GLI ANTICHI SALVERANNO IL MONDO. In questi giorni mi è capitato di risfogliare il Rocci, il celebre vocabolario Greco-Italiano in uso presso la quasi totalità dei licei, un testo sacro per ogni amante della lingua e della cultura greca. L’ultima versione, sempre rilegata elegantemente in blu con sovraccoperta, a differenza della precedente che si usava al liceo, presenta caratteri più grandi e nitidi (iniziativa molto apprezzata, soprattutto, per coloro che su questo vocabolario hanno passato e continuano a passarci diverse ore!).
Ultimamente, la pregiatissima Società Editrice Dante Alighieri ha dato alle stampe anche una versione ridotta del Rocci, Rocci Eίσαγωγή – Starter Edition. Si tratta di un «dizionario di avviamento allo studio del greco», «un dizionario greco-italiano semplificato e snellito, capace di coniugare il rigore scientifico del Rocci con la leggerezza doverosa per un volume che abbia l’ambizione di parlare ai più giovani».
Il greco è una lingua a dir poco stupenda. Dalla lingua apprendiamo la psicologia di un popolo, dai dettagli la sua finezza di spirito. È lo spirito dei greci, lo stesso spirito che ha generato la filosofia di Parmenide, Platone, Aristotele, Socrate, fino a La Quarta Teoria Politica (QUI), ma anche l’arte poetica di Omero, Esopo, Senofonte e molti altri.
STRANEZZE DIVERTENTI
Un’altra squisitezza è il ROCCI’S GREATEST HITS, una raccolta delle definizioni più strane e divertenti del celebre dizionario di greco, che, oltre alla bellezza della lingua antica, ci incanta con la musicalità di certe espressioni retrò dell’Italiano di una volta (siamo negli anni ‘40).
In greco c’è una parola per ogni cosa, anche la più strana. Per non lasciarvi a bocca asciutta, ve ne cito alcune:
στομαυλέω = imito con la bocca il suono del flauto
γλωσσοποιός = fabbricatore di linguette da flauto
ἐντερoπώλης = venditore di trippa
βορβορύζω = ho borbottamento negl’intestini
ὑποπέρδομαι = occultamente emetto vento
Νειλοθερής = abbrustolito dal clima dell’Egitto.
GLI ANTICHI E IL CREPUSCOLO DELLA CIVILTÀ MODERNA
Al giorno d’oggi, i popoli hanno perso molto delle proprie ricchezze linguistiche. Quando le persone non sanno più scrivere la propria lingua, il crepuscolo della civiltà è vicino. Il declino, poi, viene accelerato dall’uso improprio della tecnologia, che non lascia più spazio all’immaginazione e alla ricerca (otium).
Ricordo che qualche tempo fa, in Francia, qualcuno propose di semplificare la lingua solo perché la gran parte dei francesi non era più in grado di scrivere correttamente.
Sommersi da una pseudocultura di massa omologata e omologante, le società ormai tra il liquido e il gassoso sdrucciolano irreparabilmente nel baratro dell’anomia. Resterà in superficie solo chi avrà ancora in sé la capacità di definire – e nel dettaglio – la realtà intorno a sé e di comprenderla, cioè, di prenderla con sé insieme alla sua complessità, senza dover scartare come epifenomenico ciò che è inafferrabile per le menti troppo semplici e pigre.
Ritornare alla lingua greca ci aiuta a ritrovare le nostre radici, l’anima di quelle parole che spesso pronunciamo irresponsabilmente senza portarne il peso.
Per questo, noi, i moderni che, alla luce della progressismo lineare, ci riteniamo superiori ai nostri avi, per sopravvivere alla catastrofe della nostra civiltà, abbiamo bisogno proprio degli antichi. Loro ci indicheranno la via per ritrovare il senso delle cose e il senso di noi stessi. Solo così, avremo ancora un futuro.