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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Più che un ritorno alla libertà dopo quasi sei mesi di lockdowns feroci sembra una riapertura farsa. Più che un ritorno alla normalità per bar e ristoranti, le categorie economiche più penalizzate dalle restrizioni a colori delle zone “arancio” e “rosse”, sembra un percorso di guerra nella quotidiana e settimanale lotta contro le molteplici incognite che gravano sugli esercenti e sulla popolazione italiana.
«In zona gialla, dal 26 aprile a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei luoghi di ristorazione con tavoli all’aperto. Dal primo giugno si mangia nei ristoranti con tavoli al chiuso solo a pranzo. In zona arancione sarà mantenuta la sola possibilità di asporto, così come in quella rossa. Nelle linee guida stilate dalle Regioni, e che dovranno essere vagliate dal Cts, è stato proposto un metro di distanza nei ristoranti all’aperto o al chiuso – se la situazione pandemica lo consente – per aumentare a due laddove la condizione di diffusione del virus si dovesse aggravare» scrive l’ANSA che dovrebbe fornire ai lettori un’informazione critica ma dopo lo scoppio della pandemia è diventata la cassa di risonanza delle veline governative improntate al terrorismo psicosociale.
Ecco dunque la prima discriminazione: i locali senza dehors non potranno riaprire, mentre gli altri, soprattutto nelle città storiche come Venezia, Firenze e Roma potranno progettare la riapertura a pranzo e cena consentendo alle amministrazioni comunali di incassare lauti ricavi per i diritti di plateatico. Ma su di loro peseranno molteplici spade di Damocle. Il primo incubo è rappresentato dal Cielo: cosa farà chi cercherà un pasto all’aperto se dovesse piovere a dirotto, come più volte capitato a fine primavera, o se dovessero tornare temperature polari come quelle dell’ultima settimana (previste anche per la prossima)?
Ma un’altra variabile pericolosissima è quella dei colori. Lunedì 26 aprile il bravo ed onesto ristoratore potrà organizzare la riapertura in vista degli incassi agognati soprattutto nei weekend. Ma giovedì potrebbe arrivare la mannaia della revisione dell’indice locale di contagio, basato soprattutto su tamponi inaffidabili come denunciato dal giudice Angelo Giorgianni (presidente dell’associazione L’Eretico) nell’esposto alla Corte Penale Internazionale dell’Aja sui lockdown ritenuti crimini contro l’umanità. Ecco quindi che gli esperti del Comitato Tecnico Scientifico, che hanno esposto i malati di Covid-19 al pericolo di una cura contestata da centinaia di medici come quella a base di paracetamolo e “vigili attesa”, insieme ai governatori promotori dei vaccini delle Big Pharma, avranno in mano il lucchetto micidiale che nel giro di qualche giorno può rinchiudere nuovamente ristoratori e clienti come in greggi da recinto.
Ormai calato nella parte di Arlecchino che sta cercando di servire due padroni, senza possedere la leggendaria e mordace astuzia della maschera veneziana, il leader della Lega Matteo Salvini si sente ancora capitano del popolo pur essendo divenuto paladino della politica sinistra del premier Mario Draghi e del “boia” delle attività economiche Roberto Speranza. Forse felice che il suo ministro leghista Giancarlo Giorgetti sta avviando interessanti accordi con le generose Big Pharma, gongola come Lucignolo nei paese dei balocchi per la mera illusione dell’interruzione dei lockdowns,
“Stando dentro al Governo abbiamo potuto ottenere queste cose, non serve star fuori e lamentarsi di ciò che decide il Governo. Senza la Lega nel Governo sarebbe prevalsa la linea di Speranza” le parole di Salvini, che ha fatto un chiaro riferimento alla linea di rigore del ministro della Salute, presente in conferenza stampa accanto al Premier Draghi. “È simbolicamente stimolante che il primo giorno di ambito ritorno alla vita sia il 26 aprile, due giorni dedicati alla libertà e alle libertà. A livello nazionale – ha proseguito Salvini – devo dire che finalmente dalla riunione della cabina di regia di oggi è prevalso un diffuso buonsenso. Come previsto, la settimana prossima il Consiglio dei ministri prenderà in esame i dati che già oggi ci dicono che mezza Italia sarebbe fuori dall’emergenza e dunque con le cautele del caso e i protocolli di sicurezza, entro aprile, laddove la situazione medica lo consente, si torna a vivere con un calendario di aperture precise, ci sono le date per fiere, congressi palestre, piscine, cinema e teatri”.
Ovviamente il leader del Carroccio che predicava l’autonomia regionale e la sovranità populista si guarda bene dal commentare la pillola amara che si cela nei millantati brandelli di libertà dati in pasto agli esercenti ormai sul piede di guerra di “IoApro”, al popolo bue che da oltre un anno trangugia come verità le menzogne dei TG di mainstream, ed agli altri media che sanno trasformare le zucche vuote del governo in cornucopie d’intelligenza scientifica prive di ogni contraddittorio. Salvini, infatti, evita oculatamente, temendo che la questione possa trasformarsi in un boomerang per il fondoschiena della sua credibilità elettorale, di discettare sul misterioso PASS che sarò necessario, tra una settimana, per spostarsi tra le regioni differenti.
Oltre ad essere un ulteriore piccolo passo verso l’inferno di un passaporto vaccinale oggetto di una diffida depositata dal giudice Giorgianni contro il Presidente del Consiglio e il Ministro della Salute in riferimento alle violazioni derivanti dall’imposizione obbligatoria ai sanitari dei vaccini (ancora sperimentali e causa di gravi reazioni avverse), questa incognita burocratica, annunciata ancor prima che si sia stabilito se toccherà alle ASL o a chi per loro rilasciarlo. Mentre già negli USA il Pentagono fa propaganda mediatica del microchip da iniettare sotto la pelle per identificare il contagio da Covid-19 e controllare così prima i militari e poi eventualmente tutti i cittadini…
«Il nuovo decreto prevede l’istituzione di un ‘pass’ che attesti la sussistenza di una delle seguenti condizioni: avvenuta vaccinazione, esecuzione di un test covid negativo in un arco temporale da definire, avvenuta guarigione dal Covid. Chi ottiene il pass ha la possibilità di spostarsi liberamente in tutto il territorio nazionale e di accedere a determinati eventi – culturali e sportivi – riservati ai soggetti che ne sono muniti- scrive l’ANSA quasi felice che ci sia un controllo della libertà individuale in barba al dettato dell’articolo 13 della Costituzione della Repubblica Italiana – Gli spostamenti saranno consentiti dal 26 aprile tra regioni gialle. Tra regioni di colori diversi lo spostamento sarà possibile con il ‘pass’, che di fatto anticiperebbe sul territorio nazionale il ‘green pass’ europeo previsto a giugno nell’Ue e che in quel caso prevederà lo spostamento tra Paesi dell’Unione. In tutte le zone il coprifuoco dovrebbe restare alle 22».
Vediamo dunque il percorso di guerra che dovrebbe affrontare un turista interessato a lasciare Milano per recarsi ad esempio nella bellissima e rigogliosa Langa del Barolo, solcando perciò l’ormai vessatorio confine tra Lombardia e Piemonte. Prima di tutto deve verificare che nessuna delle due regioni sia entrata in zona arancione o rossa, altrimenti l’opzione del “giallo rafforzato” viene a decadere. Quindi deve ottenere il PASS facendo un tampone, ovviamente a sue spese, che, nel caso lo individui come falso positivo, costringerebbe lui e la sua famiglia all’imprevisto fatale di una quarantena per 14 giorni. Se però è vaccinato basta l’attestato di aver ricevuto il siero anche se, come già dimostrato in una nostra inchiesta, pure i vaccinati sono soggetti a rischio di infezione da Covid-19. Questa procedura fa di fatto apparire come dei grandi fortunati i malati di Covid-19 che possono attestare la loro guarigione, magari da un contagio totalmente asintomatico.
Superate le diffidenze iniziali l’aspirante turista può finalmente valicare il fiume Ticino e approdare verso le colline del più famoso vino piemontese dove troverà la proverbiale accoglienza dei ristoratori minata soltanto dall’incognita di un acquazzone improvviso per il pranzo. Vabbè aspettiamo che le nubi si diradino per un una bella cenetta sotto le stelle. Macchè! Il coprifuoco permane in vigore pertanto al massimo potrà fare un’apericena al tramonto per poi correre in fretta nel Bed & Breakfast onde evitare di essere intercettato da qualche pattuglia di vigilantes della polizia locale o denunciato da qualche spione, come Alessandro Gassman che nella vita non ha di meglio da fare oltre a scrutare i movimenti sospetti dei vicini denuncinadoli alla polizia segreta.
“Colpirne uno per educarne cento”: il motto del comunista Mao Zedong è ormai radicato nell’anima di governanti e politicanti della maggioranza di larghe intese. Ma mentre ossessionano la popolazione con le restrizioni girano senza mascherina, com’è solito fare Draghi anche negli incontri ufficiali, e si concedono assembramenti giubilanti a gogo per celebrare i nuovi centri vaccinali.
Chissà quanti saranno i turisti che avranno voglia di sfidare PASS, intemperie di pasti all’aperto e coprifuoco per riconquistare la loro agognata libertà. Io so cosa farò nei prossimi giorni quando vorrò sentire il profumo della libertà: andrò a trovare Rosanna Spatari, titolare del bar La Torteria di via Orti a Chivasso, che da ottobre sfida il sistema contro qualsiasi imposizione restrittiva e se ne frega dei 150 verbali che le sono stati fatti dalle forze dell’ordine per violazione dei lockdowns.
Apre in virtù dell’art 54 del Codice Penale: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo». Uno stato di necessità che ormai appartiene a tutti, tranne a Salvini & co., in virtù delle laute prebende parlamentari.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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