la condizione umana sono il contorno della notizia, non la notizia in sé. Siamo all’Infotainment, informazione come propaganda prodotta sul modello degli spot pubblicitari, che occulta, manipola, confonde le prospettive, gli ambiti delle pratiche sociali ed economiche, nuocendo alla loro effettiva comprensione”.
“Così facendo “la comunicazione, che normalmente è legamento, connessione, contatto, produce sconnessione, monologo che riduce la complessità escludendo ogni diversità”, ogni forma di emancipazione, “in luogo della riproduzione dell’identico monadico”.
Volendo approfondire, …”nell’ordine comunicativo oggi dominante tutto è appiattito nella dimensione della merce e della sua narrazione. … Siamo… al “feticismo del significante” (Baudrillard),… all’astrazione del logo che occulta… i reali rapporti economici e sociali”… per ridurre “il segno-merce… a pura espressione” sfruttabile all’interno di opposizioni distintive più o meno manifeste, di polarizzazioni che mettono in cattiva luce tutto ciò che non dà profitto o che sconviene ai grandi interessi.
“La mercificazione spinge verso il superfluo, il lusso, il mito; produce nuove discorsi sociali, nuovi bisogni, modifica gli stili di vita, le relazioni sociali”. “Nella società capitalistica globalizzata, diventa merce un oggetto, un bene qualsiasi, anche immateriale, quando sia sottoposto a una forma di produzione industriale e sia messo in vendita secondo le regole del mercato. La merce comporta un insieme di apparati che manipolano tanto le materie prime necessarie alla creazione dell’oggetto quanto le forme di relazione e comunicazione necessarie al consumo. … La merce è promessa di appagamento dei propri bisogni, dunque felicità o speranza, desiderio di ben-essere. Al tempo stesso, gronda della sofferenza del lavoro, del disagio, dei conflitti o del sangue che un diseguale sfruttamento della ricchezza e della povertà produce in ogni società di mercato “ (Abbruzzese).
Infatti l’unica “babelica lingua” a cui ci espongono “recita costantemente “Forza, Consumate, continuate a Consumare”… . Una parola d’ordine”, “Consumate!”, magari solo online, “che sembra non riuscire ad evitare l’antica legge del dominio e dell’imposizione, l’antico sogno di un’organizzazione che, per poter dirsi “perfetta”, deve necessariamente essere assoluta e senza defezioni (Petrosino)”. In ogni campo.
Qui …“non si tratta soltanto della vita umana ma della vita nel suo significato estensivo che nell’odierno modello economico vincente è ridotta a quasi nulla, quando non è addirittura ritenuta un intralcio, perché la sua salvaguardia fa aumentare il costo di produzione delle merci e di conseguenza diminuire i profitti. Settori della vita” un tempo “al di fuori del mercato, quali la salute, la scuola, l’infanzia, così come beni naturali essenziali come l’acqua, sono” condotti “oggi… dentro al processo di mercificazione”. E per giustificarlo “in nome della vita si propugna l’ideologia securitaria…preventiva”.
“Vita da medicalizzare, farmaceutizzare, vita come investimento economico,… vita in una visione antropocentrica, fino all’estrema conseguenza” dell’autodistruzione.
“Non c’è alternativa”…, o l’ormai quasi tautologico “ce lo chiede l’Europa”, quante volte ce lo sentiamo dire? E intanto stiamo rinunciando a sempre maggiori quote di libertà, di autodeterminazione politica, personale e collettiva. Molti non conoscono nemmeno i loro diritti. L’avete letta la Costituzione? …“Nell’odierna economia digitale la sola fase visibile della produzione è il consumo e il suo spettacolo. … La società dello spettacolo e della comunicazione-produzione domina, oltre che… per la sua egemonia economica, anche per l’egemonia della semiosi. Il dominio spettacolare viene… rafforzato dall’incessante rinnovamento tecnologico grazie al quale ognuno si scopre abbandonato completamente agli specialisti e ai loro calcoli. Questa spettacolarità del calcolo è parte della “scientificità della scienza”: Debord parla dell’assoggettamento della scienza al dominio spettacolare: “Non si chiede più alla scienza di capire il mondo, o di migliorare qualcosa. Le si chiede di giustificare istantaneamente tutto ciò che si fa”. “Questa scientificità della comunicazione istituisce un “modello di simulazione” della comunicazione stessa dal quale sono esclusi la reciprocità, l’antagonismo di chi vi prende parte, o l’ambivalenza del loro scambio. Ciò che… circola è solo informazione, il cui contenuto” ha solo “un senso leggibile e univoco: la formula possiede una coerenza formale che la garantisce come l’unico schema possibile della comunicazione. E’ il terrorismo del codice, che diviene la sola istanza che parla, che si scambia e si riproduce” (Baudrillard). “Il discorso spettacolare si regge sul falso, sulla manipolazione dell’ostentazione della trasparenza e soprattutto su un eterno presente che occulta e alleggerisce il passato. Un presente pieno…, che ritorna continuamente su una lista brevissima di inezie sempre uguali, annunciate… come notizie importanti, mentre le notizie veramente importanti… passano solo di rado e per brevi baleni. … Lo spettacolo organizza magistralmente l’ignoranza di ciò che succede e, subito dopo, l’oblio di ciò che siamo riusciti ugualmente a sapere”.
“Lo spettatore integrato o mediale è la peculiarità dell’odierna forma sociale. Questa forma dello spettacolo si è sviluppata” sulla base generale di una vittoria di quella che si era mostrata più forte, la forma diffusa. …In questa realtà spettacolare…, la manipolazione del consenso fa sì che l’opinione pubblica sia… il prodotto dei media per il pubblico. La democrazia è ridotta al solo formalismo delle procedure e all’autoritarismo delle maggioranze, oppure ai sondaggi, favoriti proprio dai mezzi informatici, e rischia di diventare la bandiera dell’esclusione. Una democrazia autoritaria… che… invece di impedire di parlare concede, anzi incoraggia la parola, ma… con la precauzione di riservare la proprietà dei mezzi di comunicazione ai suoi oligopoli”.
“Comunque la si qualifichi…, la sua odierna pratica va generando rassegnazione e va accreditando come una necessità il primato del mercato, l’abbattimento dello Stato sociale, la mercificazione globale, di fronte ai quali l’unico atteggiamento ritenuto” ammissibile “è quello dell’accettazione e dell’adattamento”. Dobbiamo essere resilienti, ci dicono, mentre con inaudita ferocia provano a toglierci tutto.
…”I media hanno una funzione formativa molto importante e una plurivalenza potenziale che non vuole dire fredda neutralità, poiché… il mezzo…non può che essere pensato nella comunicazione effettiva: è… il modulo di comunicazione che organizza in strutture ad esso adeguate l’impiego dei mezzi”. “Qualsiasi medium…trasforma l’ambiente, la sensorialità,… lo sfondo della comunicazione. La novità più importante che l’informatica ha introdotto nella comunicazione interindividuale, osserva Giovanna Cosenza, non è ”tanto tecnologica quanto strutturale”, riguarda cioè “i cambiamenti fondamentali con cui gli individui percepiscono e vivono le coordinate spazio e tempo delle loro interazioni. Ogni nuovo medium ri-media o riorganizza la semiosi appoggiandosi alle regole dei media che lo hanno preceduto, trasformandole e ricombinandole. Vale a dire, afferma Alberto Abbruzzese, che i media possono provare il loro senso solo incarnando un messaggio, rivelando un determinato contenuto, una soggettività”. ”I segni ci dispongono ad agire in certi modi, e se non stiamo attenti ci manovrano nei confronti delle nostre osservazioni,… cioè dei nostri stessi segni. Il connubio di potere ed ansia – dice Morris – genera forme di ossessività. Questo connubio mette in pericolo l’orientamento verso la società aperta. Oggi… sono note le denunce di restrizioni delle libertà personali, dei diritti civili, le autocensure e il controllo dei media per il consenso di massa ai discorsi del potere…, che vanno nella direzione di un superamento della democrazia liberale”.
Scrive Charles Morris ne ”L’Io aperto”: ”Potremmo replicare a modo nostro le recenti versioni della società totalitaria…, estendendo il nostro potere sul mondo… per mezzo del controllo sui mezzi di comunicazione di massa… . Qualsiasi deviazione da esso verrebbe respinta come alto tradimento alla libertà e alla democrazia… . Ciò accrescerebbe l’ansia, e verrebbero invocate misure sempre più repressive per mantenere l’ordine. A questo punto si prospetterebbe una guerra… per acquietare l’opposizione e per ottenere la lealtà della gente. Attraverso il ricorso” ad un certo simbolismo, “l’individuo sarebbe costretto a identificarsi con il movimento verso la società chiusa, in caso contrario sarebbe bollato come traditore del proprio popolo. Sotto la minaccia della moderna guerra totale, il controllo totale della società diverrebbe inevitabile. …Quando il fascismo conquisterà l’occidente lo farà in nome della democrazia. … Qualsiasi cosa si faccia è fatto in nome della democrazia”. Parole scritte nel 1948 e che… parlano ancora di noi”.
“Nella logica del capitalismo, sostiene Ponzio, la non indifferenza è neutralizzata dagli abiti della responsabilità sempre più capillarmente definita dalla precisione legislativa. Il rapporto sociale è il rapporto di individualità, reciprocamente indifferenti, che subiscono il sociale come necessità dovuta alla realizzazione del loro interesse individuale e in cui la preoccupazione per la propria identità e per la propria differenza… incrementa sempre di più la paura che si ha dell’altro”.
Parallelamente l’erosione della libertà …“dei soggetti parlanti è accompagnata, se non dalla perdita della dimensione comunicativa del linguaggio, dalla sua riduzione al modello della trasmissione fisica”, del “pacco postale”, direbbe Rossi-Landi. “In questo schema elementare” …riferito alle trasmissioni uno-molti del mainstream, “diciamo con De Mauro, la comunicazione è vista come un’azione del produttore che il ricevente non può altro che accogliere passivamente”. Meglio ancora se la sua condizione viene definita da tre ulteriori passaggi tra loro collegati: 1) la “deportazione digitale della popolazione”(Mattei); 2) l’abbattimento del concetto di privacy nelle sue varie declinazioni contestuali; 3) il controllo delle interazioni personali dei cittadini sulle piattaforme private fino a quello, definitivo, della vita nel suo insieme. Senza scomodare costrutti futuristici, peraltro tecnicamente possibili, pensiamo per es. all’uso congiunto e potenzialmente distorto di Spid, Fse, moneta digitale, greenpass, social, app e mail.
Non deve stupire allora se “l’infinita pluralità di mondi, di forme di vita e di comunicazione viene oggi sempre più sopraffatta dalla valanga di parole e immagini della forma di comunicazione dominante”. Ma …“bisogna porsi in un’ottica diversa da quella del consumismo comunicativo e della sua disinvoltura nel montare casi, vendere bugie, drogare notizie e fatti. I dibattiti sulla deontologia, l’obiettività, la libertà trascurano l’aspetto mercantile della comunicazione. La rottura dei monopoli pubblici nel settore televisivo, ad es., ha portato ad una moltiplicazione di emittenti non già a una maggiore pluralità di linguaggi, poiché l’uniformità del linguaggio non è politica ma commerciale. Le” stesse “varie formazioni politiche hanno omologato il loro linguaggio perché si sono adeguate al mercato comunicativo, confezionando le loro proposte allo stesso modo di un qualsiasi altro prodotto da pubblicizzare e vendere”.
In tutte queste maniere “si perde così di vista”, anzi si impedisce completamente, “una ben più ampia comunicazione-vita, dialogica e plurisemiosica, in cui il processo comunicativo è l’esperienza della “differenza non indifferente” del sentire l’altro nella pratica del significare e del comunicare”. … Un “principio metodico”, questo, “che ispira il lavoro della Scuola (semiotica) di Bari-Lecce”, da cui provengono questi in-segnamenti, la cui denominazione geografica dice solo delle sue connotazioni teoriche, senza campanilismo.
Per i suoi principali esponenti, gli studiosi Augusto Ponzio, Susan Petrilli e Cosimo Caputo, ”il lavoro sui segni e sul linguaggio deve essere lavoro critico, detotalizzante, demistificante e demitificante: una critica dei “fatti” e degli “stereotipi” …troppo spesso “assunti passivamente e dogmaticamente… che dimostra l’esistenza di relazioni umane, di costruzioni umane dove sembra che non vi siano altro che relazioni tra cose (merci) e relazioni reificate tra segni (sterotipi)”. ). Per es. “Lo ha deciso l’algoritmo!”. Ma l’algoritmo chi l’ha programmato? E chi ci vuole convincere che ad esso non vi sia alternativa e che debba per forza dettar legge?
“A ciò si”… correla “il problema del valore etico-sociale, della persona umana, dell’alienazione e dell’ideologia. … Ne deriva una sociosemiotica critica che mira ad individuare le radici materiali della produzione e riproduzione sociale del senso”, una scienza… che vuole indagare “le sue stesse … possibilità e …i suoi limiti”, come pure mettere “ in discussione il mondo umano attuale, ritenendolo non l’unico e definitivo, come… lo rappresenta l’ideologia“ neoliberista,” ma” soltanto uno dei mondi possibili”.
… “La semiotica è perciò connessa alla responsabilità: l’essere umano, unico animale semiotico (capace di usare i segni per riflettere sui segni), è l’unico animale” che può … “rispondere di sé… e comportarsi di conseguenza”. Senza la scusante del “tengo famiglia”.
…”Una questione non solo teorica, …perché è oggi – mai un presente è stato così carico di responsabilità nei confronti del futuro e così capace di mettere a rischio la possibilità stessa del futuro – che si decide del perdurare della vita dei segni e dei segni della vita sul nostro pianeta”.
In tal senso, …“ la semiotica è trattata… anche come semeiotica medica … nel senso pragmatico di fare stare bene la vita… sul pianeta…, ossia “è rivolta all’ascolto dei sintomi dell’attuale mondo della globalizzazione per individuarne i diversi aspetti di malessere (nella vita degli individui, nei rapporti sociali, internazionali, nell’ambiente, nella vita complessiva sul pianeta), … con lo scopo di una diagnosi, di una prognosi, di una cura e di una profilassi al fine di un futuro in contrasto con” ciò che disintegra ogni caratteristica umana in parallelo con la distruzione della natura.
“Un programma, la tendenza della semiotica della Scuola di Bari-Lecce” che gli autori hanno deciso di chiamare “Semioetica”, che può contribuire, in termini di conoscenza e consapevolezza, al pieno sviluppo della persona umana (art. 3 comma 2 Cost.) e, in definitiva, alla nuova resistenza contro i totalitarismi del XXI secolo.
Riferimenti Bibliografici
Cosimo Caputo, Semiotica e comunicazione, Edizioni dal Sud 2004
C. Caputo, S. Petrilli, A. Ponzio, “Tesi per il futuro anteriore della semiotica. Il programma di ricerca della Scuola di Bari-Lecce, Mimesis 2006..
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