di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Fonte originale: articolo di Gospa News
Un articolo di Franco Bechis sul quotidiano Il Tempo ha sollevato per primo l’inquietante questione riguardante i morti reali di Covid-19. Da mesi si discute infatti su coloro che sono deceduti con Covid e le persone che sono davvero morte di Covid. Il Ministero della Salute guidato da Roberto Speranza per parecchi mesi ha vietato le autopsie impedendo così ai medici di appurare quale fosse la percentuale reale di persone deceduto a causa delle complicazioni da SARS-Cov-2 e quale quella da altre patologie aggravate dalla Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS) ma comunque con condizioni di salute gravemente compromesse.
«Secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’Iss dunque lasciavano già loro poca speranza. Addirittura il 67,7% ne avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme» ha scritto Franco Bechis su Il Tempo gettando un’ombra sull’affidabilità delle statistiche con un titolo sibillino “Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l’Iss gran parte dei morti non li ha causati il Covid”.
Credere ai dati di fatto è drammatico per chi è stato parte della narrazione del mainstream che ha predicato il devastante effetto Covid-19 senza specificare, come fatto dal biologo Franco Trinca e dall’avvocati Alessandro Fusillo nelle loro denunce alla Procura della Repubblica per strage di stato, che una delle principali cause dei decessi di persone con o senza patologie sono state le cure domiciliari efficaci ignorate dal governo. Ecco nel dettaglio il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità che certifica il numero dei morti di Covid pari al 2,9 %. Una percentuale che, se diffusa prima, non avrebbe mai giustificato i vaccini obbligatori delle Big Pharma partner del Partito Democratico e nemmeno i contestatissimi Green Pass indispensabili per poter lavorare.
Ma il quotidiano romano non ha scritto la seconda e forse ancor più inquietante parte del rapporto Epicentro dell’Istituto Superiore della Sanità che abbiamo voluto analizzare nel dettaglio. «I risultati qui presentati indicano chiaramente che le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un elevato livello di complessità clinica, significativamente superiore rispetto alle persone che non hanno potuto beneficiare dell’effetto del vaccino a causa di un contagio precoce o perché non hanno neanche iniziato il ciclo vaccinale. È possibile ipotizzare che i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati. Queste persone molto fragili e con una ridotta risposta immunitaria, sono quelle che possono maggiormente beneficiare di una ampia copertura vaccinale dell’intera popolazione in quanto ciò ridurrebbe ulteriormente il rischio di infezione».
Lo leggiamo tradotto in linguaggio semplice con un po’ di buonsenso? I vaccini non servono proprio a quelle persone più fragili esposte al rischio di patologia grave da Covid-19! Ed inoltre non serve ad evitare il contagio.
La teoria dell’istituto Superiore della Sanità in relazione alla cosiddetta immunità di gregge da vaccino è stata però smentita da un’autorevole studio pubblicato dall’Oxford University Research Group in cui è stata rilevata una carica virale tra alcuni operatori sanitari ben 251 volte superiore a quella di un contagiato da Covid-19. Non solo.
Il medico militare Theresa Long responsabile sanitario della 1a Brigata dell’aviazione US Air Force di Fort Rucker ha sostenuto in una perizia giurata che l’immunità naturale è molto più potente e duratura rispetto ai vaccini, i quali espongono soprattutto i giovani ad elevati rischi di Miocarditi o reazioni avverse fatali.
Come avvenuto, secondo i periti giudiziari, per la ragazza ligure Camilla Canepa deceduta per una trombosi compatibile con gli effetti indesiderati del siero genio AstraZeneca. Ecco nel dettaglio il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità.
EPICENTRO – Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia
Il presente report descrive le caratteristiche di 130.468 pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 in Italia dall’inizio della sorveglianza al 5 ottobre 2021 riportati dalla Sorveglianza Integrata COVID-19 coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni (mediana 82, range 0-109, Range InterQuartile-IQR (1° quartile=74; 3° quartile=88)). Le donne decedute sono 56.792 (43,5%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (pazienti deceduti: età mediane 82 anni; pazienti con infezione: età mediana 45 anni).
La figura mostra il numero dei decessi per fascia di età. Solo nella fascia di età ≥90 anni il numero di decessi di sesso femminile è superiore a quelli di sesso maschile. Questo dato è da mettere in relazione al fatto che la popolazione di età ≥90 anni in Italia è costituita per circa il 72% da donne. Complessivamente, le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 85 anni – uomini 80 anni).
Al 5 ottobre 2021 sono 1.601, dei 130.468 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 399 di questi avevano meno di 40 anni (245 uomini e 154 donne con età compresa tra 0 e 39 anni).
La figura successiva mostra l’andamento dell’età media dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 per settimana di calendario, a partire dalla 3° settimana di febbraio 2020 (la data del primo decesso risale al 20 febbraio 2020). L’età media dei decessi settimanali è andata sostanzialmente aumentando fino agli 85 anni (1° settimana di luglio 2020) per poi calare leggermente; un’ulteriore riduzione dell’età media dei decessi è stata rilevata a partire dai mesi di febbraio-marzo 2021 (80 anni nella 2° settimana di febbraio 2021), fino a raggiungere i 72 anni nella 2° settimana di luglio 2021. Questa riduzione nell’età media dei decessi è verosimilmente conseguenza dell’effetto protettivo delle vaccinazioni nella popolazione più anziana cui è stata data priorità nell’ambito del “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2”. Dalla seconda settimana di luglio 2021 l’età media dei decessi è aumentata leggermente restando comunque sotto gli 80 anni. Si segnala che i dati delle ultime settimane di osservazione devono essere consolidati e pertanto potrebbero subire variazioni.
2. Patologie preesistenti in un campione di deceduti
L’istogramma presenta le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione) in un campione di pazienti deceduti. Questo dato è stato ottenuto da 7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Le cartelle cliniche sono inviate all’ISS dagli ospedali secondo tempistiche diverse, compatibilmente con le priorità delle attività svolte negli ospedali stessi. Il campione è quindi di tipo opportunistico, rappresenta solo i decessi in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero, e le Regioni sono rappresentate cercando di conservare una proporzionalità rispetto al numero di decessi. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,7 (mediana 3, Deviazione Standard 2,1). Complessivamente, 230 pazienti (2,9% del campione) presentavano 0 patologie, 902 (11,4%) presentavano 1 patologia, 1.424 (18,0%) presentavano 2 patologie e 5.354 (67,7%) presentavano 3 o più patologie. (continua a leggere…)