Compito del giornalista d’inchiesta è quello di indagare e far emergere verità non altrimenti palesi o sapientemente nascoste. Compito del giornalista scientifico è quello di divulgare al grande pubblico temi specialistici. Un giornalista scientifico d’inchiesta dovrebbe evidenziare e rendere note all’opinione pubblica eventuali frodi scientifiche che altrimenti l’“esoterismo” delle cosiddette scienze dure non sarebbero comprensibili né evidenti al pubblico generale.
Come sappiamo esistono dubbi ormai sull’isolamento del presunto nuovo virus SARS-CoV-2, dubbi per primi sollevati dall’infettivologo Fabio Franchi, dal dr. Stefano Scoglio, anche dal biologo Pieter Borger1. Un’ampia discussione delle mancate prove dell’isolamento, ammesso dagli stessi ricercatori (interrogati in modo stringente da due giornalisti scientifici2) e da alcuni organismi ufficiali (CDC, Commissione Europea), nonché le numerose anomalie scientifiche, sono riportate documentate nel nostro libro Operazione Corona: colpo di Stato globale3. Ci limitiamo qui pertanto ad osservare un dato specifico e più circoscritto, relativo a come sono stati progettati i test immunologici per il Covid-19, evidenziando come ciò possa corroborare la nostra ipotesi.
Un test immunologico prevede il riconoscimento del legame antigene-anticorpo fra una proteina del patogeno (virus o batterio) e un anticorpo dell’organismo ospite. Ovviamente la specificità di questo legame e la selettività dell’anticorpo per la “specie” indagata è sempre relativo, ed è da determinare di volta in volta, nel processo di validazione in particolare rispetto al parametro della specificità. Validazione che peraltro nel caso in questione non c’è mai stata, né per i test molecolari (RT-PCR) per il SARS-CoV-2, né per i test immunologici, per stessa ammissione di organismi ufficiali. Ad esempio la FDA statunitense, nello specifico, dietro la spinta dell’”emergenza” ha rinunciato ad ogni specifica di sensibilità e specificità, ed ha semplicemente introdotto i concetti assai vaghi di “concordanza positiva” e “negativa”4. I test ancora in giugno 2020 erano stati adottati con Autorizzazione all’Uso d’Emergenza, quindi in quasi totale assenza di procedure di validazione, e solo sulla base dei dati dichiarati dal produttore5.
Uno dei limiti principali, soprattutto atteso il mancato isolamento del virus, e il suo mancato utilizzo per la necessaria standardizzazione dei test (sia molecolare che immunologico), sta nel fatto che al momento l’unico banco di prova per validare i sistemi di test immunologici è il siero dei convalescenti, da cui vengono prese le immunoglobuline e di cui poi si dovrebbe provare la specificità. Il primo limite metodologico è appunto il fatto che ad oggi gli stessi test molecolari RT-PCR (i cosiddetti “tamponi”), non sono stati essi stessi validati. I limiti dell’affidabilità dei test molecolari per il Covid-19 sono stati osservati sin da subito. Una pubblicazione di ricercatori cinesi6, quasi immediatamente ritirata (e la cosa ci sorprende assai poco), stimava un tasso di falsi positivi fino all’80%. Oggi sappiamo che la media degli asintomatici è del 95% circa e ciò può essere dovuto anche a questo. Il tasso di falsi positivi, basato anche sulla prevalenza in Italia, è di circa il 95% infatti, come stimato dall’organismo di validazione FIND7. Sulla base di questi numeri è davvero impossibile determinare se i “malati” o i “convalescenti”, identificati sulla base di queste RT-PCR (del resto la clinica o anche la RX è sovrapponibile ad altre malattie preesistenti, ad esempio, rispettivamente l’influenza o le polmoniti interstiziali idiopatiche), abbiano o meno avuto contatto con il presunto virus e se esso abbia relazione causale con lo stato clinico. Va pure ricordato il non trascurabile problema dei malati negativi: già in Cina, come altrove, si sono osservati malati ritenuti covid-like ma perfettamente negativi ai test 8 (o in cui si è dovuto insistere ripetendo il test fino a dieci volte per ottenere un positivo). Dunque teniamo conto che su queste labili basi si è identificato il plasma da utilizzare per fornire e progettare il test immunologico.
Quando è stato scoperto il “novel coronavirus” di cui nella vulgata che ci è stata mediaticamente narrata, si conosceva già molto sui coronavirus zoonotici di pipistrello. Anche troppo. I coronavirus di pipistrello sono stati lungamente studiati dal 2003 a partire dalla SARS e sono stati oggetto di ricerca, comprese ricerche di gain of function che hanno alimentato la narrazione stessa della pandemia avendo questa storia fornito il fondamento teorico (ancorché “complottistico”) per spiegare la supposta maggiore aggressività di un virus che solitamente nella specie umana è responsabile di sindromi simil-influenzali (nei rari casi in cui è patogeno). Sullo sfondo infatti è rimasto sempre, il sospetto, che fosse “scappato” da un laboratorio di “massima sicurezza” come quello di Wuhan. Gli studi sulla SARS, poi la MERS, e poi tutti i possibili virus SARS-like andati a cercare nei reservoir biologici supposti nei chirotteri delle grotte dello Yunnan, hanno fornito la narrazione per l’attuale storia della pandemia. Malgrado la cosiddetta “impreparazione” alla pandemia invece pare che sappiamo quasi tutto quello che i biologi molecolari sembrano dover sapere per rendere la descrizione del virus quanto più scientificamente convincente. Si è che sappiamo già come il virus entrerebbe nelle cellule, attraverso una proteina spike dell’envelope che si lega, come in tutti coronavirus SARS-like alla proteina ACE2-receptor che permette l’ingresso nella cellula. La storia naturale del “nuovo” virus è pertanto già nota e lo fu da subito. In realtà la proteina spike fu subito ben caratterizzata sia come proteomica che come genomica della stessa9 10. I meccanismi d’azione peraltro furono mutuati da quelli ipotizzati per la SARS. Dunque fu chiaro da subito che il principale candidato nel ruolo di antigene fosse la proteina spike. Ecco dunque che i nostri test immunologici sono stati progettati avendo in riferimento questo target.
Vediamo come sono stati progettati e messi a punto i test molecolari, ovviamente basati per lo più su tecnologia ELISA per la ricerca di IgA, IgG e IgM. Un interessante articolo pubblicato a Luglio 2020 su ‘Nature’ da Chee Wah Tane colleghi, A SARS-CoV-2 surrogate virus neutralization test based on antibody-mediated blockage of ACE2–spike protein–protein interaction, ci dà un resoconto del processo con cui si è arrivati al principale test immunologico di anticorpi neutralizzanti verso il nuovo coronavirus. Scopriamo che il test inziale per la ricerca degli anticorpi (per sviluppare poi un test con un surrogato, cioè solo la proteina legante l’anticorpo) è stato effettuato non utilizzando il virus nativo SARS-CoV-2 come ci si potrebbe aspettare, ma con uno pseudovirus che simula il SARS-CoV-2, un artefatto preparato attraverso una tecnica in vitro. Non si è trattato di un coronavirus ma di un VSV (virus della stomatite vescicolare), che a volte sono impiegati come vettori per vaccini attenuati. Un VSV è stato fatto infettare cellule di derivazione umana trasfettate precedentemente con plasmide recante la sequenza genica che codifica per la proteina virale “spike” del nuovo coronavirus, ottenuta dal famoso sequenziamento pubblicato sulla banca dati GISAID già a metà gennaio 2020 11. In questo modo si è ottenuto un artefatto virale, dalla coltura cellulare: virus VSV (non un corona), portatore della proteina spike. Ed è stato questo pseudovirus ad essere usato per mettere a punto il legame con gli anticorpi umani. La spiegazione di questa scelta, ufficialmente, è che questo avrebbe reso più agevole il lavoro, richiedendo procedure di biosicurezza in laboratorio di livello 2 anziché 3 (BSL-3). D’altra parte è pure vero che tale studio si svolge solo all’inizio, per studiare la possibilità di interazione antigene-anticorpo, mentre il test effettivo, messo in commercio e svolto nei laboratori ospedalieri, prevede solo un frammento il RBD (dominio legante il recettore) dell’antigene virale, ed è molto più rapido e sicuro. La motivazione della maggiore facilità di lavoro sembra dunque un po’ forzata. Non si vede perché i ricercatori non dovrebbero aver usato il SARS-CoV-2 se questo fosse stato realmente disponibile, la sperimentazione ne avrebbe guadagnato in accuratezza e realismo.
In realtà l’uso di uno pseudovirus basato su VSV non è nuovissimo, ed è già stato fatto nel 2017 anche per l’HIV12. Ciò non è privo di rilevanza: infatti, come molti sanno, esiste una controversia, sebbene nascosta al grande pubblico, sul fatto che il virus HIV sia stato o meno realmente isolato (e non invece solamente “sequenziato”). Tale controversia ha visto contrapposto il compianto Premio Nobel Kary Mullis e il biologo Peter Duesberg13 14. Di certo il ricorso a pseudovirus rafforza il sospetto di una non disponibilità fisica del virus nativo, supposto isolato.
Le indicazioni per la preparazione e la validazione dello pseudovirus per SARS-COV-2 sono fornite da J. Nie et al. in un articolo scientifico pubblicato già marzo 202015. L’artefatto pseudovirale viene anche titolato e quantificato: altro punto estremamente significativo, perché il famoso SARS-CoV-2, sul cui isolamento abbiamo sollevato dubbi, non è appunto stato mai titolato o quantificato (il che in realtà sarebbe una tautologia: isolare un virus veramente significa stabilire da che percentuale in poi può dirsi “isolato” e quindi di fatto poterlo quantificare). Lo confermano documenti ufficiali del CDC americano che a luglio scriveva:
“Since no quantified virus isolates of the 2019-nCoV are currently available”16
Dunque il virus, che sarebbe stato isolato da Zhu17 e colleghi non è mai stato titolato. Non si capisce perché, in realtà, i ricercatori nell’ “articolo madre” che hanno preteso di isolarlo (riportando micrografie elettroniche non proprio soddisfacenti18), non abbiano provveduto a quantificarlo né a fornire indicazioni operative per replicare l’“isolamento”. Abbiamo visto invece che tutto questo è stato fatto con lo pseudovirus confezionato (che non è un coronavirus ma virus VSV modificato) esprimente solo la proteina spike. Eppure sarebbe stato importante avere l’isolato del vero virus (titolato) per poter validare i test, sia molecolare che immunologico. Infatti nello studio di Chee Wah Tan e colleghi si è testato solo la proteina spike, nell’ipotesi che fosse il target principale degli anticorpi neutralizzanti, tuttavia testare il virus nativo avrebbe riprodotto condizioni più realistiche, permettendo anche eventuali interazioni non previste dalle ipotesi di partenza.
D’altra parte i limiti sulla specificità di questo tipo di test rimarrebbero, visto che lo studio riportato confronta l’interazione rispetto agli anticorpi specifici della SARS e della MERS. Sarebbe stato indispensabile invece conoscere la cross-reattività con i coronavirus umani più comuni attualmente noti (HCoV-229E, HCoV-NL63, HCoV-OC43, HCoV-HKU1) responsabili di raffreddori, che sono quelli più frequenti e diffusi nella popolazione, e che sono i probabili responsabili di molti casi positivi ai test sierologici. Sin dall’inizio, il problema era noto e un articolo su The Lancet segnalava che l’omologia non trascurabile fra le proteine spike della stessa famiglia, in particolare con i coronavirus del raffreddore (omologia che potrebbe arrivare al 50-60%) avrebbe permesso una significativa cross-reattività, il che avrebbe causato un alto numero di positivi, vanificando il significato biologico dei test immunologici19.
Tornando al focus dell’articolo: siamo di fronte ad un ulteriore indizio che finora non c’è nessun isolato virale e tutto quanto fin qui fatto in termini di sperimentazione non ha previsto l’interazione con il virus nativo SARS-CoV-2 ma solo con artefatti, repliche, singole proteine clonate. Ad esempio tutto quanto è avvenuto in termini di indagine potrebbe essersi svolto unicamente avendo una sequenza decisa a priori, simile a quella di altri coronavirus noti, e producendo la proteina spike con tecniche ricombinanti.
L’isolamento fisico (che prevede inevitabilmente purificazione e quantificazione per essere definito tale) è indispensabile 1) per avere la dimostrazione dell’esistenza materiale del virus (altrimenti identificabile per solo disegno teorico del suo genoma) 2) per garantire che il genoma sequenziato derivi effettivamente dal virus unicamente e non sia un patchwork di materiale eterologo 3) per fornire il gold standard per la validazione dei test successivi.
Al momento nessun articolo scientifico ha finora fornite le prove di un isolamento completo né dato indicazioni operative per replicarlo. Ciò è molto grave se confrontato con l’allarme e le conseguenze sociali che certe politiche derivate dalla presunta emergenza hanno portato.
1 https://www.researchgate.net/post/Has_SARS-CoV2_been_isolated_purified_and_demonstrated_to_be_the_cause_of_COVID19
2 Torsten Engelbrecht e Konstantin Demeter
3 Di prossima uscita presso Edizione Aurora Boreale: http://www.auroraboreale-edizioni.com/?product=operazione-corona-colpo-di-stato-globale-a-cura-di-nicola-bizzi-e-matteo-martini
4 Awesomecapital. FDA clamps down on Covid-19 antibody tests. May 7, 2020 https://awesomecapital.wordpress.com/2020/05/07/fda-clamps-down-on-covid-19-antibodytests/
5 https://www.fda.gov/medical-devices/coronavirus-disease-2019-covid-19-emergency-use-authorizations-medical-devices/vitro-diagnostics-euas
Per una disamina più completa cfr. anche l’ottimo articolo di Franchi: https://medium.com/who-cvd/pandemia-di-covid-19-analisi-critica-dottor-fabio-franchi-4846c4231e0c
6 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32133832/
7 https://www.databaseitalia.it/i-tamponi-covid-19-producono-fino-al-95-di-falsi-positivi-confermato-dallistituto-superiore-di-sanita-articolo-del-dott-stefano-scoglio/
8 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7191555/
9 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC167208/
10 https://www.microbiologyresearch.org/docserver/fulltext/jgv/64/12/JV0640122577.pdf?expires=1603828925&id=id&accname=guest&checksum=D96D4A476D23FE14ECFACE7AB5B41652
11 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/nuccore/MN908947
12 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28933644/
13 https://it.wikipedia.org/wiki/Peter_Duesberg
14 Cfr: P.Duesbeg, Aids il Virus Inventato , testo divulgativo in cui oltre alla questione del non isolamento viene contestata l’ipotesi virale dell’AIDS. https://www.macrolibrarsi.it/libri/__aids-il-virus-inventato-libro.php
15 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7144318/?fbclid=IwAR3U98pOv0rZwOJNtf_sQ53ZwdBOf7qo32Q5qdp00eBSED7DtoqBj1_pzak
16 https://www.fda.gov/media/134922/download
17 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7092803/
18 Cfr. Franchi, op.cit.
19 https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30788-1/fulltext