Articolo a cura di Armando Savini
Cosa hanno in comune Enemy of the State (1998), The Matrix (1999), The Sixth Day (2000), Blade Runner (1982), Blade Runner 2049 (2017), The Titan (2018) e tante altre pellicole di Hollywood? Forse lo stampo “made in USA” o qualcos’altro? Quale è il messaggio nascosto sotto ampli strati di effetti speciali che i registi vogliono diffondere? Si tratta di visioni profetiche o, semplicemente, di qualche fuga di notizie se non addirittura di appositi segnali che i portavoce delle élite mandano al mondo carsico delle associazioni segrete, facendo il punto della situazione sull’attuazione di uno specifico programma?
Il film diretto da Tony Scott Enemy of the State ci immerge in una società dove per ragioni di sicurezza nazionale il Congresso degli Stati Uniti cerca di far passare una legge che estende in maniera capillare il potere di sorveglianza sugli individui da parte delle Agenzie di Intelligence, annientando ogni diritto alla privacy. Lo Stato ingaggia una guerra subdola contro i nemici dello Stato, chiunque, cioè, si opponga al disegno di legge e metta in pericolo la sofisticata struttura militare di sorveglianza. Tre anni più tardi, il presidente George W. Bush ratifica lo USA PATRIOT Act (Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act), con cui vengono fortemente amplificati i poteri di polizia e dei servizi segreti, ridimensionando lo spettro del diritto alla privacy.
Le pellicole di The Sixth Day e Blade Runner ci mostrano un mondo in cui la clonazione umana e la produzione di subumani è già una realtà consolidata ma non priva di serie conseguenze. Esiste una tecnologia top secret che permette la clonazione umana e il trasferimento delle conoscenze e della memoria da un cervello all’altro. In questo modo è possibile allungare la vita di un individuo oltre i limiti naturali come quella del miliardario Michael Drucker, proprietario della società di clonazione Replacement Technologies, oppure sostituire l’originale Adam (Schwarzenegger) con un suo clone. Un elemento narrativo degno di attenzione riguarda la progettazione di cloni umani con malattie mortali per controllare la loro vita e la loro attività, evitando tradimenti o insurrezioni. Questo elemento di controllo lo ritroviamo anche nel film di Ridley Scott Blade Runner. È proprio a causa di questo limite che alcuni replicanti fuggiti dalle colonie extraterrestri e guidati dal Nexus-6 Roy Batty vanno alla ricerca del loro creatore, perché modifichi le leggi della biomeccanica e allunghi loro la vita. Ma i replicanti sono cyborg creati per servire l’uomo e, dunque, con una vita a tempo e incapaci di riprodursi, perché non prendano il sopravvento sulla razza umana. Nel sequel Blade Runner 2049, dieci anni dopo il grande Blackout del 2022 (causato dal campo elettromagnetico indotto da un missile nucleare che esplode sopra Los Angeles) e la crisi della Tyrell Corporation, la Wallace Industries assume il monopolio del settore bioingegneristico, producendo colture sintetiche per scongiurare la carestia e creando nuovi replicanti da inserire nella vita civile più obbedienti rispetto ai vecchi modelli Nexus. La scoperta di alcune ossa di una donna morta di parto con inciso un numero di serie svelano il grande segreto: una replicante Nexus è stata in grado di riprodursi. La polizia, quindi, decide di rimuovere ogni traccia del caso per non destabilizzare la supremazia umana. Il fatto che una replicante possa riprodursi significa che questi non sono dei semplici schiavi ma artefici del loro stesso destino, padroni di loro stessi, della loro stessa specie, «più umani degli umani».
The Titan è una narrazione distopica sul futuro della specie umana all’insegna del transumanesimo. L’umanità, non trovando più spazio sulla Terra, è costretta a migrare nello spazio in cerca di un pianeta in grado di ospitare parte della popolazione mondiale. Questo presuppone, però, un adattamento al nuovo ambiente e, quindi, una evoluzione genetica forzata degli umani, che passano così da Homo sapiens sapiens a Homo Titaniens, la specie evoluta in grado di sopravvivere su Titano. La modifica genetica prevede l’infusione del DNA di molti animali e non risparmia i militari coinvolti e ignari da gravi danni e dalla morte. Uno solo sopravvive, sviluppando capacità sovrumane e ali di pipistrello. Il film si conclude con l’immagine di uomo nuovo, dalle sembianze poco umane e privo di apparato riproduttivo, che domina Titano, lanciandosi da un’altura e planando sulle acque grazie alle sue ali, mentre la moglie sulla terra tutta sorridente e felice abbraccia suo figlio, volgendo lo sguardo verso il grande satellite di Saturno.
Il film The Matrix fa da spartiacque e mette in scena la fase in cui l’umanità potrebbe cedere alla tecnologia fino ad esserne completamente catturata. Matrix è una realtà interconnessa, un Internet of Emotions che va oltre l’Internet of Bodies (vedi QUI), dove gli umani sono un tutt’uno con le macchine governate dagli algoritmi che controllano il mondo. Il mondo reale si riduce ad «una proiezione mentale del proprio sé digitale», a un insieme di «semplici segnali elettrici interpretati dal cervello», dove ciò che è reale e ciò che è semplicemente percepito come tale sono la stessa cosa. Questo fa sì che «solo una crisi – reale o percepita – produce un vero cambiamento» e che «quando avviene quella crisi, le azioni intraprese dipendono dalle idee in circolazione … finché il politicamente impossibile diventi politicamente inevitabile» (M. Friedman, Capitalism and Freedom). La realtà odierna è una proiezione posta da un sistema di controllo totalizzante, una matrice onnipresente, «un mondo posto davanti ai tuoi occhi per impedirti di vedere la verità». Quando Neo chiede: «Quale verità?», Morpheus risponde: «Che tu sei uno schiavo. Come tutti gli altri sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore, una prigione per la tua mente». Ecco che cosa è Matrix: una prigione per la mente, dove ciò che è distopico diventa reale e il reale diventa distopico, al punto da non poter più reperire alcun termine di paragone per distinguere l’uno dall’altro.
Dopo aver fatto l’esperienza del proprio sé nel mondo reale, Neo ritorna nella matrice per incontrare l’Oracolo. Mentre si trova in una sala d’aspetto, scorge un bambino che piega un cucchiaio con la sola forza della mente e, poi, lo invita a fare lo stesso: «Non cercare di piegare il cucchiaio. È impossibile. Cerca invece di fare l’unica cosa saggia: giungere alla verità». «Quale verità?» chiede Neo. Ecco la risposta: «Il cucchiaio non esiste. Allora ti accorgerai che non è il cucchiaio a piegarsi ma sei tu stesso». Dopodiché Neo entra nella cucina dell’Oracolo, passando sotto un arco su cui spicca l’antica sentenza TEMET NOSCE, cioè, «conosci te stesso». Per conoscere la realtà è necessario prendere coscienza di sé indipendentemente dal contesto in cui viviamo. Solo così possiamo sviluppare una mente critica capace di mettere in discussione ciò che è intorno a noi ed arrivare alla verità. Sant’Agostino scriveva: «Riconosci quindi in cosa consista la suprema armonia: non uscire fuori di te, ritorna in te stesso (noli foras ire, in te ipsum redi): la verità abita nell’uomo interiore e, se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso. Ma ricordati, quando trascendi te stesso, che trascendi l’anima razionale: tendi, pertanto, là dove si accende il lume stesso della ragione. A che cosa perviene infatti chi sa ben usare la ragione, se non alla verità? Non è la verità che perviene a se stessa con il ragionamento, ma è essa che cercano quanti usano la ragione. Vedi in ciò un’armonia insuperabile e fa’ in modo di essere in accordo con essa. Confessa di non essere tu ciò che è la verità, poiché essa non cerca se stessa; tu invece sei giunto ad essa non già passando da un luogo all’altro, ma cercandola con la disposizione della mente, in modo che l’uomo interiore potesse congiungersi con ciò che abita in lui non nel basso piacere della carne, ma in quello supremo dello spirito» (De Vera Religione, 39.72).Se caliamo i personaggi e le categorie dei film nella nostra realtà non sarà così difficile capire che le condizioni dei replicanti o dell’umanità schiavizzata dalla Matrix hanno qualcosa a che fare con l’attuale contesto socio-politico e economico e, soprattutto, con le aspirazioni di quella parte dell’umanità (la quasi totalità) che dalle élite è considerata di troppo e di poco conto, alla stregua di sottouomini o, peggio, di topi da laboratorio. Partire dal presupposto che ciò che ci viene posto davanti agli occhi dai media non è reale, non esiste, è condizione necessaria ma non sufficiente per giungere alla verità. È indispensabile porsi domande senza aver paura di mettere in discussione le proprie certezze: seguire «il lume stesso della ragione» ovunque esso porti. Per piegare il cucchiaio, per riprendere il controllo della nostra vita, bisogna capire che il cucchiaio non esiste. Il cucchiaio non potrebbe forse essere una pandemia, una crisi ecologica, il terrorismo transnazionale o il problema della povertà nel mondo? Se capiremo che il cucchiaio non esiste, allora il mondo distopico intorno a noi improvvisamente cadrà in frantumi. Diversamente potremmo entrare in una prigione per la mente sempre più serrata, dove i margini del pensiero critico si ridurranno fino all’esaurimento di qualsiasi voce dissonante dal coro del politically correct. A quel punto, le sceneggiature si snoderebbero velocemente e inarrestabilmente verso il loro e il nostro epilogo.