1 – L’allarme del Soufan Center sui legami Talebani-Al Qaeda
2 – La prigione dei terroristi islamici abbandonata dagli Usa
3 – Le manovre dell’Intelligence CIA-Mossad
4 – La minaccia della migrazione di infiltrati in Iran
5 – Il santuario di Al Qaeda in Afghanistan
6 – L’allarme di Putin sui terroristi infiltrati tra i migranti
7 – Afghano evacuato con volo Usa in Qatar è dell’Isis
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Fonte originale: le Grandi Inchieste di Gospa News
«Gli Stati Uniti sono entrati in guerra in Afghanistan nel 2001 per distruggere il gruppo terroristico responsabile del peggior attacco terroristico sul suolo americano della storia. A dieci anni dalla morte di Osama bin Laden, al-Qaeda rimane una minaccia, che potrebbe metastatizzare in seguito al ritiro degli Stati Uniti. Biden spera che al-Qaeda possa essere contenuta, ma la storia ha spesso dimostrato il contrario».
Terminava così l’analisi pubblicata il 30 aprile 2021 da The Soufan Center (TSC), un centro indipendente senza scopo di lucro che offre ricerca, analisi e dialogo strategico sulle sfide alla sicurezza globale e le questioni di politica estera, con particolare attenzione all’antiterrorismo, all’estremismo violento, ai conflitti armati e allo stato di diritto.
TSC fu fondato nel 2017 Ali Soufan, agente speciale dell’FBI che indagò complessi casi di terrorismo internazionale, inclusi gli attentati all’ambasciata dell’Africa orientale, l’attacco alla USS Cole e gli eventi relativi all’11 settembre. Fu l’autore del bestseller top-10 del New York Times The Black Banners: The Inside Story of 9/11 and the War Against al -Qaeda (2011), vincitore del Ridenhour Book Prize 2012.
1 – L’ALLARME DEL SOUFAN CENTER SUI LEGAMI TALEBANI-AL QAEDA
Il Soufan Center, nell’articolo dal titolo “IntelBrief: 10 anni dopo la morte di bin Laden: qual è lo stato attuale di Al-Qaeda?” scritto nell’imminenza del 2 maggio, decimo anniversario dell’uccisione (presunta) di Osama Bin Laden, il ricco arabo saudita fondatore e leader di Al Qaeda, fece una facile previsione confermata, dopo la caduta di Kabul in mano ai Talebani, dall’allarme del presidente russo Vladimir Putin sull’infiltrazione di terroristi tra i migranti afghani ma soprattutto dalla scoperta del primo rifugiato collegato con l’Isis, fatta poche ore fa nella base aerea Us Air Foce di Al Udeid in Qatar che sta accogliendo gli evacuati da Kabul in attesa di smistarli in altri fortezze militari negli Usa.
«I talebani non hanno mai rotto con al-Qaeda, né pubblicamente né in privato, e i combattenti di al-Qaeda rimangono incorporati nelle unità talebane. Inoltre, oltre a ciò che può essere descritto come “nucleo” o “centrale” di al-Qaeda che opera in Afghanistan e Pakistan, al-Qaeda ha filiali anche in altre parti dell’Asia meridionale, compresa l’India. Se l’Afghanistan ricadrà ancora una volta nella guerra civile, i talebani potrebbero accogliere i combattenti stranieri per rafforzare i propri ranghi, rendendo l’Asia meridionale una calamita per i jihadisti di tutto il mondo. E senza la presenza di truppe statunitensi sul terreno, Washington e i suoi alleati saranno costretti a fare affidamento su una strategia antiterrorismo offshore con gravi limitazioni» riferì ancora TSC tracciando il quadro preciso della presenza dei terroristi islamici qaedisti in Afghanistan e in Medio Oriente che più avanti vedremo nel dettaglio.
Tale eventualità è stata addirittura agevolata dal ritiro delle truppe americane nel momento stesso in cui hanno lasciato la base aerea nell’antica città di Bagram, a sudest di Charikar nel Parvan, a soli 60 km da Kabul, dove avrebbero potuto gestire l’evacuazione del personale diplomatico, degli interpreti afghani e degli attivisti filo-americani con calma e tranquillità. Nel Bagram Airfield-BAF, infatti, c’era anche una delle più grandi prigioni occidentali di terroristi islamici catturati in Afghanistan, come ben ha rammentato l’esperto di geopolitica Alberto Bellotto nella sua inchiesta su InsideOver dal titolo eloquente “L’Afghanistan tornerà ad essere il Santuario di Al Qaeda?”.
Sconcertante un’altra analisi del Soufan Center, pubblicata in un articolo successivo del 20 agosto 2021 dopo la caduta del governo di Kabul. «Nonostante le pressioni degli Stati Uniti durante i colloqui di pace dello scorso anno a Doha, i talebani hanno evitato di promettere di negare spazio ad al-Qaeda in futuro. Questa posizione è stata ripresa anche in una recente intervista di una rete televisiva afghana con il leader dei talebani Amir Khan Muttaqi. Alla domanda sulle future politiche del gruppo riguardo ad al-Qaeda, Muttaqi ha affermato che i talebani non creeranno mai inimicizia con al-Qaeda per conto degli Stati Uniti. Il portavoce centrale dei talebani afghani, Zabihullah Mujahid, ha anche affermato in un’intervista con un canale di notizie afghano che l’accordo di Doha non impone alcun obbligo ai talebani di tagliare i legami con al-Qaeda. Secondo Mujahid, l’unica promessa dei talebani è che non permetterà a nessuno di usare il suolo afghano contro gli Stati Uniti e i suoi alleati» ha stigmatizzato TSC.
2 – LA PRIGIONE DEI TERRORISTI ISLAMICI ABBANDONATA DAGLI USA
«Come hanno spiegato alcuni funzionari a Cbs News qualche giorno fa, nella loro avanzata i talebani hanno preso il controllo della base aerea di Bagram e liberato gli oltre 5 mila prigionieri ospitati lì, tra questi, ha notato Politico, non solo miliziani talebani, ma anche uomini di Al Qaeda e dell’Isis. A questo proposito il Pentagono ha lanciato l’allarme sulla possibilità che le reti terroristiche con sede nel Paese possano riacquisire margine di manovra e potere in tempi rapidi. John Kirby, portavoce del segretario alla Difesa Austin ha detto che tutto il dipartimento è al lavoro per rivalutare il potenziale terroristico dei vari gruppi» ha scritto invece il giornalista Bellotto nel suo eccellente reportage.
«Nell’aprile scorso un report dell’intelligence americana ha messo nero su bianco come nonostante gli sforzi dell’anti terrorismo Al Qaeda continui a progettare attentati contro interessi e personale americano. Intanto la creatura di Osama Bin Laden mostra segni preoccupanti di risveglio. Nei giorni scorsi Hurras al Din, ultima emanazione qaedista in Siria ha colpito Damasco con un violento attentato uccidendo 19 militari siriani e dimostrando di essere capace di complire al di fuori della regione di Idlib (roccaforte degli altri qaedisti Hayat Tahrir al-Sham, ex Fronte Al Nusra – ndr). Parallelamente le autorità indiane hanno detto di aver aumentato la sicurezza negli aeroporti per un possibile attentato proveniente da Al Qaeda. In più in questi giorni Aqap, il braccio yementa dell’organizzazione si è apertamente complimentato coi talebani per il successo contro gli americani» si legge ancora su InsideOver.
A questo punto bisogna cercare di tirare le fila di questa matassa per capire le assurde dinamiche per cui, il 2 luglio 2021, l’ultimo contingente dell’US Army lasciò la base-prigione senza custodia, nelle mani del fragile Esercito Nazionale Afghano, che da mesi non pagava gli stipendi a migliaia di soldati, e pertanto facile preda dei Talebani.
E’ assolutamente evidente che non solo l’intelligence americana era perfettamente a conoscenza della liberazione di migliaia di terroristi islamici ma anche che costoro avrebbero potuto infiltrarsi tra l’inevitabile ondata di migrazioni che si sarebbe verificata con la fulminea presa del potere (e dei potenti armamenti delle milizie nazionali) da parte dei Talebani.
Lo stesso giornalista Bellotto, ottimo elaboratore info-grafiche, ha tracciato la mappa dell’Afghanistan nel breve arco dei tre fatidici giorni tra il 13 ed il 16 agosto, all’indomani della conquista di Kabul e della fuga del presidente del governo nazionale sostenuto dalla Nato. Come si vede dalle immagini le province in mano all’esercito regolare (in giallo) e quelli contesi (in rosso) sono diventate tutti grigie o nere, ovvero controllate dai Talebani.
3 – LE MANOVRE DELL’INTELLIGENCE CIA-MOSSAD
Nella precedente inchiesta sull’Afghanistan abbiamo evidenziato non solo l’allarme terrorismo ma le strette connessioni delle principali organizzazioni islamiche jihadiste e dei Talebani con CIA, Mossad, controspionaggio israeliano, e Regno di Arabia Saudita, che da ormai un decennio recluta tra i condannati a morte nuovi combattenti da inviare ad Al Qaeda nello Yemen o in Siria, dove poi finiscono sotto la gestione dei servizi segreti dell’intelligence turca MIT.
Ecco perché l’abbandono della base-prigione di Bagram rammenta un poco l’inesistente supporto fornito dalle truppe americane al centro di prigionia Camp Hol, da cui i jihadisti mercenari della Turchia liberarono agevolmente centinaia di combattenti Isis e Al Qaeda nell’ottobre 2019, quando l’esercito turco di Recep Tayyp Erdogan invase il Rojava (Nord Est della Siria controllato dai Curdi delle Forze Siriane Democratiche). Molti di loro, tra cui almeno 229 identificati terroristi, andarono a formare i 14mila jihadisti inviati dalla Turchia in Libia a sostegno del Governo di Tripoli con il tacito benestare della NATO.
Ecco perché assumono importanza emblematica due recenti manovre del direttore della Central Intelligence Agency, William Burns. Il suo incontro con il leader dei Talebani Abdul Ghani Baradar, rientrato nel paese dopo la scarcerazione dal Pakistan 2018 sotto pressione dell’amministrazione Trump per gestire i negoziati di pace con gli USA in vista del ritiro annunciato dall’Afghanistan, è avvenuto lunedì 24 agosto.
Per molti a guidare il nuovo governo dell’Emirato islamico dell’Afghanistan sarà proprio il mullah Abdul Ghani Baradar. È stato il cofondatore degli studenti coranici insieme al mullah Omar, morto nel 2013, che ha guidato l’Emirato afgano dal 1996 al 2001.
Il vertice si è tenuto per trattare le condizioni di un’evacuazione senza ulteriori tensioni e morti all’aeroporto di Kabul, ma non è stato confermato né da Langley, dove c’è il quartier generale della CIA, né dal Pentagono o dalla Casa Bianca, e sono pertanto ignoti i contenuti del dialogo su eventuali promesse americane e su impegni talebani. Resta la conferma che la crisi afghana, come previsto da Gospa News, passa ufficialmente nelle mani dell’intelligence in cui di fatto era sempre rimasta… (continua a leggere)