L’esperimento tamponi rapidi sulla frutta – Una riposta alle critiche dei pandemisti

Il nostro esperimento su vari tipi di frutta e altri cibi (uova, latte, formaggio), ha dato risultati abbastanza netti: su 10 campioni testati, 3 sono risultati positivi, 3 incerti, e 4 negativi. Il video dell’esperimento ha sollevato molto interesse, con milioni di visualizzazioni, il che ha scatenato le reazioni, in genere tutto sommato abbastanza contenute, e in un caso del tutto fuori controllo, dei vari siti bufalari, e di chi si ostina a voler mantenere la narrativa della pandemia, del terribile virus e dei magnifici tamponi PCR a tutti i costi, contro ogni evidenza.

Il tentativo di smontare il nostro video, che non ha mai preteso di essere uno studio scientifico, ma un esperimento osservazionale e suggestivo e tuttavia rilevante, è arrivato persino sul Fatto Quotidiano (quello che i critici più cattivi chiamano “Il Falso Quotidiano”), che titola:

“Il kiwi “positivo al covid-19”? Disinformazione (pericolosa): ecco perché”

E così, la questione è già liquidata come “disinformazione pericolosa”. E la spiegazione, rapida e secca, è presentata nel sottotitolo:

“Il tampone è stato fatto per analizzare il frutto? No. Ecco perché non può dare risultati in alcun modo attendibili e farlo è del tutto inutile oltre che fuorviante”

Tutto qui? Che il tampone sia stato fatto per trovare l’eventuale virus in un liquido umano, è evidente. Ma il fatto che lo ritrovi in altro materiale dovrebbe far sorgere dei dubbi; e invece si dice che, essendo stato programmato per i liquidi umani, è chiaro che se testato su altri liquidi non può che dare risultati inattendibili. Ma questa non è una spiegazione, perché si presume che un test affidabile semplicemente non reagisca a un materiale che non contiene la proteina del virus, e se invece risulta positivo significa che reagisce ad altri fattori ai quali non dovrebbe reagire. Il fatto che reagisca a tali altri fattori è un problema, anche perché i fattori contenuti nella frutta hanno la stessa composizione molecolare generale, ovvero zuccheri, proteine e grassi, che si ritrova nei liquidi umani, e se dunque il test reagisce a qualcuno di questi fattori nella frutta, potrebbe reagire a tali fattori anche nei liquidi umani, finendo per generare falsi positivi, ovvero una reazione positiva a fattori che nulla hanno a che fare con il virus, magari l’eccessiva acidità o l’eccessivo contenuto di zuccheri (il che escluderebbe i diabetici dal test).

Insomma, mi pare che per confutare il nostro esperimento occorrano prove ben più convincenti di quest argomento meramente retorico. Ci saranno nel resto dell’articolo? No, perché il resto dell’articolo cita altri siti che ripetono lo stesso concetto: il test fatto sulla frutta non vale perché il test è stato programmato solo per i liquidi umani.

Vediamo allora quali sono gli argomenti utilizzati dai diversi siti citati dal Fatto Quotidiano:

butac.it “Il tampone rapido può reagire al kiwi in modi che non sono stati analizzati, non è fatto per analizzare un kiwi, non ha senso farlo e dare un qualche significato al risultato”.

Questo è l’unico argomento, oltre alla riaffermazione che, a differenza di quello che sostiene il sottoscritto, il virus è stato isolato: ma è un’affermazione apodittica senza nessuna prova.

bufale.net “…qual è il senso di un tampone rapido, dal quale risulta un kiwi positivo al Covid, quando il test in questione è stato concepito dall’uomo per contesti di utilizzo completamente differenti?”

Qui, si ripete lo stesso concetto, di nuovo senza spiegare perché non si possa analizzare un liquido diverso da quello umano, dato che la composizione chimica generale è sostanzialmente simile e che l’unica discriminante dovrebbe essere la presenza o meno della proteina del nucleocapside del virus.

Ma bufale.net aggiunge un’ulteriore argomento:

“…che i suddetti test non hanno mai avuto la presunzione di darci verità inconfutabili sull’uomo e sull’eventuale positività al Covid. Per noi esseri umani, infatti, l’unico test accurato rimane il tampone molecolare.”

Questa, in fondo, è un’ammissione che si, in effetti il test antigenico potrebbe anche essere inaffidabile, ma chisennefrega, noi abbiamo iil mitico test molecolare a PCR! Beh, se così fosse, possiamo parlare dei test PCR, ma forse sarebbe il caso di ammettere che sul punto dei test antigenici rapidi forse non avevamo tutti i torti!

Infine veniamo al sito www.open.online, sito del giornalista Enrico Mentana (che abbia a che fare anche con la Open Society di Soros?), che effettivamente presenta un’argomentazione più articolata, nella quale si spiega perché non si dovrebbe usare il test rapido su liquidi non umani. Anche il sito Open inizia parlando di disinformazione, ma almeno nei titoli, e in tutta la prima parte, lo fa facendo riferimento al fatto che i test di cui si parla non sono i molecolari, perché solo quelli sono quelli usati per fare le statistiche. Anche qui, l’argomento forte è una excusatio non petita, che come è noto è accusatio manifesta, ovvero con la rivendicazione che si, forse questi tamponi rapidi non sono affidabili, ma tanto quelli che contano sono i molecolari PCR. Però, se è davvero così, perché accusare noi di disinformazione sui tamponi rapidi?

Quanto invece al fatto che il nostro esperimento sia fasullo, ancora una volta l’argomento è lo stesso:

”I test utilizzati nel video sono fatti solo ed esclusivamente per analizzare materiale di prova umano, non frutta e verdura. Sostanze estranee alla tipologia del test, come quelle contenute ad esempio in una Coca Cola, possono falsare di fatto i risultati.”

Va bene, ma perché? Quali sono queste sostanze estranee che possono falsare il risultato? In fondo, lo stesso bugiardino del test antigienico spiega che: “Quando i campioni vengono processati e aggiunti al dispositivo di test, gli antigeni SARS-CoV-2 presenti nel campione si legano agli anticorpi coniugati con l’oro colloidale nella striscia del test. I complessi antigene-coniugato migrano attraverso la striscia reattiva nell’area di reazione e vengono catturati da una linea di anticorpi legati sulla membrana.”

Il test viene descritto come centrato unicamente sul rapporto tra campione da testare e gli anticorpi: se nel campione ci sono le proteine del nucleo-capside (l’involucro proteico protettivo) del virus, queste si legano all’antigene, e questo complesso, e solo questo complesso, migra nella striscia reattiva. Dunque, solo se si forma un complesso costituito dall’antigene (la proteina del virus) e dall’anticorpo, c’è una migrazione nella striscia reattiva, e così la linea T si colora dando positività.

Secondo questa spiegazione, altri fattori, non legandosi all’anticorpo e dunque non creando il complesso antigene-anticorpo, non dovrebbero migrare ella striscia.

Una delle prime obiezioni che mi sono state fatte è stato che il colore della frutta potesse trasferirsi alla striscia e colorare la stessa facendo apparire le due linee che danno positività. Ma si tratta di un’obiezione senza senso, che va contro la stessa spiegazione del metodo del test rapido: se veramente il colore della frutta si trasferisse direttamente alla striscia, il test sarebbe da buttare via prima ancora di iniziare, dato che, a differenza di quello che sembrano ritenere i falsi scienziati, anche il muco può avere diverse variazioni di colore, più o meno gialle, e quindi basterebbe avere un muco leggermente colorato, dal giallo al giallastro al verdognolo fino al marrone chiaro per i fumatori, per risultare positivi. Chiunque agiti questo argomento, o è un analfabeta scientifico, o cerca scientemente di depistare.

Il liquido, che sia esso faringeo o da frutta, viene miscelato con un buffer acquoso che disgrega il complesso liberando le proteine, incluse, se presenti, le proteine del nucleo-capside del virus. Se il virus è presente, nella soluzione buffer si genera il complesso antigene-anticorpo, che a quel punto si trasferisce alla striscia reattiva dando positività. L’anticorpo non è sensibile al colore, l’anticorpo è cieco, e si attiva solo se riconosce a livello molecolare l’antigene, in questo caso la proteina virale, per cui dovrebbe essere specifico.

Ma questo dovrebbe valere anche per altri fattori: l’anticorpo non dovrebbe reagire a condizioni come colore, sapore, temperatura, pH, e così. L’anticorpo è una molecola semplice che si attiva solo se incontra la proteina specifica a cui è legato. Se non è così, ovvero se in questo test l’anticorpo, essendo coniugato con oro colloidale, reagisse ad altri fattori, di nuovo questo evidenzierebbe da subito l’inattendibilità del test, perché tutti i fattori possibili di interferenza, dal colore, alla temperatura, al pH, sono fattori variabili anche nel liquido/muco umano, e quindi il risultato del test potrebbe essere determinato da fattori che nulla hanno a che fare con il virus.

Tuttavia, molti presunti esperti insistono soprattutto su un fattore, ovvero l’alterazione dell’equilibrio acido-basico, ovvero l’eccessiva acidità della frutta. Forse è questa la ragione per cui il test non può essere usato se non con materiale umano? Come spiegato, non sarebbe una gran ragione, dato che anche il muco di diversi individui può avere livelli di acidità diversi. Ma prendiamo il tema come serio e possibile.

Continua Open:

“…il prodotto è stato ideato per ottenere dei risultati da materiale prelevato da esseri umani e non da frutta o verdura, gli elementi contenuti in questi ultimi potrebbero influire sul risultato del test non perché positivi alla Covid19 ma per le reazioni chimiche che possono scatenare la colorazione delle barre presenti nel prodotto. Nel caso della dimostrazione del deputato austriaco, Michael Schnedlitz, la Coca Cola ha fornito un risultato positivo proprio per questo motivo come spiegato dallo stesso produttore del test da lui utilizzato…”

Poi Open da il link all’articolo tedesco che racconta la storia del deputato austriaco:

“…si può vedere che Schnedlitz usa apparentemente il test in modo errato. Prende la cola direttamente con il tampone e la gocciola sul test. Tralascia un passaggio importante…”

In effetti, il deputato austriaco prende la Coca Cola e mette 3 gocce direttamente sulla striscia, saltando la fase del buffer, e questo rende in effetti l’esperimento nullo. Ma questo non si può dire del nostro esperimento, che è stato fatto seguendo accuratamente le procedure indicate.

E poi l’articolo tedesco arriva al dunque, sollevando la stessa obiezione sollevata dall’azienda produttrice, e ripresa poi da diverse parti come l’argomento più forte contro il nostro esperimento:

“I tamponi sono liquidi che mantengono il valore del pH costante entro un certo intervallo. Questo è esattamente ciò che il politico dell’FPÖ ha evitato. Ecco perché gli acidi contenuti nella cola hanno reagito con l’anticorpo che dovrebbe catturare le proteine del virus.”1

Dato che Open ha citato (e linkato) questo articolo in rapporto al nostro test sulla frutta, appare chiaro che questa sia l’obiezione più concreta e specifica. In effetti, diversi hanno sollevato questa possibilità che la componente acida della frutta potesse aver generato la positività del test della frutta, inclusi personaggi importanti come l’amico Mike Yeadon, ex Presidente della Ricerca di Pfizer, o persone meno importanti come il dr. Tomassone, che anche lui punta tutto (oltre agli insulti non troppo velati al sottoscritto) sugli acidi che altererebbero il test. Devo dire che all’inizio anche io ero dubbioso su questo punto, dato che la frutta risultata positiva sembrava essere effettivamente quella più acida, come il kiwi e l’arancio.

Ma ad una lettura più attenta ho capito che si tratta di un obiezione che, per quanto seria, è del tutto infondata. Infatti, se l’acidità fosse il fattore determinante, perché tra i frutti sostanzialmente positivi (l’abbiamo dichiarata incerta, ma la presenza della riga T, anche se lieve, per il produttore è segno di positività) c’è anche la banana, che ha un pH neutro? E soprattutto perché tra i campioni risultati negativi c’è anche lo yogurt, che è chiaramente acido? Se la teoria dell’acidità come attivatore della positività del test fosse vera, lo yogurt sarebbe dovuto rientrare nella categoria dei positivi.

Se viene meno la spiegazione dell’acidità come fattore che può alterare il test, davvero non esiste più alcuna obiezione sostanziale alla prova di inattendibilità del test risultante dal nostro esperimento sulla frutta. E qui veniamo ad una prova inattaccabile sul fatto che pH e acidità non c’entrano nulla con il test tampone antigenico rapido, prova fondata su una vera e propria interpretazione autentica da parte del produttore del test. Nel bugiardino del test viene riportata questa tabella:

1 https://www.welt.de/vermischtes/article222277878/Oesterreich-Warum-Cola-den-Corona-Schnelltest-positiv-machte.html………………….

Quindi, i campioni nasali sono stati mescolati con i farmaci indicati sopra, e con nessuno di tali farmaci si è avuta alcuna alterazione del test, non essendosi prodotti né falsi positivi né falsi negativi in rapporto ai risultati ottenuti con la PCR. Cosa significa questo? Il rappresentante del produttore del test antigenico rapido ha detto al deputato austriaco :

”Prima che l’onorevole parlamentare renda pubblica dichiarazioni così imbarazzanti, potrebbe avere senso fare solo un po’ di chimica.”

Ebbene, facciamo un po’ di chimica. Tra i farmaci testati ci sono un Throat Phenol Spray, cioè un sostanza fenolica, ed è noto che i fenoli sono acidi, per quanto deboli. Ma c’è anche il fluticasone propionato, sostanza che, una volta a contatto con l’acqua (come accade con il buffer) si trasforma in in fluticasone 17-beta acido carbossilico, ovvero un gruppo funzionale carbossilico, ed è noto che i gruppi carbossilici sono le sostanze chimiche a più alto tasso di acidità. Eppure, nemmeno questa sostanza è riuscita ad alterare il test o a produrre falsi positivi o negativi.

Direi che con questo è provato che gli acidi della frutta non possono aver alterato il test, e che quindi il fatto che alcuni siano risultati positivi e altri no è dovuto semplicemente al fatto che il test tampone è del tutto casuale, perché non ha nessun gold standard, come ha riconosciuto anche recentemente il prof. Palù, Presidente dell’AIFA, perché il virus non è mai stato isolato. E come ho ripetuto costantemente, lo stesso vale anche per il tampone PCR, quello molecolare a cui si appellano tutti questi sostenitori della pandemia (inclusi omeopati come il dr. Tomassone, che anche lui consiglia di affidarsi ai tamponi PCR) quando cercano di difendere, senza troppa convinzione, i test antigenici rapidi.

Non posso ripetere qui tutti gli argomenti che ho avanzato in numerosi scritti precedenti sul non isolamento del virus e sulla totale inattendibilità dei tamponi PCR, per cui rinvio ai miei scritti:

  1. Sul non isolamento del virus : https://agenparl.eu/covid-scoglio-candidato-nobel-medicina-2018-la-questione-dellisolamento-del-virus-e-della-sua-patogenicita-secondo-la-legge-dei-cinque-postulati-di-koch/?fbclid=IwAR1Y_1w0DgCPCw7CukEKrrG6rdUEr4egzGi5vsMAImDGq8T6kGNy5GaycmE
  2. Sulla non attendibilità dei tamponi molecolari: https://www.databaseitalia.it/test-covid-anche-loms-mi-ci-da-ragione-e-la-novita-dei-test-antigenici-rapidi/?fbclid=IwAR3yzX5cien5nyMosrc48k8i50gqJ9_E5kFvKtyWYRyDTE2CM-FfDQ-bWjI

Per concludere, voglio solo riassumere in modo sintetico due dei punti principali, che dovrebbero mettere a tacere tutti questi sostenitori del tampone PCR:

  • la stessa OMS, in un recente documento, ha riconosciuto che i test molecolari RT-PCR, utilizzando normalmente troppi cicli di PCR, producono troppi falsi positivi (https://www.who.int/news/item/14-12-2020-who-information-notice-for-ivd-users);
  • Tutta la letteratura scientifica più recente e di alto livello, citata nel mio articolo, concorda e ha dimostrato che qualsiasi test PCR che utilizzi più di 25 cicli produce falsi positivi in più del 97% dei casi (Jaafar R et al. Correlation Between 3790 Quantitative Polymerase Chain Reaction–Positives Samples and Positive Cell Cultures, Including 1941 Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 Isolates, Clinical Infectious Diseases, 2020). E in Italia, il numero di cicli di PCR utilizzati va dai 35 ai 50! E questi sono i test a cui i nostri critici si appellano come se, a differenza dei test antigenici rapidi, fossero sicuri e affidabili.

Chiudo con un appello. Quelli di Open, il sito di Mentana, si definiscono, appunto open, “aperti”, eppure sono per chiudere la bocca a tutti quelli che non si allineano al loro pensiero. Forse hanno imparato la lezione di Orwell sulla neolingua, la lingua di tutti i totalitarismi, in cui le parole indicano l’opposto del loro significato. Se sono davvero aperti, perché Mentana non organizza un dibattito veramente aperto, con tempi prestabiliti, tra il sottoscritto e uno chiunque dei loro rappresentanti, per discutere di isolamento, tamponi, virus, etc. Quale migliore occasione per dimostrare al mondo che io, noi, abbiamo torto? Chissà perché, ho il sospetto che anche questa volta non accetteranno nessun confronto…

Dr. Stefano Scoglio, Ph.D.

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