Pensieri sulla caduta di Babilonia

Articolo di Armando Savini

Nel settembre del 2019, Rav Laitman, parlando della situazione in Europa diceva: «L’Europa è un vaso rotto, è la Babilonia moderna … un sistema rotto in ogni direzione: economica, politica, ideologica, psicologica. Adesso tutto questo comincia a rivelarsi, perché l’ego sta lavorando dentro … Se succederà qualcosa in Europa sarà come conseguenza dell’assenza di forza spirituale in questo continente. Anche in Nord America la situazione non è migliore dell’Europa. Tutto il mondo è in discesa … Non c’è altra opzione: o cambiamo o moriamo».

Se l’Europa è una Babilonia è forse perché qualcuno ha deciso così, innalzando la torre del proprio ego per essere dio senza Dio. La Genesi ci insegna che ogni volta che l’umanità cerca l’unità senza Dio, è votata alla confusione. La torre di Babele è stata riedificata in Europa e non solo nei simboli che ne anticipano i piani. Già nei primi anni in cui si cominciava a parlare di Europa, si ravvisarono i primi sintomi di un progetto umano, troppo umano. Se riguardiamo la copertina della brochure della Commissione per la Cooperazione Culturale, notiamo una torre di Babele moderna, che ricalca l’opera di Pieter Bruegel il Vecchio e che verrà, poi, realizzata a Strasburgo come sede del Parlamento Europeo. In primo piano, nel quadro di Bruegel, si notano Nimrod, il superbo tiranno e «cacciatore di uomini», con il suo seguito, intento a conversare con l’architetto. Nella brochure della Commissione, invece, i personaggi sono squadrati e caratterizzati da una severa oligocromia. Nulla di naturale nelle forme e nei colori ma solo tanti omini LEGO di una stessa gamma di colori. Il titolo non lascia alcun dubbio sulle intenzioni dei progettisti: «Europe: many tongues, one voice» (Europa: molte lingue, una voce). L’obiettivo sembrerebbe essere quello di raggiungere quell’unità che fu interrotta da Dio, sottomettere il genere umano ad unico governo mondiale, sfidando chi ha plasmato l’uomo libero. 

Parlamento europeoLa Torre di Babele, Pieter Bruegel il Vecchio, 1563.
Brochure Dettaglio brochure

Ma cosa avvenne sulla torre di Babele?

Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar [Sumer] e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». (Genesi 11:1-4)

Una sola lingua e medesime parole non vogliono dire che tutti parlassero una sola lingua e che da questa derivassero per intervento divino tutte le altre ma significa che tutti erano soggetti allo stesso modo di pensare e di parlare. Farsi un nome e concentrarsi all’interno di una città fortificata non sono che i prodromi della tirannide. Come ho già scritto, «Dio avrebbe disorientato l’umanità, non scompaginando l’idioma (glōssa) bensì il labbro (kheĩlos), cioè, suscitando in ogni persona nuovi sentimenti che scuotessero le relazioni umane basate su un’unica visione del mondo, cioè, rapporti edificati su un unico pensiero dominante. Dio, quindi, avrebbe agito in maniera dirompente e sovversiva, rovesciando un contesto politico-sociale, che poggiava su un nuovo assetto filosofico, secondo cui l’uomo, e non Dio, era l’unico artefice della propria fortuna» (cfr. Miti, Storie e leggende. Dal caos a Babele). F. Dostoevskij, nel celebre romanzo I fratelli Karamazov, scriveva: «Il socialismo non è solo la questione operaia, o il cosiddetto quarto stato, ma è principalmente la questione dell’ateismo, la questione della forma che l’ateismo assume oggi, la questione della torre di Babele costruita senza Dio, non già per raggiungere il cielo dalla terra, ma per portare il cielo sulla terra». Portare i cielo sulla terra significa fare dell’uomo un dio capace di auto-imprimersi una direzione, un senso, (un po’ come il barone di Münchhausen che si tiraò per i capelli per uscire dalle sabbie mobili). Il progetto europeo, quindi, non sarebbe altro che una riedizione moderna dell’antico mito della torre di Babele, che sembra riecheggiare anche nelle parole di un ex venerabile maestro, che scrive (grassetto e sottolineato mio):

La natura è arrivata al capolinea. Gli scienziati hanno scoperto il procedimento mediante cui la natura ha creato e sviluppato la specie Homo e si sono sostituiti a essa. Da ciò segue l’importante conclusione che la decisione di stabilire come dovrà essere l’uomo «nuovo» del futuro non appartiene più alla natura ma all’uomo … La scienza (in particolare, la fisica e la biologia) e le sue applicazioni tecnologiche non solo esisteranno ancora nel futuro globalizzato, ma ne rappresenteranno il fondamento principale.

Prima di scrutare il futuro è importante sapere dove ci troviamo adesso. Gli scienziati stanno compiendo esperimenti d’ingegneria molecolare che consentiranno di alterare i geni nella direzione voluta sostituendo frammenti di DNA. È plausibile ritenere, perciò, che si riescano a comprendere nei minimi dettagli non solo le dinamiche che presiedono la nostra ereditarietà, ma anche l’interazione tra geni e ambiente per la produzione di un essere umano «nuovo».

Con la realizzazione di questi progressi scientifici, l’umanità si troverà nella condizione di poter controllare il suo destino ultimo. Essa potrà modificare non solo l’intelligenza e l’anatomia, ma anche le emozioni e la creatività. A quel punto, l’uomo potrà veramente sentirsi simile a dio

Se, tuttavia, si volesse cambiare la natura umana per potenziarne alcune caratteristiche, come le capacità matematiche e logiche, i talenti atletici o la potenza sessuale, potrebbero insorgere profondi e insanabili conflitti. Chi avrà il potere di decidere? Se vi sarà opposizione a tali decisioni, in che modo e con quali mezzi le decisioni saranno attuate? Con la convinzione o con la forza?

La democrazia non potrà essere la forma di governo che deciderà come dovrà essere l’uomo nuovo del futuro. Se la democrazia rivela la propria impotenza, che fare? Rassegnarsi all’anarchia generata dalla democrazia o continuare a ricercare una soluzione alternativa?

Chi scrive crede nell’etica e nella sua capacità di unire gli uomini intorno a un progetto futuro, ma tale progetto, per esprimere il bene comune, se necessario, deve essere imposto. Se non può essere imposto da uno stato democratico, allora bisogna guardare altrove. Io credo che esista un’unica possibilità, che è rappresentata da un solo uomo, che denomino l’«Uno», il quale, coadiuvato da una ristretta élite, governerà il mondo… Il superamento dell’anarchia sarà possibile solo con la creazione del tiranno, cui si delegheranno tutti i poteri a condizione che egli riporti l’ordine nella società. È solo in questo stadio dell’umanità che potrebbe fare la sua comparsa l’Uno illuminato. Sarà lui, e solo lui, assistito da uomini saggi, a decidere come creare l’uomo nuovo.

Nel futuro dell’umanità, proprio perché il processo di globalizzazione tende verso la totalità, le pandemie non saranno più l’eccezione ma la regola. Il vero problema, allora, non sarà come impedirle ma come controllarle.

La pandemia del Covid-19 è stata generata in Cina e si è poi diffusa in tutto il pianeta. La Cina, a differenza degli altri paesi, nonostante una popolazione di 1,4 miliardi di individui, in tempi brevi, l’ha messa sotto controllo e l’ha debellata. Come è avvenuto tutto ciò? La risposta va ricercata nella convergenza di due fattori: un governo dittatoriale e la credenza nel confucianesimo. Il primo, esercitando il controllo sociale. Il secondo, favorendo il consenso.     Solo il governo dell’Uno può controllare, in maniera efficace e totale, le azioni degli individui nella società. Per fare ciò, ha a sua disposizione potenti strumenti tecnologici, come l’intelligenza artificiale, internet e la rete di comunicazione del 5G. Il Covid-19 è stato l’occasione per far conoscere a noi occidentali come viene esercitato il controllo sociale in Cina.

Il modello cinese, nonostante le polemiche che esso ha scatenato sui diritti civili, comincia a fare breccia nella mente di alcuni benpensanti occidentali. (Di Bernardo, G., Il futuro di Homo Sapiens, pp. 78 ss).

Non sarebbe stato, dunque, Dio a creare l’uomo ma la natura che ora verrebbe soppiantata dall’Uomo, il quale ricrea se stesso facendosi dio e imponendo il suo stampo ad una sorta di Untermenschen (subumani) attraverso la tirannide delle élite. Il nuovo leviatano, improntato sul modello turbocapitalcomunista cinese, credendo di cavalcare il mare all’insaputa del cielo, cercherebbe con ogni mezzo di «portare il cielo sulla terra». Ma come cadde Babilonia «all’inizio della sua opera» così all’improvviso sarà infranta la nuova Babilonia con tutti i suoi simulacri. Non sappiamo di preciso come e quando questo avverrà ma sappiamo che un sistema del genere non regge per molto. Un’idea ce la possiamo fare esaminando il mito della Genesi alla luce degli altri miti cananei e della storia antica. Secondo alcuni studiosi, la confusione delle lingue che ostacolò il completamento della torre fu dovuto molto probabilmente l’invasione di Babilonia da parte degli Accadi Semiti. Questi avrebbero portato un tale disordine politico che il re non riuscì a portare a compimento il progetto intrapreso. L’ipotesi di una guerra e, quindi, di un’invasione sembrerebbe trovare conferma nel poema sumero Enmerkar ed il signore di Aratta, in cui la confusione delle lingue denota chiaramente la rottura dell’unità politico-religiosa imposta da Enmerkar, re di Uruk, una rottura causata dalle spinte indipendentistiche del re di Aratta, che non era più disposto ad intrattenere scambi commerciali con Uruk. Dall’unità “paradisiaca” imposta dall’impero, dalla lingua unica nella plurilingue Sumer si passa alla confusione delle lingue, cioè, al molteplice non più ricomponibile, alla guerra tra sovrani innescata da Enki:

In quei giorni non vi erano serpenti, non vi erano scorpioni;

non vi erano iene, non vi erano leoni;

non vi erano cani, non vi erano lupi;

non vi era paura e terrore;

l’umanità non aveva chi gli si opponesse.

In quei giorni i paesi montagnosi di Shubur e Khamazi,

il plurilingue Sumer, la grande montagna degli eccelsi «me»,

Akkad, il paese splendido,

i paesi montagnosi dei nomadi, che giacciono nel verde,

l’insieme del cielo e della terra,

l’umanità intera,

parlava ad Enlil in una sola lingua.

Adesso è cominciata la guerra tra i sovrani, tra i principi, tra i re,

il dio Enki, il promotore della guerra tra i sovrani, tra i principi, tra i re,

è la causa della guerra tra i sovrani, tra i principi, tra i re,

proprio lui, Enki, il signore dell’abbondanza, il signore della parola giusta,

il signore della saggezza, che presiede al paese,

il saggio tra gli dei,

il signore di Eridu, che distribuisce saggezza,

ha messo nelle loro bocche una lingua confusa avendo istigato alla guerra,

mentre prima la lingua dell’umanità era unica.

(Pettinato, G., I Sumeri, 2 ed., Tascabili Bompiani, Milano, 2007, pp. 151-152)

La confusione, quindi, non sarebbe altro che l’ineluttabile conseguenza di un sistema che viola ogni legge di natura posta da un legislatore universale, l’unico per le stesse sue leggi in grado di dare una direzione e un futuro all’umanità.

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