Fonte originale: articolo di Carlo Domenico Cristofori su Gospa News
«Nuovo allarme della Caritas italiana dopo un anno di pandemia sociale. Sono cresciuti i nuovi poveri, presi in carico per la prima volta da parrocchie e centri di ascolto. Sono ormai oltre 453mila, il 60% dei quali italiani e il 53,8% donne. Le persone più frequentemente aiutate dal 61% delle Caritas avevano soprattutto impieghi irregolari fermi causa Covid-19, la metà ha aiutato lavoratori precari o saltuari privi di ammortizzatori sociali e il 40% autonomi e stagionali in attesa delle misure di sostegno. Oltre un terzo erano dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria e in deroga».
Ieri, martedì 18 maggio, il quotidiano Avvenire ha annunciato il il quarto monitoraggio dell’organismo pastorale Cei ma per mantenere un profilo “politcally correct” non ha messo il dito nella vera piaga. Non ha infatti voluto evidenziare che la drammatica situazione di indigenza è di fatto conseguenza di una duplice miscela esplosiva: i lockdown opprimenti, definiti crimini contro l’umanità dal magistrato Angelo Giorgianni che ha presentato una denuncia alla Corte Penale Internazionale dell’Aja a nome dell’associazione L’Eretico, e i vergognosi ritardi nell’erogazione delle casse integrazioni.
«Sono stato messo in cassa integrazione straordinaria in deroga dalla mia azienda di Milano a partire dal mese di aprile 2020 fino al dicembre dello stesso anno – dice un consulente informatico – Soltanto 3 giorni fa, a metà maggio 2021, mi sono arrivati i versamenti delle somme che l’INPS era tenuta a versarmi, ma solo riferite ai mesi di aprile, maggio e giugno: non ho idea di quando mi arriveranno le altre mensilità arretrate. All’età di 45 anni sono stato costretto a sopravvivere per quasi un anno grazie all’aiuto di mia madre pensionata. Ma posso ritenermi già fortunato perché se non ci fosse stata lei sarei finito a vivere sotto i ponti! Credo che uno Stato che lascia senza soldi i propri cittadini non possa definirsi affatto civile».
In un precedente reportage abbiamo inoltre evidenziato come i lockdown ossessivi, varati prima dal Governo di Giuseppe Conte e poi da quello di Mario Draghi con il benestare della perdurante maggioranza Partito Democratico-Movimento 5 Stelle e del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, abbiano creato il rischio di usura ed infiltrazione finanziaria della ‘Ndrangheta nelle attività al collasso.
Ciò non è stato denunciato da politici o parlamentari, tutti ormai saliti sul carro del partito unico Covid nell’unica strabica ottica PRO-VAX, ma nel rapporto semestrale della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) in cui hanno avuto largo spazio i nefasti presagi del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, circa al ruolo delle cosche nella crisi economica.
IL DISASTRO ECONOMICO PER LA PANDEMIA
«L’effetto combinato del Covid e del crollo dei consumi del 10,8% (pari a una perdita di circa 120 miliardi di euro rispetto al 2019) ha spinto alla chiusura oltre 390.000 imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato nel 2020, fenomeno non compensato dalle 85.000 nuove aperture. Questa la stima sulla nati-mortalità delle imprese del commercio non alimentare, dell’ingrosso e dei servizi dell’Ufficio studi di Confcommercio, secondo cui, pertanto, la riduzione del tessuto produttivo nei settori considerati ammonterebbe a quasi 305.000 imprese (-11,3%)» riferiva l’Agenzia Italia AGI a fine dicembre
«Di queste, 240.000, esclusivamente a causa della pandemia. In altre parole, sottolinea il rapporto, l’emergenza sanitaria – con tutte le conseguenze che ne sono derivate, restrizioni e chiusure obbligatorie incluse – ha acuito drasticamente il tasso di mortalità delle imprese che, rispetto al 2019, risulta quasi raddoppiato per quelle del commercio (dal 6,6% all’11,1%) e addirittura più che triplicato per i servizi di mercato (dal 5,7% al 17,3%)» evidenziava il rapporto Confcommercio.
In pratica lo ha chiuso in modo compulsivo quasi tutte le attività applicando restrizioni definite “torture psicologiche” dal giudice Giorgianni nel suo esposto al procuratore generale del Tribunale dell’Aja che è in perfetta sintonia con la denuncia alla Procura della Repubblica di Roma per depositata dal biologo nutrizionista Franco Trinca con il supporto legale dell’avvocato Alessandro Fusillo, insieme dall’associazione European Consumers rappresentata dal presidente Marco Tiberti e dall’avvocato Francesco Scifo.
Ma al tempo stesso né il Governo Conte né quello Draghi (in carica ormai da gennaio) si sono preoccupati di accertarsi della puntualità dei pagamenti delle casse integrazioni alla gente rimasta senza lavoro proprio a causa dei lockdown.
Si è creata così un’esplosione sociale di indigenza certamente propedeutica ad indurre la popolazione italiana ad accettare l’imposizione delle vaccinazioni antiCovid, contro il cui obbligo per i sanitari (diventato legge con l’approvazione in Senato nei giorni scorsi) si battono proprio il dottor Trinca e l’avvocato Fusillo al pari del magistrato Giorgianni perché ritengono le terapie domiciliari, ignorate dal Ministro della Salute Roberto Speranza, sufficienti a debellare un virus SARS-Cov-2 letale solo se curato male, come purtroppo avvenuto.
La fotografia allarmante dei nuovi poveri viene fornita sulla base di dati cristallizzati al dicembre 2020 ma è certamente destinata ad aggravarsi quando si conosceranno i quadri economici riferiti al primo quadrimestre 2021 nel quale la linea dura delle restrizioni sociali è protratta durante l’amministrazione politica del premier Mario Draghi, nonostante l’allarme di esperti finanziari ma anche di medici, come il professor Giorgio Palù, accademico internazionale di virologia, che nell’ottobre 2020 aveva messo in luce il pericolo di nuovi lockdown per l’Italia, dove la virulenza e letalità del Covid-19 era ormai sotto controllo grazie alle idonee cure individuate.
BEN 132MILA NUOVI POVERI DOPO LE CHIUSURE
Inevitabile quindi il drammatico bilancio esposto l’altro giorno da Avvenire (quotidiano della Conferenza Episcolape Italiana). «La faccia nascosta della nuova povertà italiana causata dal Covid viene fotografata dal quarto monitoraggio della Caritas italiana che, con il coinvolgimento di 190 Caritas diocesane, prende in esame i quattro mesi finali dell’anno orribile 2020 e il primo trimestre del 2021. In tutto, alle Caritas si sono rivolte ben 545mila persone nei sette mesi iniziati alla fine dell’estate e proseguiti con le ondate e le chiusure dell’autunno e inverno appena trascorsi».
«I dati del quarto rilevamento dell’organismo pastorale della Cei mostrano inoltre che una persona su quattro – per la precisione 132.717 – di quelle presentatesi alla rete Caritas era sconosciuta e si è impoverita proprio da settembre 2020 a marzo 2021. Quando, accanto alla ripresa del contagio, arrivavano segnali di ripresa e il governo attivava nuove forme di sostegno a famiglie e imprese colpite dagli effetti socio-economici della pandemia».
In generale, quasi tutte le diocesi segnalano la prevalenza di povertà e bisogni legate al precariato lavorativo femminile e al precariato e alla disoccupazione giovanile, quindi le difficoltà abitative, segnalate dall’84% degli interpellati, e la povertà educativa con l’aumento dei casi di abbandono e ritardo scolastico e le difficoltà a seguire le lezioni rilevati in un preoccupante 80,5% dei territori italiani.
Quindi il disagio psicosociale dei giovani (sempre nell’80% delle comunità diocesane rilevate) cui va affiancato l’aumento di quello degli anziani e delle donne (entrambi indicati dal 77% delle Caritas), la povertà minorile (segnala dal 66%), quella sanitaria con la rinuncia o il rinvio delle cure non legate al Covid (66,8%) e la drammatica crescita delle violenze domestiche (segnalate dalla metà delle Caritas). I settori economici maggiormente colpiti, secondo il monitoraggio, sono stati la ristorazione, segnalata dal 94% delle Caritas diocesane e quello turistico- alberghiero da tre diocesi su quattro.
AIUTI CONCRETI E BORSE LAVORO DALLA CARITAS
«La maggioranza rileva la difficoltà degli esercizi commerciali e delle attività culturali, artistiche e dello spettacolo. Le risposte delle comunità cristiane vanno dai Fondi di sostegno economico alle famiglie in difficoltà in otto diocesi su 10 alle attività di orientamento e informazione sulle misure assistenziali di amministrazioni centrali e territoriali (reddito di emergenza e di cittadinanza e i vari bonus) nei tre quarti delle realtà esaminate» rimarca ancora Avvenire.
«Inoltre 116 diocesi si sono attivate sull’emergenza occupazione erogando borse lavoro, tirocini di inserimento lavorativo, percorsi formativi e di riqualificazione, convenzioni con aziende e soggetti terzi per inserimenti lavorativi e sportelli di orientamento lavorativo. Il 60% è intervenuta contro il disagio educativo distribuendo strumenti per la Dad alle famiglie meno abbienti e alle scuole, acquistando libri e materiale scolastico, pagando rette e mense, avviando doposcuola online ed erogando borse di studio per l’iscrizione universitaria o per sostenere la frequenza delle superiori. Infine 61 diocesi hanno attivato fondi di sostegno alle piccole imprese».
Queste attività sono state rese possibili anche dai 93mila volontari dei 6.780 servizi della rete Caritas e dai 407 giovani del servizio civile. Sempre più forte è stata la collaborazione con enti locali e Protezione civile e quella intra ecclesiale: il 96,8% delle Caritas diocesane ha avuto rapporti stabili con le parrocchie, il 60% con il volontariato vincenziano, il 51 con gli scout dell’Agesci, il 42% con i Cav e il 36,8% con le Acli.
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Carlo Domenico Cristofori
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