Articolo di Rossella Fidanza
Stiamo assistendo con impazienza allo svolgersi dell’Audit di Maricopa, che sta arrivando, quanto meno per il conteggio manuale, alle battute finali.
Come già ampiamente detto, seguiranno altre fasi che dovrebbero portare alla redazione del rapporto definitivo completo entro agosto, parola di Ken Bennett, uno dei responsabili della revisione.
L’ostruzionismo si fa sempre più importante. Da una parte il controllo delle macchine elettroniche Dominion non è ancora entrato nelle fasi calde, perchè la società e la Contea di Maricopa ancora si rimpallano la responsabilità di non aver ancora consegnato le password di accesso ai revisori, come il mandato di comparizione del Giudice che ha autorizzato l’audit impone loro. Dall’altra i senatori dell’Arizona, non tutti ma presumibilmente quelli che hanno maggior interesse che questa verifica forense veda la sua conclusione il più tardi possibile, stanno lasciando intendere che i risultati dovranno essere discussi e calendarizzati successivamente alla sospensione estiva dei lavori del Senato. Questo sta causando non poche reazioni da parte dei Cittadini dello Stato, che hanno de facto voluto e finanziato di tasca propria l’audit e vogliono avere i risultati il prima possibile, anche per evitare strascichi pensati in previsione delle imminenti elezioni mid-terms.
In tutto questo, diversi Stati hanno inviato le loro delegazioni per visionare l’audit di Maricopa, se ne contano oltre 20 ormai, tra i quali i più importanti Stati cosiddetti swing che hanno determinato la certificazione della vittoria di Biden. Presunta, aggiungerei a questo punto: non ho mai creduto alla sua elezione, ora più che mai sono convinta del furto. Quelle delle delegazioni non sono certo visite di cortesia, ma sono finalizzate a raccolta firme, già partite in modo ingente, e richiesta di una revisione uguale per i loro Stati. Con un vantaggio in più: avendo l’esperienza precedente, tutto dovrebbe svolgersi in modo più celere, quanto meno per l’aspetto giuridico e logistico.
In sostanza, è sempre più chiara la volontà dei Cittadini Americani non tanto di vedere confermata la vittoria di Trump, quanto di non vedere calpestata la loro Costituzione, questo è il punto focale di tutto quello che si è messo in moto. Se poi, all’esito di tutto, ristabilità l’integrità delle elezioni, Trump tornerà al suo posto, sarà una piacevole conseguenza, ma non è il motore che ha messo in moto quello che stiamo vedendo accadere.
Ora, la domanda che viene in mente almeno una volta al giorno a chi sta seguendo passo passo gli accadimenti, in qualsiasi parte del mondo si trovi.
Cosa succede se si sviluppa la prova della frode elettorale per le presidenziali del 2020?
E’ doveroso premette che nessuno ha una risposta certa, nessuno, poichè nulla del genere è mai accaduto in tutta la storia degli Stati Uniti. Mai.
Possiamo però spingerci ad ipotizzare alcune soluzioni, partendo dal presupposto che difficilmente Americani che hanno voluto con tanta enfasi tali procedimenti si tranquillizzeranno di fronte ad un risultato del genere. Vorranno la soluzione, la pretenderanno ed è giusto che sia così. Se si difende la Costituzione, lo si fa fino in fondo.
A mio parere ci sono tante possibilità, ne ho parlato ampiamente sul mio canale: dall’impeachment, a nuove elezioni, fino ad un quo warranto, persino ad un colpo di stato del Pentagono e magari alle rivolte nelle strade.
Nessuna è una soluzione ideale.
L’impeachment, ad esempio, non correggerebbe il problema, il colpo di stato militare, tanto auspicato da alcuni osservatori, diciamo così, in realtà trasformerebbe gli Stati Uniti in una repubblica delle banane del terzo mondo. La rivolta nelle strade, beh, già si vedono le conseguenze dei BLM, si avrebbe una vera e propria guerra civile che porterebbe a una versione moderna del caos sanguinoso che ha caratterizzato la Francia post-rivoluzione.
Ma nel mondo perfetto, la soluzione ideale esiste, ed è quella che invertirebbe l’inaugurazione di Biden e inaugurerebbe Donald Trump come presidente legittimo – e lo farebbe mantenendo la Repubblica costituzionale.
C’è un’opzione, caldeggiata da Sidney Powell: “La frode vizia tutto”.
Nel 1878, in United States v. Throckmorton, la Corte Suprema affermò che “Non c’è dubbio sulla dottrina generale che la frode vizia i contratti più solenni, i documenti e persino le sentenze“.
In altre parole, la frode invalida i contratti – e un’elezione non è altro che un contratto. Tutti sanno che se si firma un contratto basato su informazioni fraudolente, quel contratto non è valido. Questo porta al “void ab initio” che significa che la frode dall’inizio macchia tutto ciò che ne deriva.
Esiste un secondo aspetto giurisprudenziale americano, viene chiamato “Fruit of a poison tree.”
In questo caso, si è visto spesso usare dagli avvocati nelle serie televisive ma questo non ne sconfessa il fondamento giuridico, si intende che le prove sono state ottenute illegalmente, il tutto riferito alla certificazione dell’elezione.
La prova è inammissibile in quanto “frutto di un albero velenoso”.
La Corte Suprema, nel 1939, l’ha spiegato in Nardone contro gli Stati Uniti, che , se un albero è velenoso, lo è anche il suo frutto. (Andrea Widburg, Donna Palen, e Al Simon)
Questo significa che, se viene dimostrata la frode, l’elezione non è valida.
Biden non è presidente e ogni azione della sua amministrazione è nulla come se non fosse mai avvenuta.
Naturalmente, questo non è mai stato fatto in un’elezione presidenziale, ma è successo diverse volte in elezioni inferiori, ricordate il Quo Warranto di cui avevo parlato in precedenza?
Il punto dolente.
Tutto questo richiede che un tribunale – inevitabilmente la Corte Suprema – decida che l’elezione è stata effettivamente fraudolenta.
Data la generale (ma molto selettiva) riluttanza della Corte Suprema ad addentrarsi in aree politiche e la dimostrata codardia di questa particolare Corte, è improbabile che prenda in considerazione la questione.
Il che, presumo, porta a questa conclusione: se la Costituzione non può rimediare agli atti che la violano, bisogna fare qualcosa di nuovo.
Come fecero i Padri Fondatori nel 1776, potrebbe essere necessario riscrivere il fondamento giuridico: il testo riscritto, pur non essendo una nuova Dichiarazione d’Indipendenza, è un tentativo di Patto di Secessione.
Una sorta di nuovo testo costituzionale ovvero patto giuridico tra gli Stati i cui voti legittimi sarebbero dovuti andare a Donald Trump.
Questi Stati dovrebbero chiarire che la frode ha violato il diritto dei loro cittadini a un governo federale costituzionale, che, per l’ordinamento costituzionale americano, è sottostante alla sovranità statale.
Se il Congresso non pone rimedio alla situazione, all’unisono secederanno.
Questo patto non sarebbe letteralmente la secessione, ma l’annuncio di una proposta di azione che il Congresso potrebbe evitare correggendo i deficit costituzionali dimostrati nelle elezioni del 2020. Congresso che, sottolineo, con estrema probabilità tra qualche mese vedrà ribaltati gli equilibri a seguito delle mid-terms.
Se la nullità ab initio fallisce, non c’è alcun progetto per correggere le elezioni del 2020 perché il Congresso, gli Stati e la Corte Suprema hanno permesso un’inaugurazione incostituzionale.
Tuttavia, il furto della più alta carica del Paese semplicemente non può stare in piedi, ed allo stato attuale dubito fortemente che gli Americani accettino di vederlo passare in cavallleria.
Come New York, la California e altri Stati democratici stanno vedendo nelle loro strade oggi, se si permette ai ladri di rubare o ai delinquenti di molestare e aggredire impunemente, la rivolta è dietro l’angolo e le legislazioni statali sono costrette ad intervenire per non vedere una guerra interna.
Lo stesso vale per i brogli elettorali e la conseguente usurpazione dell’apparato di governo e i poteri coercitivi che ne derivano.
Se si permette a questo furto di rimanere in piedi, allora nessun Americano può andare avanti con fiducia nelle elezioni della Nazione e nel sistema basato su di esse.
La Costituzione non è altro che un pezzo di carta. È la fedeltà dei cittadini a quella Costituzione e al sistema costruito su di essa che la fa funzionare.
Dopo tutto, la vecchia Unione Sovietica, Cuba, Cina e la maggior parte delle altre dittature hanno regolarmente costituzioni che promettono libertà e diritti ai loro cittadini che i governi ignorano. Le parole su un foglio non significano nulla se il governo non è vincolato da esse e i cittadini non hanno fiducia in esse. In Italia abbiamo una Costituzione quasi perfetta, eppure quello che stiamo vivendo da anni, ed in particolar modo nell’ultimo, è una sua continua vituperazione.
Non credo esistano altri termini per definire meglio la situazione, se non che è un gran casino.
L’ultima volta che si è verificato un sentimento nazionale che sottintendeva la secessione, è esattamente quello che si è verificato. Non senza perdite di vite, non in modo pacifico.
Tuttavia, con la volontà del Congresso, a questo giro è possibile evitare la secessione.
Nonostante i forti venti che si sono alzati a riguardo, infatti, laddove dovesse davvero essere sottoscritto in qualche modo un Patto di Secessione tra gli Stati che rivendicano un’elezione legittima, in risposta ad eventuali rigetti degli organi giuridici preposti a tutelarla, il Congresso avrà l’opportunità, di concerto con gli Stati stessi, di affrontare i brogli dimostrati e garantire, in modo freddo, logico e pacifico, che le elezioni del 2020 non si ripetano più.
Questo è un modo pacifico di procedere, una correzione ed un miglioramento della Costituzione nei punti di vuoto presenti che possono consentire di non affrontare la situazione, ma il Congresso deve capire che, una volta che gli Americani vedranno che c’era l’arrosto sotto il fumo del 4 novembre, non staranno seduti a guardare la loro Costituzione distrutta.
Troppi hanno pagato un prezzo troppo alto perché gli Americani potessero vivere sotto l’ombrello della libertà che essa fornisce, per permettere che una tale trasgressione prevalga.
God bless you and the United States of America. Nella speranza che restino uniti.
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