introduzione di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
L’articolo pubblicato dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, Nunzio Apostolico Emerito della Chiesa Cattolica Apostolica Romana negli USA, non è una semplice riflessione sulla guerra in Ucraina e sul contesto mondiale in cui s’innesta. E’ un’acutissima analisi di geopolitica culturale come soltanto Intelligenza, Scienza e Sapienza (tre doni dello Spirito Santo) possono ispirare in un Cristiano credente e fervente.
E’ un testo che tra un paio di anni – se la terra sopravviverà al superbo e folle fanatismo del dominio mondiale dei plutarchi del Nuovo Ordine Mondiale – dovrebbe diventare un saggio di studio per i laureandi in storia contemporanea.
Chi come me teme che il passo successivo a pandemia, guerra nell’Est Europa, fame e carestia nell’evoluto Vecchio Continente e Terza Guerra Mondiale siano soltanto il viatico dell’Umanità per l’Apocalisse profetizzato dall’apostolo ed evangelista San Giovanni e il preambolo della Parusia redentrice (il ritorno di Gesù Cristo sulla terra), deve leggere con estrema attenzione questo scritto in cui con equilibrio e saggezza monsignor Viganò sintetizza le ciclopiche ipocrisie, mistificazioni e menzogne che rappresentano la malsana carne cotta a fuoco lento dai media sulla brace infernale di una setta internazionale senza credo.
Questa torrenziale deriva morale vuole pilotare il destino umano dalla culla alla bara, ovvero dall’aborto all’eutanasia qualora l’animale uomo non sia funzionale alla pianificazione eugenetica, e non solo sostituire la Tecnocrazia alla Divina Provvidenza, ma persino l’Intelligenza Artificiale a Dio. Per fare questo ha bisogno della Tirannide del Nuovo Ordine Mondiale di cui parla magistralmente l’arcivescovo Viganò.
In considerazione della rilevanza degli argomenti e della lunghezza del testo abbiamo ritenuto utile dividerlo in 3 parti: la seconda e la terza saranno pubblicate nei prossimi giorni (link all’articolo originale in inglese a fondo pagina).
NB. I links agli articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori.
Articolo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò
Pubblicato in inglese su LifeSiteNews – Traduzione di Gospa News
Nulla si perde con la pace. Tutto può essere perso con la guerra. Che gli uomini tornino alla comprensione. Che riprendano a negoziare. Negoziando con buona volontà e nel rispetto dei reciproci diritti, sappiano che un successo onorevole non è mai precluso quando ci sono trattative sincere e attive. E si sentiranno grandi – con vera grandezza – se imponendo silenzio alle voci della passione, collettiva o privata che sia, e lasciando la ragione al suo dominio, risparmieranno ai loro fratelli spargimenti di sangue e la rovina della loro patria.
Fu così che il 24 agosto 1939 Pio XII si rivolse sia ai governanti che ai popoli poiché la guerra era imminente. Non erano parole di vuoto pacifismo, né di silenzio complice sulle molteplici violazioni della giustizia che si stavano compiendo in più ambienti. In quel radiomessaggio, che alcuni ricordano ancora di aver ascoltato, l’appello del Romano Pontefice invocava il «rispetto dei reciproci diritti» come presupposto per fruttuose trattative di pace.
La narrativa mediatica
Se osserviamo ciò che sta accadendo in Ucraina, senza essere fuorviati dalle grossolane falsificazioni dei media mainstream, ci rendiamo conto che il rispetto dei reciproci diritti è stato completamente ignorato; si ha infatti l’impressione che l’Amministrazione Biden, la NATO e l’Unione Europea vogliano deliberatamente mantenere una situazione di evidente squilibrio, proprio per rendere impossibile qualsiasi tentativo di soluzione pacifica della crisi ucraina, provocando l’innesco di un conflitto nella Federazione Russa.
Qui sta la gravità del problema. Questa è la trappola tesa sia alla Russia che all’Ucraina, che le utilizzano entrambe per consentire all’élite globalista di portare a termine il suo piano criminale.
Non dovrebbe sorprenderci che il pluralismo e la libertà di parola, tanto lodati nei paesi che si dichiarano democratici, siano quotidianamente sconfessati dalla censura e dall’intolleranza verso opinioni non allineate con la narrativa ufficiale. Manipolazioni di questo tipo sono diventate la norma durante la cosiddetta pandemia, a scapito di medici, scienziati e giornalisti dissenzienti, screditati e ostracizzati per il solo fatto di aver osato mettere in discussione l’efficacia dei sieri sperimentali.
A distanza di due anni, la verità sugli effetti negativi e la sfortunata gestione dell’emergenza sanitaria gli ha dato ragione, ma la verità viene ostinatamente ignorata perché non corrisponde a ciò che il sistema voleva e vuole ancora oggi.
Se i media mondiali hanno finora saputo mentire spudoratamente su una questione di stretta rilevanza scientifica, diffondendo menzogne e nascondendo la realtà, dovremmo chiederci perché, nella situazione attuale, dovrebbero ritrovare improvvisamente quell’onestà intellettuale e il rispetto del codice di etica ampiamente negata con il COVID.
Ma se questa colossale frode è stata sostenuta e diffusa dai media, va riconosciuto che le istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, i governi, i magistrati, le forze dell’ordine e la stessa gerarchia cattolica condividono tutti la responsabilità del disastro, ciascuno nella propria sfera sostenere attivamente o non opporsi alla narrativa: un disastro che ha colpito miliardi di persone nella loro salute, nelle loro proprietà, nell’esercizio dei loro diritti individuali e persino nelle loro stesse vite. Anche in questo caso, è difficile immaginare che coloro che si sono resi colpevoli di tali crimini a sostegno di una pandemia voluta e maliziosamente amplificata possano avere improvvisamente un sussulto di dignità e mostrare sollecitudine per i propri cittadini e per la propria patria quando minaccia una guerra la loro sicurezza e la loro economia.
Queste, ovviamente, possono essere le prudenti riflessioni di chi vuole rimanere neutrale e guardare con distacco e quasi disinteresse a ciò che accade intorno a sé. Ma se approfondiamo la nostra conoscenza dei fatti e li documentiamo, affidandoci a fonti autorevoli e oggettive, scopriamo che dubbi e perplessità diventano presto certezze inquietanti.
Anche se vogliamo limitare la nostra indagine solo all’aspetto economico, comprendiamo che le stesse agenzie di stampa, politica e istituzioni pubbliche dipendono da un ristretto numero di gruppi finanziari appartenenti a un’oligarchia che, significativamente, è unita non solo dal denaro e dal potere, ma ma dall’affiliazione ideologica che ne guida l’azione e l’ingerenza nella politica delle nazioni e del mondo intero. Questa oligarchia mostra i suoi tentacoli nelle Nazioni Unite, nella NATO, nel World Economic Forum, nell’Unione Europea e in istituzioni “filantropiche” come la Open Society di George Soros e la Bill & Melinda Gates Foundation.
Tutte queste entità sono private e rispondono solo a se stesse, e allo stesso tempo hanno il potere di influenzare i governi nazionali, anche attraverso i propri rappresentanti che sono fatti per essere eletti o nominati a incarichi chiave. Lo ammettono loro stessi, quando sono ricevuti con tutti gli onori dai capi di stato e dai leader mondiali, rispettati e temuti da questi leader come i veri padroni del destino del mondo. Così, coloro che detengono il potere in nome del “popolo” si trovano a calpestare la volontà popolare e a limitarne i diritti, per essere cortigiani obbedienti di padroni che nessuno ha eletto ma che tuttavia dettano la loro agenda politica ed economica alle nazioni .
Veniamo quindi alla crisi ucraina, che ci viene presentata come conseguenza dell’arroganza espansionistica di Vladimir Putin nei confronti di una nazione indipendente e democratica sulla quale sta cercando di rivendicare diritti assurdi. Si dice che il “guerrafondaio Putin” stia massacrando la popolazione indifesa, che si è coraggiosamente sollevata per difendere il suolo della propria patria, i confini sacri della propria nazione e le libertà violate dei cittadini.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti, “difensori della democrazia”, non sarebbero quindi in grado di non intervenire attraverso la NATO per ripristinare l’autonomia dell’Ucraina, cacciare l'”invasore” e garantire la pace. Di fronte alla “prepotenza del tiranno”, si dice che i popoli del mondo dovrebbero formare un fronte comune, imporre sanzioni alla Federazione Russa e inviare soldati, armi e aiuti economici al “povero” presidente Zelenskyy, “eroe nazionale ” e “difensore” del suo popolo.
A riprova della “violenza” di Putin, i media hanno diffuso immagini di attentati, perquisizioni militari e distruzioni, attribuendo la responsabilità alla Russia. E c’è ancora di più: proprio per garantire una “pace duratura”, l’Unione Europea e la NATO spalancano le braccia per accogliere l’Ucraina come membro. E per prevenire la “propaganda sovietica”, l’Europa sta ora oscurando Russia Today e Sputnik, al fine di garantire che l’informazione sia “libera e indipendente”.
Questa è la narrazione ufficiale, a cui tutti si conformano. Essendo in guerra, il dissenso diventa subito abbandono, e chi dissente è colpevole di tradimento e meritevole di sanzioni più o meno gravi, a cominciare dall’esecrazione pubblica e dall’ostracismo, ben vissute con COVID nei confronti di chi è “non vaxxato”. Ma la verità, se vuoi conoscerla, ci permette di vedere le cose diversamente e di giudicare i fatti per quello che sono e non per come ci vengono presentati. Si tratta di un vero e proprio svelamento, come indicato dall’etimologia del vocabolo greco ἀλήθεια. O forse, con uno sguardo escatologico, una rivelazione, un ἀποκάλυψις (apocalisse – ndr).
L’espansione della Nato
Innanzitutto occorre ricordare i fatti, che non mentono e non sono suscettibili di alterazione. E i fatti, per quanto irritanti da ricordare a chi tenta di censurarli, ci dicono che dalla caduta del muro di Berlino gli Stati Uniti hanno esteso la propria sfera di influenza politica e militare a quasi tutti gli Stati satelliti dell’ex Unione Sovietica Unione, anche di recente, annettendo alla NATO Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria (1999); Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania (2004); Albania e Croazia (2009); Montenegro (2017); e Macedonia del Nord (2020). L’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico si prepara ad espandersi in Ucraina, Georgia, Bosnia ed Erzegovina e Serbia. In pratica, la Federazione Russa è minacciata militarmente – da basi di armi e missili – a pochi chilometri dai suoi confini, mentre non ha una base militare in prossimità degli Stati Uniti.
Considerare la possibile espansione della NATO in Ucraina, senza pensare che susciterà le legittime proteste della Russia, è a dir poco sconcertante, soprattutto considerando il fatto che nel 1991 la NATO si è impegnata al Cremlino a non espandersi ulteriormente. Non solo: a fine 2021, Der Spiegel ha pubblicato le bozze di un trattato con gli Stati Uniti e un accordo con la Nato sulle garanzie di sicurezza (qui, qui e qui). Mosca ha chiesto garanzie legali dai suoi partner occidentali che avrebbero impedito alla NATO un’ulteriore espansione verso est aggiungendo l’Ucraina all’alleanza e anche stabilendo basi militari nei paesi post-sovietici. Le proposte contenevano anche una clausola sul non dispiegamento di armi offensive da parte della NATO vicino ai confini della Russia e sul ritiro delle forze NATO nell’Europa orientale alle posizioni del 1997.
Come possiamo vedere, la NATO non ha mantenuto i suoi impegni con la Russia, o almeno ha forzato la situazione in un momento molto delicato per gli equilibri geopolitici. Dovremmo chiederci perché gli Stati Uniti – o meglio il Deep State americano tornato al potere dopo la frode elettorale che ha portato Joe Biden alla Casa Bianca – vogliano creare tensioni con la Russia e coinvolgere nel conflitto i suoi partner europei, con tutte le conseguenze possiamo immaginare.
Come ha lucidamente osservato il generale Marco Bertolini, ex comandante del Joint Summit Operational Command: “Gli Stati Uniti non solo hanno vinto la guerra fredda, ma hanno anche voluto umiliare [la Russia] prendendo tutto ciò che in un certo senso rientrava nella sua area di influenza. [Putin] ha sopportato i paesi baltici, la Polonia, la Romania e la Bulgaria [entrando a far parte della NATO]. Di fronte all’Ucraina [entrando a far parte della Nato], che gli avrebbe tolto ogni possibilità di accesso al Mar Nero, ha reagito”(qui).
E aggiunge: “C’è un problema di stabilità del regime, si è creata una situazione con un primo ministro [Zelenskyy] abbastanza improbabile, uno che viene dal mondo dello spettacolo”. Il generale non manca di ricordare, nel caso di un attacco statunitense alla Russia, che “i Global Hawks che sorvolano l’Ucraina partono da Sigonella [Italia]; L’Italia è in gran parte una base militare americana. Il rischio c’è, è presente e reale» (qui).
Interessi derivanti dal blocco delle forniture di gas russo
Dovremmo anche chiederci se, dietro la destabilizzazione del delicato equilibrio tra Unione Europea e Russia, ci siano anche interessi economici, derivanti dalla necessità dei paesi dell’UE di dotarsi di gas liquido americano(per il quale occorrono anche i rigassificatori che molti le nazioni ne sono sprovviste, e per le quali comunque dovremo pagare molto di più) al posto del gas russo (che è più ecologico).
La decisione della compagnia petrolifera e del gas italiana ENI di sospendere gli investimenti nel gasdotto Blue Stream di Gazprom (dalla Russia alla Turchia) comporta anche la privazione di un’ulteriore fonte di approvvigionamento, poiché alimenta il gasdotto Transatlantico (dalla Turchia all’Italia).
Non suona quindi come una coincidenza se, nell’agosto 2021, Zelenskyy ha dichiarato di considerare il gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania “un’arma pericolosa, non solo per l’Ucraina ma per tutta l’Europa”: bypassare l’Ucraina , priva Kiev di circa un miliardo di euro all’anno di entrate dalle tariffe di transito.
“Consideriamo questo progetto esclusivamente attraverso il prisma della sicurezza e lo consideriamo una pericolosa arma geopolitica del Cremlino”, ha affermato il presidente ucraino, d’accordo con l’amministrazione Biden. Il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland ha dichiarato: “Se la Russia invaderà l’Ucraina, il Nord Stream 2 non andrà avanti”. E così è successo, non senza gravi danni economici agli investimenti tedeschi.
I laboratori virologici del Pentagono in Ucraina
Sempre in tema di interessi americani in Ucraina, vale la pena citare i laboratori virologici situati in Ucraina che sono sotto il controllo del Pentagono e dove sembra che solo specialisti statunitensi con immunità diplomatica siano impiegati direttamente sotto il Ministero della Difesa americano.
Ricordiamo anche la denuncia avanzata da Putin in merito alla raccolta di dati genomici sulla popolazione, che possono essere utilizzati per armi batteriologiche con selezione genetica. Le informazioni sull’attività dei laboratori in Ucraina sono ovviamente difficili da confermare, ma è comprensibile che la Federazione Russa abbia ritenuto, non a caso, che questi laboratori potessero costituire un’ulteriore minaccia batteriologica per la sicurezza della popolazione. L’Ambasciata degli Stati Uniti ha rimosso tutti i file relativi al Programma di riduzione delle minacce biologiche dal suo sito Web.
Maurizio Blondet scrive:
«All’evento 201, che simulava l’esplosione della pandemia un anno prima che accadesse, ha partecipato (insieme ai soliti Bill e Melinda) l’apparentemente inoffensiva John Hopkins University con il suo benedetto Center for Health Security. L’istituzione umanitaria ha avuto per molto tempo un nome meno innocente: si chiamava Center for Civilian Biodefence Strategies e non si occupava della salute degli americani, ma del suo opposto: la risposta agli attacchi militari del bioterrorismo. Era praticamente un’organizzazione civile-militare. Quando ha tenuto la sua prima conferenza nel febbraio 1999 a Crystal City ad Arlington [Virginia], dove si trova il Pentagono, ha riunito 950 medici, personale militare, funzionari federali e funzionari sanitari per partecipare a un’esercitazione di simulazione. Lo scopo della simulazione è contrastare un immaginario attacco di vaiolo “militarizzato”. È solo il primo degli esercizi che sbocceranno nell’Evento 201 e nell’Imposta Pandemica» (qui).
Emergono anche esperimenti sull’esercito ucraino e interventi dell’ambasciata americana nei confronti del procuratore ucraino Lutsenko nel 2016 affinché non indagasse su “un giro di fondi miliardari tra G. Soros e B. Obama” (here).
Una minaccia indiretta alle ambizioni espansionistiche della Cina su Taiwan
L’attuale crisi ucraina comporta conseguenze secondarie, ma non meno gravi, sugli equilibri geopolitici tra Cina e Taiwan. Russia e Ucraina sono gli unici produttori di palladio e neon, indispensabili per la produzione di microchip.
La possibile ritorsione di Mosca ha attirato maggiore attenzione negli ultimi giorni dopo che il gruppo di ricerche di mercato Techcet ha pubblicato un rapporto che evidenzia la dipendenza di molti produttori di semiconduttori da materiali di origine russa e ucraina come neon, palladio e altri. Secondo le stime di Techcet, oltre il 90% delle forniture statunitensi di neon a semiconduttore proviene dall’Ucraina, mentre il 35% del palladio statunitense proviene dalla Russia. […] Secondo la US International Trade Commission, i prezzi dei neon sono aumentati del 600% prima dell’annessione russa della penisola di Crimea nel 2014, perché le società di chip facevano affidamento su alcune società ucraine […]
Se è vero che un’invasione cinese di Formosa metterebbe a rischio la filiera tecnologica globale, è anche vero che un’improvvisa carenza di materie prime dalla Russia potrebbe fermare la produzione, tanto da far perdere all’isola lo “scudo del microchip” e indurre Pechino a tentare l’annessione di Taipei. (FONTE)
Il conflitto di interessi di Biden in Ucraina
Un’altra questione che tendiamo a non approfondire è quella relativa a Burisma, compagnia petrolifera e del gas che opera sul mercato ucraino dal 2002.
Durante la presidenza americana di Barack Obama (dal 2009 al 2017) il suo braccio destro con una “delega” per occuparsi di politica internazionale è stato Joe Biden, ed è da allora che la “protezione” offerta dal leader democratico statunitense è stata data all’ucraina nazionalista, una linea che ha creato il disaccordo inconciliabile tra Kiev e Mosca. […] Fu Joe Biden in quegli anni a portare avanti la politica di avvicinare l’Ucraina alla NATO. Voleva togliere il potere politico ed economico alla Russia. […] Negli ultimi anni il nome di Joe Biden è stato anche associato a uno scandalo sull’Ucraina che aveva scosso anche la sua candidatura. […]
Era l’aprile 2014 quando Burisma Holdings, la più grande compagnia energetica ucraina (attiva sia nel gas che nel petrolio), assunse Hunter Biden come consulente […] con uno stipendio di 50.000 dollari al mese. Tutto trasparente, tranne che in quei mesi Joe Biden ha proseguito la politica americana volta a riappropriarsi da parte dell’Ucraina di quelle aree del Donbass che ora sono diventate Repubbliche riconosciute dalla Russia. Si ritiene che l’area di Donetsk sia ricca di giacimenti di gas inesplorati che sono stati presi di mira da Burisma Holdings. Una politica internazionale intrecciata con quella economica che fece storcere il naso ai media americani in quegli anni (fonte)
I democratici hanno affermato che Trump aveva creato uno scandalo mediatico per danneggiare la campagna di Biden, ma le sue accuse si sono rivelate vere. Lo stesso Joe Biden, durante un incontro al Rockefeller Council for Foreign Relations, ha ammesso di essere intervenuto sull’allora presidente Petro Poroshenko e sul primo ministro Arsenij Yatseniuk per impedire le indagini su suo figlio Hunter da parte del procuratore generale Viktor Shokin. Biden aveva minacciato “di trattenere una garanzia di prestito di un miliardo di dollari negli Stati Uniti durante un viaggio a Kiev nel dicembre 2015”, riporta il New York Post. “Se [il procuratore generale Shokin] non viene licenziato, non avrai i soldi” (qui and qui). E il pubblico ministero è stato effettivamente licenziato, salvando Hunter da ulteriori scandali.
L’interferenza di Biden nella politica di Kiev, in cambio di favori a Burisma e agli oligarchi corrotti, conferma l’interesse dell’attuale presidente degli Stati Uniti a proteggere la sua famiglia e la sua immagine, alimentando disordini in Ucraina e persino una guerra. Come può governare onestamente e senza subire ricatti una persona che usa il proprio ruolo per prendersi cura dei propri interessi e coprire i crimini dei propri familiari?
La questione nucleare ucraina
Infine, c’è la questione delle armi nucleari ucraine. Il 19 febbraio 2022, in una conferenza a Monaco, Zelenskyy ha annunciato la sua intenzione di porre fine al Memorandum di Budapest (1994), che vieta all’Ucraina di sviluppare, proliferare e utilizzare armi atomiche. Tra le altre clausole del Memorandum c’è anche quella che obbliga Russia, Stati Uniti e Regno Unito ad astenersi dall’usare la pressione economica sull’Ucraina per influenzare la sua politica: la pressione del FMI e degli Stati Uniti a concedere aiuti economici in cambio di riforme coerenti con il Great Reset rappresentino un’ulteriore violazione dell’accordo.
L’ambasciatore ucraino a Berlino, Andriy Melnyk, ha affermato alla radio Deutschlandfunk nel 2021 che l’Ucraina doveva riguadagnare lo status nucleare se il paese non avesse aderito alla NATO.
Le centrali nucleari ucraine sono gestite, ricostruite e mantenute dall’impresa statale NAEK Energoatom, che ha completamente interrotto i suoi rapporti con le società russe tra il 2018 e il 2021. I suoi partner principali sono società che possono essere ricondotte al governo degli Stati Uniti. È facile capire come la Federazione Russa consideri una minaccia la possibilità che l’Ucraina acquisisca armi nucleari e richieda l’adesione di Kiev al patto di non proliferazione.
La rivoluzione colorata in Ucraina e l’indipendenza di Crimea, Donetsk e Lugansk
Nel 2013, dopo che il governo del presidente Viktor Yanukovych ha deciso di sospendere l’accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione Europea e di stringere relazioni economiche più strette con la Russia, è iniziata una serie di manifestazioni di protesta note come Euromaidan, che sono durate diversi mesi e sono culminate nella rivoluzione che rovesciò Yanukovich e portò all’insediamento di un nuovo governo.
È stata un’operazione sponsorizzata da George Soros, come ha dichiarato candidamente alla CNN: “Ho avuto una fondazione in Ucraina da prima che diventasse indipendente dalla Russia; questa fondazione è sempre stata in attività e ha giocato un ruolo determinante nelle vicende di oggi” (qui, qui and qui).
Questo cambio di governo provocò la reazione dei sostenitori di Yanukovich e di una parte della popolazione ucraina contraria allo spostamento filo-occidentale dell’Ucraina, non voluto dalla popolazione ma ottenuto da una rivoluzione colorata, di cui c’era stata una generale prove degli anni precedenti in Georgia, Moldova e Bielorussia.
Dopo gli scontri del 2 maggio 2014, in cui sono intervenute anche frange paramilitari nazionaliste (tra cui quelle di Pravyi Sektor), c’è stato anche il massacro di Odessa. Anche la stampa occidentale ha parlato di questi terribili eventi in modo scandalizzato; Amnesty International (here) e l’ONU hanno denunciato questi crimini e ne hanno documentato la brutalità. Ma nessun tribunale internazionale ha avviato alcun procedimento contro i responsabili, come si intende fare oggi contro i presunti crimini dell’esercito russo.
Tra i tanti accordi non rispettati c’è anche il Protocollo di Minsk, firmato il 5 settembre 2014 dal Gruppo di contatto trilaterale sull’Ucraina, composto da rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Lugansk. Tra i punti dell’accordo c’era anche la rimozione di gruppi armati illegali, equipaggiamento militare, nonché combattenti e mercenari dal territorio dell’Ucraina sotto la supervisione dell’OSCE e il disarmo di tutti i gruppi illegali. Contrariamente a quanto concordato, i gruppi paramilitari neonazisti non solo sono ufficialmente riconosciuti dal governo, ma i loro membri ricevono anche incarichi ufficiali.
Sempre nel 2014 Crimea, Donetsk e Lugansk hanno dichiarato la propria indipendenza dall’Ucraina – in nome dell’autodeterminazione dei popoli riconosciuta dalla comunità internazionale – e si sono dichiarate annesse alla Federazione Russa. Il governo ucraino rifiuta ancora di riconoscere l’indipendenza di queste regioni, sanzionata da referendum popolare, e lascia libere le milizie neonaziste e le stesse forze militari regolari di infierire contro la popolazione, poiché considera queste entità come organizzazioni terroristiche. È vero che i due referendum del 2 novembre 2014 costituiscono un’estensione del Protocollo di Minsk, che prevedeva solo un decentramento del potere e una forma di statuto speciale per le regioni di Donetsk e Lugansk.
Come ha recentemente sottolineato il professor Franco Cardini, “il 15 febbraio 2022 la Russia ha consegnato agli Stati Uniti una bozza di trattato per porre fine a questa situazione e difendere le popolazioni di lingua russa. Sprecare carta. Questa guerra è iniziata nel 2014” (qui and hquiere).
Ed era una guerra nelle intenzioni di chi voleva combattere la minoranza russa del Donbass: “Avremo lavoro e pensioni, e loro no. Riceveremo bonus per avere figli e loro no. I nostri figli avranno scuole e asili; i loro figli rimarranno negli scantinati. In questo modo vinceremo questa guerra”, ha affermato il presidente Petro Poroshenko nel 2015 (qui). Non sfugge all’attenzione che queste misure sono simili alla discriminazione nei confronti dei cosiddetti “non vaxxati”, che sono stati privati del lavoro, della retribuzione e dell’istruzione. Otto anni di bombardamenti a Donetsk e Lugansk, con centinaia di migliaia di vittime, 150 bambini morti e casi gravissimi di torture, stupri, rapimenti e discriminazioni (qui).
Il 18 febbraio 2022 i Presidenti di Donetsk e Lugansk, Denis Pushilin e Leonid Pasechnik, hanno ordinato l’evacuazione della popolazione civile delle loro province nella Federazione Russa a causa degli scontri in corso tra la Milizia popolare del Donbass e le Forze armate ucraine.
Il 21 febbraio la Duma di Stato (Camera bassa del parlamento russo) ha ratificato all’unanimità i trattati di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca introdotti dal presidente Putin con le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Allo stesso tempo, il presidente russo ha ordinato l’invio di truppe dalla Federazione Russa per riportare la pace nella regione del Donbass.
A questo punto ci si può chiedere perché, in una situazione di palese violazione dei diritti umani da parte delle forze militari neonaziste e degli apparati paramilitari (che sventolano bandiere con svastiche ed esibiscono l’effigie di Aldolf Hitler) contro la popolazione di lingua russa delle repubbliche indipendenti, il la comunità internazionale si sente obbligata a considerare l’intervento della Federazione Russa degno di condanna, e anzi ad incolpare Putin delle violenze. Dov’è il tanto decantato diritto del popolo all’autodeterminazione, ritenuto valido il 24 agosto 1991 per la proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina e riconosciuto dalla comunità internazionale?
E perché oggi ci scandalizziamo di un intervento russo in Ucraina, quando la NATO ha fatto lo stesso in Jugoslavia (1991), Kosovo (1999), Afghanistan (2001), Iraq (2003), e in Libia e Siria (2011 ), senza che nessuno sollevi obiezioni?Per non parlare del fatto che negli ultimi dieci anni Israele ha ripetutamente colpito obiettivi militari in Siria, Iran e Libano per impedire la creazione di un fronte armato ostile al confine settentrionale, eppure nessuna nazione ha proposto di imporre sanzioni a Tel Aviv.
È sconcertante vedere con quanta ipocrisia l’Unione Europea e gli Stati Uniti – Bruxelles e Washington – stiano dando il loro sostegno incondizionato al presidente Zelenskyy, il cui governo da otto anni a questa parte continua a perseguitare impunemente gli ucraini di lingua russa (qui), perché ai quali è addirittura vietato parlare nella propria lingua, in una nazione che comprende numerosi gruppi etnici, di cui quelli che parlano russo rappresentano il 17,2%. Ed è scandaloso che tacciano sull’uso dei civili come scudi umani da parte dell’esercito ucraino, che colloca postazioni antiaeree all’interno di centri abitati, ospedali, scuole e asili proprio perché la loro distruzione possa causare la morte della popolazione.
I media mainstream sono attenti a non mostrare immagini di soldati russi che aiutano i civili a raggiungere posizioni sicure (qui e qui) o organizzando corridoi umanitari, su cui le milizie ucraine sparano (qui e qui). Così come tace anche il regolamento di conti, le stragi, le violenze e i furti da parte di frange della popolazione civile, a cui Zelenskyy ha donato armi: i video che si vedono su internet danno un’idea del clima di guerra civile che è stato abilmente alimentato dal governo ucraino. A questo si aggiungono anche i detenuti rilasciati per essere arruolati nell’Esercito e anche i volontari della legione straniera: una massa di fanatici senza regole e senza formazione che contribuirà a peggiorare la situazione, rendendola ingestibile.
(prosegue nella II Parte nei prossimi giorni – per essere aggiornato sulla pubblicazione iscriviti alla Newsletter)
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo,
Ex Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America
6 marzo 2022 – Prima domenica di Quaresima
Originariamente pubblicato da LifeSiteNews – Traduzione di Gospa News
Nota: tutti i collegamenti agli articoli di Gospa News sono stati aggiunti dalla redazione di Gospa News