di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
«I pezzi grossi diretti in Scozia per il vertice sul clima COP26 – che miravano a salvare il pianeta dai gas serra – genereranno emissioni fuori misura impiegando jet privati per il viaggio. Più di 400 jet privati che trasportano politici e dirigenti d’azienda alla conferenza di questa settimana emetteranno 13.000 tonnellate di anidride carbonica, superando le emissioni medie di 1.600 scozzesi per un anno intero, secondo una stima del Sunday Mail del Regno Unito».
Lo fece notare un intelligente reportage di DataBase Italia. Dopo quindici giorni di discussioni possiamo tirare le somme di una telenovela abbastanza disgustosa che ci costringe a dare ragione alla caustica sintesi di Greta Thunberg. “Bla, bla, bla”.
Nulla di fatto nelle stanze dei potenti che fanno a gara a testimoniare al mondo la loro umanità e la loro sensibilità verso il destino del pianeta ma per poter salvaguardare gli enormi interessi economici e geopolitici in gioco non sono nemmeno capaci a stendere i binari di una rotaia entro la quale far avanzare il progresso senza distruggere la terra e l’umanità intera.
Il basso profilo di questa telenovela rievoca il titolo di una divenuta una ventina di anni fa: “Anche i ricchi piangono”. Lo scriviamo in omaggio al nuovo candidato all’Oscar delle Farse come attore protagonista, il presidente della Cop26 di Glasgow, Alok Sharma che, invece di sbattere la porta e fuggire per salvare la sua onorabilità diplomatica, ha pianto in diretta dopo essere stato costretto a cambiare il “copione”: niente condanna per il carbone, solo riduzione a partire dai prossimi 9 anni… Troppi interessi tra Occidente e India!
Sharma è stato nominato Segretario di Stato per le imprese, l’energia e la strategia industriale il 13 febbraio 2020 del Regno Unito, prima di essere designato quale presidente della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) del 2021. Per assumere a tempo pieno il nuovo incarico ha lasciato le sue deleghe ma non il suo incarico all’interno del Gabinetto dei Ministri inglese.
Ma va ricordato che proprio la Gran Bretagna ha però impedito l’accertamento della verità in una delle più inquietanti vicende della storia diplomatica nell’Onu in qualche modo connessa alle risorse del pianeta.
E’ stata infatti l’intelligence britannica ad opporsi alla desecretazione degli atti sul disastro aereo in cui morì il segretario generale Dag Hammarskjold (vittima di un presunto attentato con altri funzionari delle Nazioni Unite) mentre si stava recando in Congo per una mediazione politica sugli interessi minerari.
E’ vergognoso che durante una chiacchierata internazionale di buoni auspici, senza peraltro alcun vincolo coercitivo per le nazioni che disattenderanno il piano di riduzione dell’effetto serra, i paesi ricchi occidentali come USA, Regno Unito ed Unione Europea, ogni giorno alla ricerca del predominio geopolitico e militare, non siano stati minimamente capaci di impegnare le altre nazioni quali l’India ad un progetto di lunga scadenza, nemmeno vincolante sul fronte dei diritti internazionali.
Va infatti ricordato che anche le più energiche risoluzioni ONU, come quella sul rilascio del Golan da parte dell’esercito di Israele o dell’embargo sull’importazione di armi nello Yemen, sono quotidianamente disattese senza la benché minima conseguenza.
Ma è ancor più disgustoso che durante tutte queste lunghe, laboriose ed ipocrite trattative sia invece sparito l’unico progetto di reale portata umana: i contributi ai paesi poveri per i danni causati dalle emergenze climatiche (I dettagli nell’articolo sotto).
D’altronde questi stessi potenti dalla lacrimuccia e commozione facile stanno sperimentando sieri genici antiCovidanche sui bambini di 5 anni che non sono minimamente esposti ai rischi più gravi dell’infezione SARS-Cov-2… E stanno consentendo tutto ciò nonostante continuino ad emergere macroscopici conflitti d’interessi all’insegna di una speculazione colossale con le Big Pharma dei vaccini.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
da RAI News
La Cop26 di Glasgow si chiude con un’intesa sull’impegno internazionale contro l’emergenza climatica, ma indebolita dal blitz finale dell’India, benedetto dalla Cina, sul carbone. Nel ‘Glasgow climate pact’ resta però “vivo” l’impegno per mantenere l’aumento globale della temperatura media globale entro +1,5 gradi come soglia massima a fine secolo, anche se “ammaccato”. In generale nell’accordo finale resta un impegno per tagli alle emissioni del 45% al 2030 sui livelli del 2010, puntando a zero emissioni nette intorno alla metà del secolo, una formula ritenuta da molti troppo vaga.
Gli impegni dei vari paesi riuniti al summit in Scozia, però, secondo le stime più ottimistiche consentono un +1,8 gradi e secondo le più severe, come quelle del Climate Action Tracker, un +2,4 gradi (sempre se gli impegni verranno davvero mantenuti. Alla Cop21 di Parigi, della quale la Cop26 puntava a “scrivere le regole”, nel 2015 si decise di rimanere “entro +2 gradi puntando a +1,5 gradi”. C’è ancora molto da fare, e tutti i 197 paesi riuniti hanno convenuto di ritrovarsi il prossimo anno a un tavolo negoziale per riesaminare i propri piani nazionali – gli Ndc, Nationally determined contributions, i contributi determinati a livello nazionale per il taglio delle emissioni ‘figli’ dell’Accordo di Parigi di 6 anni fa – con l’intenzione di aumentare la propria ambizione. La differenza in positivo è che l’intesa della Cop21 prevedeva una revisione ogni 5 anni, quella del 2020 era saltata causa pandemia, la prossima sarebbe dovuta avvenire nel 2025, avrà invece luogo nel 2022.
Pesa assenza impegni chiari su fondo a paesi più vulnerabili
Pesa l’assenza di impegni chiari per il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno ai paesi più vulnerabili da istituire entro il 2020, deciso alla Cop15 del 2009 e confermato dall’Accordo di Parigi della Cop21 del 2015, sul tema si rimanda a riunioni ministeriali. Criticato anche, soprattutto dai paesi più fragili, il mancato accordo per un fondo di ‘loss and damage’ per aiutare i paesi più poveri ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico. Da questo punto di vista c’è stato un compromesso per un “dialogo” a cadenza annuale da qui al 2024 su come raggiungere un accordo.
Non si è raggiunta intesa sullo stop al carbone
Non si è raggiunta l’intesa sullo stop al carbone: infatti, quando l’accordo è stato messo al voto alla plenaria, per il necessario ok unanime dei 197 paesi riuniti, c’è stato il ‘colpaccio’ dell’India che con un intervento dell’ultimo minuto ha chiesto e ottenuto, a tempo scaduto di cambiare il testo da “coal phase out”, cioè abbandono, a “coal phase down”, cioè riduzione, per lo sconforto di Alok Sharma, presidente della Cop26.
Positiva intesa tra Cina e Stati Uniti
Positiva, però, l’intesa a sorpresa, e di grande valore strategico, tra Cina e Stati uniti, con l’inviato di Pechino Xie Zenhua che ha dichiarato di voler collaborare con Washington “per affrontare una emergenza che mette a rischio la nostra stessa esistenza” e quello dell’amministrazione Biden John Kerry che pur riconoscendo che con il gigante asiatico “ci sono differenze” sottolinea come “sul clima dobbiamo agire nella stessa direzione”.
Bene anche accordi su deforestazione
Bene anche gli accordi sullo stop alla deforestazione entro il 2030, sull’impegno di 105 paesi (ma senza Cina, Russia e Australia) per la riduzione delle emissioni di metano del 30% entro il 2030 e sullo stop agli investimenti sui combustibili fossili all’estero. Impegni che saranno verificati alla Cop27 di Sharm el Sheik in Egitto del prossimo anno. Per quanto possa sembrare strano, un risultato significativo dell’accordo è la menzione esplicita della necessità di intervenire sui “combustibili fossili inefficaci”, visto che nell’accordo di Parigi i termini “carbone”, “petrolio”, “gas” e “combustibili fossili” non venivano esplicitamente citati.
Sharma: “Accordo storico. India e Cina devono spiegazioni a paesi vulnerabili”
La Cina e l’India dovranno dare spiegazioni alle nazioni vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici, ha affermato il presidente della Cop26 Alok Sharma, che ieri sera ha dovuto cambiare all’ultimo minuto il documento finale della conferenza per perdere l’unanimità dopo la richiesta indiana sul carbone. Ma Sharma ha anche insistito sul fatto che l’accordo sia “storico” perché “mantiene 1,5 gradi a portata di mano”. E malgrado il ridimensionamento voluto da India e Cina, è il primo accordo sul clima in assoluto che prevede esplicitamente di ridurre il carbone. Sharma, intervistato per l’Andrew Marr Show di Bbc One, ha affermato che l’accordo raggiunto nel patto sul clima di Glasgow è stato una “vittoria fragile” Ieri sera, costretto alla modifica del testo per salvare l’accordo, il presidente della Cop26 si è come bloccato per un momento e con voce tremante ha chiesto scusa. “Ma come ho detto, in relazione a quanto accaduto ieri, Cina e India dovranno dare spiegazioni riguardo cosa hanno fatto ai paesi più vulnerabili al clima del mondo”, ha affermato oggi.
Johnson: “C’è ancora molto da fare”
“C’e’ ancora molto da fare negli anni a venire”, ha dichiarato il premier britannico Boris Johnson, capo del Paese che ha ospitato la conferenza. “Ma l’accordo è un grande passo avanti”, ha commentato. “E ciò che è importante è che abbiamo il primo accordo internazionale in assoluto per ridurre l’uso del carbone e un piano per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi” in più rispetto all’era preindustriale”. L’accordo raggiunto alla Cop26 di Glasgow è “davvero storico” ed è il “tipo di accordo svolta che il mondo aveva bisogno di vedere”. Così il premier britannico, Boris Johnson, nella conferenza stampa all’indomani della conclusione del summit Onu sul clima, che si è tenuto in Scozia. Nonostante il cambiamento dell’ultimo minuto del testo finale della Cop26, che ha sostituito la formula che parlava di “abbandono graduale” del carbone con “riduzione graduale” del carbone, questo è un “risultato fantastico” e la conferenza ha “suonato la campana a morto per l’energia a carbone” ha detto Boris Johnson. Johnson ha ammesso che le conclusioni sono “venate di delusione” per quanto riguarda la sostituzione del termine ‘eliminazione’ con ‘riduzione’ del carbone. Ma, ha sottolineato il premier britannico “noi possiamo fare pressioni, possiamo blandire, incoraggiare, ma non possiamo costringere nazioni sovrane a fare quello che non vogliono fare… alla fine la decisione è la loro… purtroppo è la natura della diplomazia’.
Von der Leyen: Cop26 “ha mantenuto vivi gli obiettivi dell’accordo di Parigi”
Cop26 “ha mantenuto vivi gli obiettivi dell’accordo di Parigi”, dandoci la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius”, ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Abbiamo compiuto progressi nel raggiungimento dei tre obiettivi che ci siamo prefissati all’inizio della Cop26” e “questo ci rende fiduciosi di poter fornire all’umanità uno spazio sicuro e prospero su questo pianeta. Ma non è così – ha aggiunto – non ci sarà tempo da perdere: ci aspetta ancora un duro lavoro”.
Cingolani: “Compromesso è parte del mestiere”
“Non è un compromesso annacquato, dovevamo portare a bordo tutto il mondo, più di 195 Paesi, con un accordo che doveva tenere la barra a +1,5 gradi il riscaldamento globale e non a +2 gradi”, ha detto il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a Rainews24, “India e Cina hanno posto sostanzialmente un veto, hanno chiesto un alleggerimento di una condizione che, posso garantire, è abbastanza marginale, però questo ci ha consentito di averli a bordo nella Cop che adesso ha sancito le regole di trasparenza e implementazione per quello che faremo nei prossimi anni”. Ciò detto, “non sono soddisfattissimo”, ha aggiunto, ma “mi rendo conto che con queste dimensioni a questi livelli, purtroppo il compromesso è parte del mestiere. Qui non si tratta di tecnica, ma di diplomazia”.
Wwf: “Cop26 si è conclusa con decisioni deboli”
Per il Wwf la Cop26 si è conclusa “con decisioni deboli in una serie di aree importanti, tra cui l’adattamento, il cosiddetto Loss and Damage (perdite e danni) e la finanza climatica” ma “nel testo ci sono degli appigli significativi che i paesi possono sfruttare per aumentare le proprie ambizioni climatiche a breve termine e per implementare politiche climatiche vincolanti”. Però l’accordo “per la prima volta menziona i sussidi ai combustibili fossili in un testo finale approvato”, riconosce l’associazione del Panda, e “questo è un elemento importante, così come il riconoscimento della necessità di accelerare gli investimenti in energia pulita, garantendo allo stesso tempo una giusta transizione”.
Greenpeace: “E’ un accordo debole e manca di coraggio”
Secondo Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International, quello di Glasgow “è un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro?”.
Greta Thunberg: “Cop26 è finita. Ecco un breve riassunto Bla, bla, bla”
Severo, come era facile immaginare, il giudizio di Greta Thunberg: “La Cop26 è finita. Ecco un breve riassunto: Bla, bla, bla. Ma il vero lavoro continua fuori da questi saloni. E noi non ci arrenderemo mai, mai”, ha scritto su Twitter.
The #COP26 is over. Here’s a brief summary: Blah, blah, blah.
— Greta Thunberg (@GretaThunberg) November 13, 2021
But the real work continues outside these halls. And we will never give up, ever. https://t.co/EOne9OogiR
FONTE: RAI NEWS