RESISTENZA NON RESILIENZA. IL GIOCO DELLA VITA

Ci stanno togliendo tutto. Ma è proprio così? Apparentemente, e solo apparentemente. Cerchiamo soluzioni, ondeggiamo nel mare nero e sempre più restiamo a galla. Siamo all’interno di una scacchiera in cui come esuli di questo mondo, ci muoviamo evitando di essere sbranati e ci stiamo riuscendo. Per quanto difficile possa essere, stiamo praticando un gioco di maestria, non c’è dubbio e questo va riconosciuto a tutte le menti ed i cuori che ormai vengono definiti come non allineati.

Siamo noi la variante! Immaginate l’ormai obsoleto video gioco Pac- Man, ebbene noi siamo quella vorace pallina sferica che deve sfuggire ai fantasmi che la vogliono ‘toccare’ per rubargli vite. Immaginate che le griglie di divisione dove la lineare azione si compie, vengano regolarmente spezzate. Tutto il quadro impazzisce. Noi stiamo facendo ammattire il sistema tecno-alienante messo in atto. Rompiamo le righe. Siamo un dannato virus che riesce, nonostante tutto, a restare in vita, ad incrinare le regole, a rodere la linearità del gioco. Sgangherati, folli, inopportuni, cancellati e vilipesi, procediamo come onda contro rocce d’ossidiana nera, apparentemente infrangibili. Eppure ci temono. Noi siamo le variabili che possono distruggere l’intero quadro! Siamo un germoglio libero. Abbiamo appreso la resistenza. Non siamo resilienti. Tale concetto comporta l’accettare ogni imposizione e la capacità di adattarvisi. È passato anche quel tempo. Questa dittatura dichiarata non merita il nostro adattamento ma teme la rivoluzione, il rigore assoluto nel dire no, la spavalderia dell’essere nel giusto. Pochi, siamo pochissimi ma degni di nota. Vi è giustappunto un film, a mio parere sottovalutato ingiustamente che ci mostra ciò che accade e la lucidità che mettiamo nel combattere questa guerra impari. Era il 1997 ed un ottimo Gabriele Salvatores dirigeva Nirvana. Il contesto è quello di un futuro prossimo e fumoso. Molte le scene evocative ed una in particolare che molto aggiunge all’analisi qui esposta. Un convincente Diego Abatantuono (Solo), da protagonista principale di un videogioco, di prossima uscita, ne diviene il virus, un virus con coscienza e consapevolezza. Ora lui sa che fa parte di una creazione fittizia e che ogni mossa che attua, è possibile solo in funzione dei ‘quadri’ creati dal programmatore Jimi. Ha quindi capito di essere in trappola, come in una ruota per criceti e vuole essere annullato-liberato. Lo schema si ripete costantemente e sembra intrappolarlo, ma lui ora sa di esistere solo virtualmente. In una delle scene più significative del film, il virus, nei panni di Abatantuono, contatta Maria, prostituta interpretata da Amanda Sandrelli che ignara di essere una creazione fittizia, non vuole percepire l’evidenza svelatale. Siamo in una stanza, Abatantuono-Solo la invita a vedere cosa c’è nell’armadio. Lei non ne ha alcuna voglia, dice che le sembra una cosa stupida. Lui la spinge ironicamente a guardare all’interno e apre le ante. Dietro i vestiti vi è la Matrix svelata, il circuito elettronico, i bit che corrono lungo le linee di informazione. Solo dice a Maria: «Il nostro mondo finisce qua, siamo come due pesci in un acquario. Loro ci fanno credere che sia il mare, ma invece…». E quando Solo pronuncia la parola ‘gioco’, e la speranza che venga cancellato da Jimi – il programmatore creatore del falso mondo illusorio – sul volto di Maria appare un velo di tristezza. D’improvviso, come se quell’attimo di consapevolezza – peso troppo grande da affrontare – fosse già svanito, lei inizia ad elencare le faccende quotidiane che deve svolgere; le distrazioni che la portano lontana dalla rottura degli schemi. Maria non vuole vedere e questo è il destino dei molti. Solo le dice: «Non dire cazzate, non puoi dire di non averlo visto». Ma lei lo incalza negando l’evidenza, dicendogli che possono farti apparire reali, cose che non lo sono. «E chi me lo dice che quello che ho visto è vero? » dice. «È tutto vero Maria, è la tua vita che è falsa», gli risponde Solo. Il dialogo, si conclude con Maria che pronuncia una frase che possiamo attribuire a tutti quelli che non riescono più a liberarsi da questa simulazione: «ma perché mi fai questo? Lasciami stare, ti prego».

Ancora una volta ci troviamo di fronte a tracce dense di significato in film che previde, con questo dialogo, il futuro prossimo, ovvero il nostro presente. Appare curioso ma possiamo pensare che indicazioni, messaggi consci o inconsci, siano disseminati qua e là e per chi riesce a vedere, siano dichiarazioni chiare di ciò che attraversiamo in questo tempo.

Siamo come Solo, protagonisti consapevoli di un gioco che abbiamo compreso e di cui ci stiamo liberando uscendo dallo schema e tornando ad essere liberi. Per questo ci temono anche se siamo solo uno sparuto gruppo di uomini e donne. Ma le linee della prigione sono state erose, le cancellate incrinate e rotte. Siamo la variante impazzita che inficerà la buona riuscita della loro simulazione dannato. Ebbene, per usare un’altra immagine che si addice all’operato che portiamo avanti: siamo pirati, non corsari, non bucanieri. Siamo senza padroni ormai. Un’onda anomala. Abbiamo deciso di partecipare ad un altro gioco. In sanscrito vi è un termine: LILA, ovvero avventura-gioco divino della vita. Ne parlarono i saggi indù oltre duemila anni fa. Tale gioco ci invita a lavorare sulla nostra coscienza e ci dona la chiave per accedere ad una consapevolezza superiore. Lo scopo è quello di aiutare il giocatore ad abbandonare i ruoli menzogneri e voluti dalla Matrix per arrivare a rendersi conto che in realtà queste identificazioni sono solo delle forme esteriori ed illusorie. In questa forma di gioco-avventura non c’è paura né ansia ma la manifestazione di un atto creativo di beautitudine, pienezza e libertà che su piano terreno conduce alla vera vita che non prevede prigioni, lacci, né oscuri padroni.

Valentina. Ferranti