di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Fonte originale: inchiesta di Gospa News
«L’analisi dell’andamento della delittuosità riferita al periodo del lockdown ha mostrato che le organizzazioni mafiose, a conferma di quanto previsto, si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio, ritenuto elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza. Controllo del territorio e disponibilità di liquidità che potrebbero rivelarsi finalizzati ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà. Si prospetta di conseguenza il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole (ossia quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge principalmente l’economia del sistema nazionale) vengano fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti».
L’allarme era stato lanciato dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia): il centro direzionale che coordina la lotta alla criminalità organizzata italiana e straniera delle cinque forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato e Guardia di Finanza) insieme al personale civile di pubblica sicurezza dell’amministrazione dell’interno.
Nella Relazione Semestrale al Parlamento del 1° semestre 2020, veicolata dal Ministero dell’Interno nel dicembre scorso, l’intelligence dell’antimafia aveva già previsto quanto sarebbe accaduto ed è stato confermato da una brillante operazione condotta ieri sotto il coordinamento della Procura di Torino che nei mesi scorsi aveva saggiamente costituito un pool di magistrati specifici poiché proprio il Piemonte e la Lombardia rappresentano oggi una terra d’invasione della mafia in generale e della ‘Ndrangheta calabrese in particolare, orma la più potente delle associazioni malavitose non solo in Italia ma anche in molte parti del mondo.
IL RAID DELL’OPERAZIONE PLATINUM-DIA
«È in corso un’operazione di polizia contro la ‘Ndrangheta, coordinata dalla Procura di Torino che vede impegnati sul territorio nazionale oltre 200 donne e uomini della Direzione Investigativa Antimafia e un centinaio di unità della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza con il supporto di unità cinofile, elicotteri e militari del Reggimento Genio Guastatori di Caserta, nonché 500 agenti della Polizia Criminale del Baden-Wuttemberg, della Polizia Economico Finanziaria di Ulm, dalla polizia romena e spagnola. L’operazione, denominata ‘Platinum-Dia, rappresenta secondo gli inquirenti “un duro colpo” alla ‘ndrangheta» scrive l’ANSA.
Sono sono state eseguite 33 misure di custodia cautelare e 65 perquisizioni, su disposizione del Tribunale di Torino su richiesta della DDA piemontese e coordinata dalla DNA, in Italia ed in Germania, nei confronti di soggetti ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta. Si tratta di soggetti attivi nel “locale” di Volpiano (Torino), considerati terminale economico della famiglia Agresta di Platì (RC), nonché nei confronti di esponenti della famiglia Giorgi, detti “Boviciani”, di San Luca (RC), ritenuti responsabili di narcotraffico internazionale ed attivi in Piemonte, Calabria, Sardegna e, in Germania, nel Land del Baden Wùrttemberg, nelle località turistiche del Lago di Costanza.
Oltre all’esecuzioni di diverse misure cautelari, l’operazione ‘Platinum-Dia’ ha portato a numerosi sequestri preventivi di beni costituiti da aziende cooperative ed edili, immobili, auto, conti correnti bancari e postali, corrispondenti ad un valore di molti milioni di euro. «Sono oggetto della misura cinque società che operano nella ristorazione, in particolare la torrefazione Caffè Millechicchi e il bar VIP’S di Torino, una rivendita tabacchi in via Volpiano sempre nel capoluogo piemontese; nel settore immobiliare la G.P. Immobiliare e, nel settore dell’edilizia, la società General Costruzione, imprese con sede a Torino. Controlli e perquisizioni sono in corso dall’alba anche nel nord Sardegna ad opera dei carabinieri della Compagnia di Alghero» aggiunge l’articolo dell’agenzia ANSA.
“La maxi operazione Platinum-DIA condotta a Torino e con ramificazione in Germania Spagna e Romania dimostra la pervasività della ‘Ndrangheta ma soprattutto la forza dello Stato”. Così Nicola Morra presidente commissione Antimafia. “Il mio personale plauso va alla DIA e al lavoro del direttore Maurizio Vallone e dell’ufficiale di collegamento della commissione Antimafia colonnello Luigi Grasso, che ha permesso tra l’altro di creare un filo diretto di sinergie e di scambio di informazioni – prosegue -. Locale di Volpiano legata alla famiglia Agresta di Platì, la famiglia Boviciani di San Luca questi gli elementi fondanti di una rete mafiosa europea. Questa la pericolosità della Ndrangheta calabrese che si continua a sottovalutare”.
“Oltre il necessario ringraziamento a centinaia di donne e uomini delle forze dell’ordine italiane e di altri paesi europei, mi chiedo quanto ancora si voglia sottovalutare il problema – ha dichiarato all’Ansa Morra, esponente del Movimento 5Stelle -. Abbiamo una forza criminale in campo che non solo ha monopolizzato un territorio e lo ha asservito ai suoi fini criminali, ma ha una impressionante forza economica con cui risulta capace di espandersi ovunque in Europa. La magistratura, anche europea, lotta con tutte le forze, dovrebbe farlo anche la politica italiana avendo come priorità la Calabria”.
L’ATTACCO AL MAGISTRATO PER IL PROCESSO A COSCHE E POLITICI
Purtroppo, però, la politica a volte va a braccetto con la stessa criminalità organizzata come dimostrato dagli arresti di esponenti del Partito Democratico e di Forza Italia nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott condotta dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, duramente attaccato da esponenti della sinistra, alleata di governo del M5S, e da alcuni media, proprio in relazione alla custodia cautelare di un ex parlamentare individuato quale crocevia tra gli interessi della massoneria e della stessa ‘Ndrangheta.
La vicenda, come spiegato da Gospa News, ricorda molto da vicino quella degli ex giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi con gli uomini della scorta in due attentati dinamitardi nell’estate 1992, perchè stavano indagando sulla fantomatica “informativa Caronte” del ROS dei Carabinieri di Palermo, in cui si mettevano in correlazione appalti miliardari, politici, massoni e mafiosi di Cosa Nostra.
Queste losche correlazioni tra il mondo politico e quello della ‘Ndrangheta, approdate ora in un maxi-processo poco seguito dal mainstream, emergono anche dalla relazione semestrale della DIA proprio attraverso la citazione delle parole dello stesso Gratteri.
«È noto che la criminalità organizzata calabrese – al pari delle omologhe matrici mafiose – è da sempre abile a proporsi con azioni “filantropiche” nei confronti di famiglie in difficoltà alle quali offrire sostegno economico, innescando un meccanismo di dipendenza che verrà sicuramente riscattato a tempo debito. Quanto detto vale, ad esempio, per quelle sacche di lavoratori “in nero” o sottopagati che, in prospettiva, potrebbero essere disposti a farsi coinvolgere in azioni criminali pur di garantire un sostentamento alle proprie famiglie ovvero alimentare quel bacino di consenso utile anche in occasione di competizioni elettorali» scrive la DIA che poi cita il magistrato.
«Per dirla con le parole del Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, “…gli ‘ndranghetisti si presenteranno, come sempre, come benefattori, come gente che aiuta chi ha bisogno, i poveri, questo lo fanno già, da sempre, dando ai disperati 30 euro al giorno per un lavoro in nero, e questi si sentiranno, sul piano psicologico, ancora più prostrati e ancora più riconoscenti verso chi gli darà questi 30 euro… la dipendenza psicologica dei poveri verso di loro aumenterà ancora di più, quindi poi sarà ancora più facile, alle prossime elezioni, rappresentare il modello più convincente quando ci sarà da andare a rastrellare i pacchetti di voti”».
Prosegue Gratteri: “il rischio è un aumento del consenso per gli ‘ndranghetisti proprio sul piano della risposta sostanziale che loro riescono a dare…il rischio più concreto e reale è l’usura. Gli imprenditori avranno difficoltà. … gli imprenditori hanno bisogno di liquidità, di soldi veri in mano… noi da sempre sappiamo che il problema dell’élite della ‘ndrangheta è quello di giustificare la ricchezza, non di arricchirsi, e quindi presteranno soldi a usura anche a interessi bassi per invogliare, incentivare i commercianti a rivolgersi agli usurai ‘ndranghetisti, che sono quelli che sostanzialmente hanno bisogno di meno garanzie per il pagamento. Chi si rivolge a questo tipo di usurai sa perfettamente con chi sta trattando. Il pericolo, quindi, è che ancora di più altre attività imprenditoriali, alberghi, ristoranti, pizzerie, passini di mano a prestanome della ‘ndrangheta…”.
In tale contesto, nota la Direzione Investigativa Antimafia, di tutta evidenza è il rischio che la ‘ndrangheta si ponga quale welfare alternativo, sostituendosi alle Istituzioni con forme di assistenzialismo, forte della capillare presenza nel territorio e della notevole disponibilità economica, a “beneficio” sia del singolo cittadino in stato di necessità, sia dei grandi soggetti economici in sofferenza e in cerca di credito più dinamico rispetto ai circuiti ordinari. Salvo poi presentare il conto alle imprese beneficiarie del sostentamento mafioso.
LA PANDEMIA E IL DEEP STATE DELLA ‘NDRANGHETA
Sulla questione viene citato anche il Procuratore Capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, il quale ha sottolineato come “…il tema della pandemia da Covid 19 e le possibilità di arricchimento che questa potrebbe offrire alla criminalità organizzata, soprattutto nei mesi a venire, costituisce motivo di grossa attenzione per la Procura…”, evidenziando come essa “…dovrà essere massimamente rivolta alla gestione dei fondi europei, che costituiranno, per la loro entità, una formidabile occasione di arricchimento per la criminalità organizzata e di infiltrazione ed inquinamento del mercato legale…”.
«Anche l’analisi delle risultanze investigative e giudiziarie intervenute nel I semestre 2020 restituisce, ancora una volta, l’immagine di una ‘ndrangheta silente, ma più che mai viva nella sua vocazione affaristica, tesa a farsi “impresa”. Una preoccupante conferma perviene anche dall’elevato numero di provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalle Prefetture nei confronti di ditte ritenute contigue alle cosche calabresi, attive in svariati settori commerciali, produttivi e di servizi, che spaziano dalle costruzioni edili agli autotrasporti, dalla raccolta di materiali inerti al commercio di veicoli, dalla ristorazione alle strutture alberghiere, dai giochi, alla distribuzione di carburante, etc» riporta la DIA.
D’altro canto i sodalizi più strutturati mantengono saldamente la propria leadership nei grandi traffici di droga, continuando ad acquisire forza e potere. In questo senso si può dire che l’emergenza pandemica non ha in alcun modo rallentato il florido mercato del narcotraffico. L’affermazione criminale dalle compagini calabresi è da ricercarsi, innanzitutto, nella loro composizione organizzativa a base familiare, compatta dall’interno e per questo, almeno sino allo scorso semestre, quasi del tutto impermeabile al fenomeno della collaborazione con la giustizia.
La complessa inchiesta “Malefix”7 della DDA di Reggio Calabria conclusa il 24 giugno 2020 dalla Polizia di Stato – ha confermato che “…L’assoluta segretezza, in perfetta sintonia con le più recenti acquisizioni giudiziarie, è connaturale all’esistenza di una sovrastruttura di governo, sconosciuta o comunque inaccessibile agli altri affiliati; un livello superiore, insomma, tendenzialmente impermeabile ai subalterni, una sorta di nave a compartimenti stagni in cui l’allagamento o l’incendio è strutturalmente confinato e, dunque, non può produrne l’affondamento. Non si tratta, si noti, di considerazioni sociologiche, ma di fatti, concreti, che, nel tempo e nel corso dei processi celebrati negli ultimi anni, hanno consentito di decodificare struttura e funzionamento del sodalizio…”.
La relazione della DIA allude al cosiddetto Deep State, evocato persino dalla Commissione Parlamentare sulla strage di Via Fani e l’omicidio dello statista Aldo Moro. Uno dei punti di forza della ‘ndrangheta sta proprio nella sua capacità di intrecciare legami diretti con qualsiasi tipo di interlocutore: politici, esponenti delle Istituzioni, imprenditori, professionisti. Si tratta di soggetti potenzialmente in grado di venire incontro alle esigenze delle cosche, sicché da ottenere indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche.
Per dirla con le parole del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, “…è stato ribadito come ormai, anche all’esito di recentissime indagini, siano i politici o gli aspiranti tali a rivolgersi alle cosche al fine di acquisire pacchetti di voti e consenso elettorale, che sarà poi moneta di scambio ad avvenuta elezione…”.
L’INVASIONE DELLE COSCHE NEL NORD ITALIA
Fin qui abbiamo fatto riferimento al ruolo della criminalità organizzata calabrese nella sua terra d’origine (capitolo 2 della relazione) che è capillarmente ramificata in tutta la regione Calabria come Cosa Nostra lo è in Sicilia, la Camorra in Campania (con l’appendice del Clan dei Casalesi a Caserta) e la criminalità pugliese e lucana in Puglia (capitoli 3,4 e 5, link al pdf completo al fondo dell’articolo). Il fenomeno è di fatto dilagante dai tempi della Spedizione dei Mille in Sicilia (quando il guerrigliero massone Giuseppe Garibaldi si appoggiò ai picciotti locali per la riuscita dell’impresa finanziata dalla Massoneria Britannica) e dal successivo Sbarco degli Alleati del 1943 che, tramite la CIA (allora OSS), fecero il medesimo patto con la mafia, costretta a fuggire dalla Trinacria per i blitz del prefetto Cesare Mori inviato speciale del duce Benito Mussolini nell’isola.
Da qualche anno, però, le ‘indrine o locali (nome delle cosche calabresi), hanno intensificato l’invasione del Nord Italia come conferma l’ultima brillante operazione della DIA e la relazione del 1° semestre 2020, soprattutto grazie all’emergenza economica scaturita dalla pandemia e ancor più dai lockdown, ritenuti inutili e dannosi dal magistrato Angelo Giorgianni che in merito si è appellato alla Corte Penale Internazionale dell’Aja definendoli “crimini contro l’umanità”.
«La tabella relativa al numero dei reati commessi da aprile a settembre 2020 mostra che, a fronte di una fisiologica diminuzione di alcuni reati (ricettazione, contraffazione, rapine, etc.), trend, quest’ultimo, in linea con la forzata chiusura della mobilità sociale e produttiva, si è assistito all’aumento di altri reati – come lo spaccio di stupefacenti e il contrabbando – espressivi del controllo del territorio da parte delle consorterie, le quali sono riuscite a rimodulare la propria operatività in questi settori. Analoghe considerazioni possono essere effettuate per i reati di estorsione e usura, che hanno visto solo una leggera flessione rispetto al passato. Ciò in quanto, come detto, i sodalizi si sarebbero inizialmente proposti alle imprese in difficoltà quale forma di welfare sociale alternativo alle istituzioni, salvo poi adottare le tradizionali condotte intimidatorie finalizzate ad acquisire il successivo controllo di quelle stesse attività economiche» scrive nelle premesse generali la DIA.
La capacità di infiltrazione delle mafie e di imprenditori senza scrupoli nella pubblica amministrazione, anche in questo momento di crisi, emerge chiaramente con l’andamento dei reati di induzione indebita a dare o promettere utilità, traffico di influenze illecite e frodi nelle pubbliche forniture, tutti in aumento rispetto allo stesso periodo del 2019.
In virtù delle attribuzioni ex D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 la DIA riveste un ruolo cruciale nella prevenzione dell’utilizzo del sistema economico-finanziario legale per riciclare proventi illeciti, in particolare attraverso l’analisi e l’approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette (s.o.s.).
L’analisi ha consentito di selezionare n. 7.983 segnalazioni di interesse della DIA, n. 1.691 delle quali direttamente attinenti alla criminalità mafiosa e n. 6.292 riferibili a fattispecie definibili reati spia/ sentinell. Trattasi di reati ritenuti maggiormente indicativi di dinamiche riconducibili alla supposta presenza di aggregati di matrice mafiosa, tra i quali, sono ricompresi impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, usura, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, etc..
Per quanto concerne l’ordinaria attività istituzionale svolta nel comparto in argomento, nel primo semestre 2020 la DIA ha analizzato n. 54.228 s.o.s., con il conseguente esame di n. 364.550 posizioni segnalate o collegate, n. 245.206 delle quali attinenti a persone fisiche e le restanti n. 119.344 a quelle giuridiche, in un intero ambito costante di circa n. 430.000 operazioni finanziarie.
Il numero delle operazioni effettuate nelle regioni settentrionali e meridionali sostanzialmente collimano (rispettivamente, n. 58.667 e n. 57.713), a seguire si collocano le regioni centrali (n. 28.633) e insulari (n. 10.234). Va però rilevato, aggiungiamo noi, che il numero delle segnalazioni finanziarie sospette ha visto il Nord Italia prevalere proprio su quelle regioni storicamente culla delle varie mafie.
Anche le analisi dei dati distribuiti per regioni è allarmante. Se la Campania è al vertice della classifica con 38.827 sos, subito dopo vengono Lombardia (23.967) e Lazio (18.819), quindi Emilia Romagna, Puglia, Veneto, Sicilia e Piemonte. Al Nord gli investigatori della Direzione Nazionale Antimafia hanno ritenuto migliaia di operazioni connesse direttamente con la criminalità organizzata: 5.847 in Lombardia, 2.666 in Veneto e 2.174 in Piemonte.
Nel periodo in osservazione, l’analisi condotta sulle segnalazioni attinenti alla criminalità organizzata ha permesso di approfondire complessivamente n. 984 s.o.s., delle quali: 742 inoltrate alle competenti Direzioni Distrettuali Antimafia, per il tramite della DNA, in quanto correlate a procedimenti penali o di prevenzione in corso; 242 confluite in seno ad attività investigative preventive e/o giudiziarie svolta dai Centri e dalle Sezioni Operative della DIA nel territorio nazionale.
‘NDRANGHETA PIU’ FORTE IN LOMBARDIA E PIEMONTE COI LOCKDOWN
«L’analisi delle attività investigative concluse negli ultimi anni nel Centro e nel Nord Italia dimostra chiaramente come le organizzazioni mafiose riescano a coniugare il proprio ruolo nel narcotraffico internazionale, consolidatosi nel tempo, con la spiccata vocazione a farsi impresa, opportunamente calibrata sulla base delle realtà economiche di elezione. Non è un caso se, come già rilevato in passato, il numero maggiore di operazioni sospette non si riferisce ai territori di origine delle organizzazioni mafiose ma a quelli di proiezione. In particolare nei contesti dove l’economia si presenta più florida. La Lombardia, nel dettaglio, si colloca in testa per numero di s.o.s., mentre, tra le prime Regioni, figurano, oltre alla Campania, anche la Toscana, il Lazio, l’Emilia Romagna e il Veneto» si legge ancora nella relazione DIA. (continua a leggere l’inchiesta integrale…)