Dr. Stefano Scoglio, Ph.D.
Il governo, con il DECRETO-LEGGE 21 settembre 2021, n. 127 (Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di
Screening – GU n.226 del 21-9-2021) ha imposto l’obbligo di presentare la certificazione verde per l’entrata nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
Come spesso accade con questo governo, e come confessato ripetutamente dai suoi ministri, questi decreti legge hanno una funzione molto spesso propagandistica, e l’obbligo viene imposto più attraverso l’informazione distorta e incompleta che per le effettive norme emanate. Questo è il caso dell’applicazione di questo Decreto Green Pass alle aziende fino a 15 dipendenti, dove in realtà il Decreto stabilisce la completa discrezionalità sanzionatoria del datore di lavoro, che però in genere non viene applicata perché i media evitano di fornire tale informazione, mentre i consulenti commerciali e del lavoro, o per incompetenza o per amore del quieto vivere, non fanno nessuna distinzione tra imprese con 15 o più di 15 dipendenti.
Vediamo cosa dice il decreto in proposito. Le imprese private sono trattate all’art 3, che inizia con lo stabilire l’obbligo della certificazione verde anche nei luoghi di lavoro privati. Al comma 4 si stabilisce che
“I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2.”
Il comma 5 stabilisce le modalità di tale obbligo di controllo per i datori di lavoro:
Come si vede, i datori di lavoro sono tenuti a organizzare le verifiche, anche a campione, e solo se possibile, all’ingresso. Questo significa il datore di lavoro può controllare solo 1-2 persone al giorno, e non necessariamente all’ingresso. Va bene, ammettiamo che un dipendente venga colto senza Green Pass, cosa succede? Qui, le strade tra imprese fino a 15 dipendenti e imprese più grandi, si dividono. Al comma 6 si precisano gli obblighi delle imprese più grandi:
Quindi, nelle imprese più grandi, già nel momento stesso in cui venga trovato senza Green Pass, il lavoratore viene immediatamente sospeso, senza conseguenze disciplinari e senza perdere il posto di lavoro. Relativamente alla busta paga, anche qui subentra un elemento di discrezionalità del datore di lavoro, perché il comma dice che “per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento: “non sono dovuti” non significa che è obbligatorio non pagare, ma che il datore di lavoro non è obbligato a pagare, e quindi può, a sua discrezione, pagare o non pagare. E’ chiaro che in una situazione in cui la sospensione è tendenzialmente illimitata, ovvero valida fino al 31 Dicembre e con la possibilità di ulteriori proroghe, in questo caso il datore di lavoro non pagherà. Ma la situazione è complicata anche per il datore di lavoro, che da una parte dovrà sostituire il lavoratore sospeso, magari anche per mesi, e d‘altra parte non potrà licenziarlo e dovrà reintegrarlo dopo il 31 Dicembre. E comunque, il governo lascia agli imprenditori la libertà di pagare o non pagare, e con essa anche la responsabilità per tale scelta. Già da qui si vede la natura di governo vigliacco, che non si assume mai la responsabilità diretta, ma impone obblighi violenti in modo surrettizio e scaricando la responsabilità sui cittadini.
Completamente diversa è la situazione nelle imprese fino a 15 dipendenti. Anche qui, ovviamente, vale la discrezionalità del “non sono dovuti” retribuzione ed emolumenti, ma qui con regole aggiuntive che rendono la discrezionalità del datore di lavoro effettiva:
Quindi, intanto il datore di lavoro deve attendere 5 giorni lavorativi dopo il rilevamento a campione dell’assenza di Green Pass del dipendente. Poi, una volta passati questi 5 gg, il datore di lavoro PUÒ sospendere il lavoratore per un massimo di 10 gg. Quindi, la decisione di sostituire e non pagare per quei 10 gg è totalmente a carico del datore di lavoro, che può benissimo rilevare la mancanza di Green Pass per 5 giorni consecutivi ma decidere di NON sospendere il dipendente. Essendo nella sua facoltà, se decide di non sospendere, il datore di lavoro non commette nessuna infrazione.
Uno si chiede: ma che senso ha imporre un “obbligo con sanzionamento discrezionale”? Ha due motivazioni principali. In questo modo, la responsabilità è scaricata tutta sull’imprenditore, e se un dipendente danneggiato facesse causa per danni, data la discrezionalità stabilita dalla norma, a risponderne sarebbe solo il datore di lavoro; e dato che la stragrande maggioranza delle imprese è quella delle piccole imprese fino a 15 dipendenti, in questo modo il governo si scarica di ogni responsabilità in rapporto a una fetta molto sostanziosa delle popolazione. Inoltre, le piccole imprese sono anche quelle dove lo Stato ha meno controllo, e che hanno meno risorse per far fronte a un’eventuale azione legale, e nel progetto di far fuori le piccole-medie imprese, che è al centro del Grande Reset messo in atto con la pseudo-pandemia, anche questo non guasta.
Il governo poi fa affidamento sul pieno controllo dell’informazione: non facendo circolare l’informazione sulle piena discrezionalità dei datori di lavoro nelle imprese fino a 15 dipendenti, notizia accuratamente oscurata da tutti i media, il governo sa che la norma verrà recepita come obbligo assoluto anche da parte dei piccoli datori di lavoro, come in effetti sta avvenendo. Ecco perché diventa importante far circolare questa informazione il più ampiamente possibile.
In questo modo il governo riesce a imporre un obbligo senza veramente imporlo, e dunque senza doverne rispondere. L’idea stessa del green pass gioca su questa doppiezza: non esiste nessun obbligo vaccinale, perché tu se libero di farti i tamponi ogni 2 giorni! E così, l’obbligo di vaccinazione viene affermato attraverso il ricatto, ma senza assunzione diretta di responsabilità da parte del governo.
Qui occorre segnalare anche l’emergere di un modo di governare assolutamente al di fuori del dettato costituzionale. Da nessuna parte nella Costituzione si attribuisce un ruolo di governo ai media, nonostante già Orson Wells avesse parlato dei media come Quarto Potere. Ed è vero che i media hanno sempre giocato un ruolo centrale nella formazione dell’opinione pubblica, e dunque hanno sempre svolto un ruolo nella formazione della volontà politica (è noto la trasmissione di Vespa sia stata definita come la Terza Camera). Tuttavia, si è sempre trattato di un modo indiretto, che passava attraverso la formazione dell’opinione pubblica, ma che non era divenuta parte integrante della formazione diretta delle norme legislative.
Con questo governo, i media, la TV e i giornali, sono diventati una componente diretta del governo del paese. Quando Brunetta ha parlato dell’efficacia della norma sul green pass come basata sull’Effetto Annuncio, ha di fatto cooptato i media nell’azione diretta del governo. E’ grazie a questo nuovo ruolo direttamente governativo dei media che Draghi può scrivere leggi che non impongono veramente obblighi (cosa difficile per pseudo-vaccini che sono ancora sperimentali), ma che diventano obblighi di fatto tramite la comunicazione mediatica di tali leggi. Non è un caso: il governo, come ha specificato Brunetta, esprime l’efficacia delle sue norme attraverso “l’annuncio”, e tale annuncio è gestito dai media. Così, la norma lascia agli imprenditori discrezionalità sull’applicazione delle sanzioni; ma il governo non comunica in nessun modo l’esistenza di tale discrezionalità, e lascia i (se non suggerisce ai) media di comunicare le norme al pubblico come se tale discrezionalità non esistesse. E’ dunque il combinato di legiferazione governativa più comunicazione mediatica al pubblico di tale norma che costituisce la reale efficacia della norma, imponendo un obbligo di fatto su cui però il governo si scarica da ogni responsabilità.
Vero, queste sono questioni che dovrebbero riguardare più la Corte Costituzionale, dato che qui si è verificata una rottura senza precedenti del dettato costituzionale. Purtroppo sappiamo che la Corte Costituzionale non risponde più alla Costituzione, ma ad altri. E quando
anche l’ultima garanzia di giustizia viene meno, al popolo non resta che ribellarsi, e sono la Costituzione stessa e il diritto naturale che lo richiedono.