da Porto X
Ciò che accade accade.
Nella nostra vita intima e intorno a noi, ciò che accade accade.
E ciò che accade possiamo saperlo o meno non fa differenza. Accade comunque.
Ma in noi, l’informazione di un fenomeno che accade la differenza la fa eccome.
Eppure la nostra esistenza continuerebbe a scorrere anche senza sapere.
La differenza è che queste due dimensioni, ciò che accade e la nostra esistenza, procedono comunque indipendentemente l’una dall’altra.
L’informazione circa un fenomeno in atto può anche lasciarci indifferenti, certo, ed essere per noi irrilevante. Basta mettere la testa sotto la sabbia. In quel caso occorre solo fare attenzione però al fatto che il culo è rimasto fuori, in balia degli eventi da cui stiamo scappando con la nostra rassicurante “deprivazione sensoriale”.
La differenza vera, concreta, inizia a farsi dal momento che, messi al corrente di ciò che accade, sorge una reazione. Una reazione intima, interiore, certo. Ma una reazione intima e interiore non basta se resta là, nel mondo interiore palesandosi solo sotto forma di indignazione, rabbia, sconforto, frustrazione, eccetera.
La reazione intima o interiore può essere tutto e niente se non si traduce in azione concreta intorno a noi, nel mondo, nell’Universo. Proprio come il gatto di Schrödinger chiuso nella scatola: è vivo e morto contemporaneamente finché non si apre la scatola facendo sì che la realtà “collassi” in una delle due possibilità: gatto vivo o gatto morto.
Ma credo che, aprendo la scatola del nostro gatto emotivo, un’azione diretta contro ciò che ci indigna sia relativamente poco funzionale. Si schianterebbe contro qualsiasi azione contraria più forte della nostra.
Ma un’azione rivolta altrove?
Un’azione rivolta altrove cosa potrebbe materializzare, e quali conseguenze potrebbe provocare? Per rispondere bisogna intendersi sul significato di “altrove”.
L’Altrove è un luogo (fisico, mentale, spirituale, sentimentale, eccetera) altro rispetto a cui si è. Ma non solo. L’Altrove, inteso come meta della nostra azione in reazione ad una azione esterna ritenuta ingiusta e violenta, è tutto ciò che esiste di tangibile e di sottile al di là di quella miserrima porzioncina di esistenza da cui deriva l’azione violenta a cui sentiamo di rispondere. Lo so, quest’ultima frase è di un contorsionismo concettuale tale da richiederne una rilettura. Perfetto, rileggetela pure, per semplicità ve la riscrivo qua: L’Altrove, inteso come meta della nostra azione in reazione ad una azione esterna ritenuta ingiusta e violenta, è tutto ciò che esiste di tangibile e di sottile al di là di quella miserrima porzioncina di esistenza da cui deriva l’azione violenta a cui sentiamo di rispondere. E se ancora non basta, rileggetelo ancora.
Cosa voglio dire…
Lasciar andare ciò che è marcio per focalizzare tutta l’attenzione verso ciò che al di là di quel marcio si può sviluppare e contribuire a far fiorire. Siamo così abituati ormai a consumare la nostra essenza quotidianamente nel commentare notizie, nell’indignarci per l’ingiustizia sociale e politica sempre più imperante, nello sbigottirci di fronte all’atteggiamento di un popolo sempre più cieco e asservito nonostante l’evidenza eclatante di ciò che sta accadendo. Lo abbiamo sempre fatto, ed ora che viviamo questa distopica realtà siamo portati a farlo ancora di più. E quando non sono i fattori esterni, politici, sociali, economici, sanitari, eccetera, particolarmente coinvolgenti (soggettivamente parlando), lo facciamo rispetto a ciò che appartiene alla nostra cerchia più prossima e ristretta: ci lamentiamo del partner che non ci capisce, dei figli che non capiamo, dei parenti prepotenti, degli amici che ci abbandonano, dei vicini che disturbano, del commerciante truffaldino, della bolletta e della multa, è così via… e allora? Anche qualora avessimo ragione, anche qualora questa rabbia, questa indignazione, questa frustrazione fosse ben riposta e motivata? E allora? Cosa abbiamo ottenuto se non alimentare in noi, in ogni caso, angoscia e timore per ciò che ci attende? E angoscia e timore compongono il più tossico dei veleni: la paura. Perché è la paura a guidare il nostro agire, a generare le nostre intenzioni, ad alimentare le nostre scelte. Dall’altra parte c’è l’amore.
Biochimicamente è sorprendente il fatto che ossitocina(conosciuta come “l’ormone dell’amore”) e vasopressina(“l’ormone della paura”) siano secrete dalla stessa ghiandola, la neuroipofisi. È interessante perché questa ghiandola non può produrre contemporaneamente entrambi gli aminoacidi ma o l’uno o l’altro. Vale a dire che, più mi alleno a far sì che in me si generi paura meno spazio c’è per l’amore, e viceversa, più mi metto in condizione di far scorrere in me ossitocina meno spazio lascio alla vasopressina e quindi alla paura.
Ecco. Forse, delle nefandezze e dei soprusi e delle ingiustizie di cui veniamo quotidianamente informati è giunto il momento di smettere di parlarne. Non di escluderle dalle nostre percezioni, intendiamoci, ma smettere semplicemente di parlarne. Perché ogni volta che ne parliamo e ci lamentiamo è lì che portiamo tutto il nostro essere, tutte le nostre energie, bruciandole. Ed alimentiamo in noi il rilascio di vasopressina, autogenerando paura.
“L’energia scorre dove la mente sta”, ho sentito dire da un venerabile maestro Shaolin. Niente di più vero!
Sarebbe sano quindi ogni volta spostare la nostra mente, il nostro essere, la nostra forza, la nostra essenza vitale verso ciò che ci permette di progredire, sviluppare, crescere, amare, gioire attraverso azioni concrete rivolte alla Bellezza, alla condivisione, alla trasformazione di noi stessi in meglio, sempre in meglio, costantemente però in accoglienza del nostro peggio, come un blocco informe di argilla da cui partire per plasmare la materia in qualcosa di unico, di bello, di nutriente per se stessi e per chi ci circonda. Nonostante tutto. Anzi, in virtù di tutto.
Siamo chiamati, ora più che mai, a trasformare ogni lamentela in azione verso l’apprendimento; siamo chiamati, ora più che mai, alla messa in atto di qualcosa che vada al di là di ciò che ci angoscia. Non è facile, non è semplice. Ma lo è restare affossati nel pantano dell’impanicante psicosi generale? Lo è restare raggelati dalla nostra percepita impotenza e dalla timorata rabbia? Potrebbe sembrare di sì, ma semplicemente perché ci siamo abituati a questo. E dunque, non resta che iniziare a modificare le nostre abitudini. Oppure continuare a lamentarci.
Socrate diceva:
“Il segreto del cambiamento è concentrare tutta la tua energia non nel combattere il vecchio, ma nel costruire il nuovo.“
Accogliamo questo invito e costruiamo il nuovo, ciascuno partendo da Sé. Nonostante tutto. Anzi, in virtù di tutto.
Valentino Infuso
Valentino Infuso
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