Introduzione di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Proseguiamo nella pubblicazione della Seconda Parte del saggio storico-culturale di geopolitica internazionale scritto dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, Nunzio Apostolico Emerito della Chiesa Cattolica Apostolica Romana negli USA, che dopo aver analizzato nella Prima Parte le origini della guerra Ucraina fomentata da Biden-NATO-UE e dai globalità del Nuovo Ordine Mondiale (che consigliamo di leggere prima o subito dopo a questa), tratteggia la complessa figura del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy toccando anche il delicatissimo tema dell’ideologia delle Lobby LGBTQ.
Il dito nella purulenta piaga lo ha già messo, senza fronzoli diplomatici, il Patriarca di Mosca Kirill in una sola frase in riferimento ai Gay Pride quale epifenomeno della cultura relativista, diffusa anche in seno ai Cristiani Cattolici, contaminati dai Luterani, ma meno tra gli Ortodossi e gli Evangelici Pentecostali: «Se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà li».
Queste parole riecheggiano come una profezia apocalittica nel cuore e nell’anima di chi ha respirato e non solo letto la Bibbia. «Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? (…) Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
La saggezza biblica insegna che Sodoma fu distrutta perché non vi erano nemmeno 10 giusti dinnanzi a Dio: ma solo Lot, sua moglie (che fu mutata in statua di sale per aver infranto il divieto di voltarsi a vedere la distruzione della città) e le sue due figlie.
La dottrina evangelica è ancora più estremista nei confronti dell’educazione dei fanciulli oggi esposti all’accettazione della filosofia Gender inorpellata dalle parate arcobaleno che – quasi diabolicamente – paiono irridere il simbolo dell’Alleanza tra Jahvè ed il popolo semitico di Noè dopo il Diluvio Universale (Genesi 9,9).
«Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» sentenziò Gesù Cristo Risorto nel Vangelo secondo Marco (9,42) e Matteo (19,6).
Questa torrenziale deriva morale vuole pilotare il destino umano dalla culla alla bara, ovvero dall’aborto all’eutanasia qualora l’animale uomo non sia funzionale alla pianificazione eugenetica, e sostituire la Tecnocrazia alla Divina Provvidenza, ma persino l’Intelligenza Artificiale alla coscienza umana e a Dio.
Per fare questo ha bisogno di imporre la Tirannide del Nuovo Ordine Mondiale coi suoi piani di guerra in Ucraina di cui parla l’arcivescovo Viganò.
In considerazione della rilevanza degli argomenti e della lunghezza del testo siamo stati costretti a dividerlo in 3 parti: la terza sarà pubblicata nei prossimi giorni (link all’articolo originale in inglese a fondo pagina).
NB. I links agli articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori.
Articolo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò
Pubblicato in inglese su LifeSiteNews – Traduzione di Gospa News
Il presidente Volodymyr Oleksandrovych Zelenskyy
Come è stato sottolineato da molti partiti, la candidatura e l’elezione del presidente ucraino Zelenskyy corrisponde a quel cliché recente, inaugurato negli ultimi anni, di un attore comico o personaggio dello spettacolo prestato alla politica. Non credere che essere senza un adeguato cursus honorum sia un ostacolo all’ascesa al vertice delle istituzioni; anzi: più una persona è apparentemente estranea al mondo dei partiti politici, più si presume che il suo successo sia determinato da chi detiene il potere. Le performance di Zelenskyy travestito sono perfettamente coerenti con l’ideologia LGBTQ che è considerata dai suoi sponsor europei come un requisito indispensabile dell’agenda di “riforma” che ogni paese dovrebbe abbracciare, insieme all’uguaglianza di genere, all’aborto e alla green economy.
Non c’è da stupirsi che Zelenskyy, un membro del WEF (here), sia stato in grado di beneficiare del sostegno di Schwab e dei suoi alleati per salire al potere e garantire che il Grande Reset si sarebbe svolto anche in Ucraina.
La serie televisiva in 57 parti che Zelenskyy ha prodotto e interpretato, dimostra che i media hanno pianificato la sua candidatura a Presidente dell’Ucraina e la sua campagna elettorale. Nella fiction Il servo del popolo ha interpretato la parte di un insegnante di scuola superiore che inaspettatamente è diventato Presidente della Repubblica e ha combattuto contro la corruzione della politica. Non a caso la serie, assolutamente mediocre, ha comunque vinto il WorldFest Remi Award (USA, 2016), è arrivata tra i primi quattro finalisti nella categoria film commedia ai Seoul International Drama Awards (Corea del Sud) ed è stata premiata il premio Intermedia Globe Silver nella categoria serie TV di intrattenimento al World Media Film Festival di Amburgo.
Lo scalpore mediatico ottenuto da Zelenskyy con la serie televisiva gli ha portato oltre 10 milioni di follower su Instagram e ha creato le premesse per la costituzione dell’omonimo partito politico Servo del Popolo, di cui Ivan Bakanov, Direttore Generale e azionista (insieme allo stesso Zelenskyy e è membro anche l’oligarca Kolomoisky) di Kvartal 95 Studio e proprietario della rete televisiva TV 1+1. L’immagine di Zelenskyy è un prodotto artificiale, una finzione mediatica, un’operazione di manipolazione del consenso che è riuscita a creare nell’immaginario collettivo ucraino il carattere politico che nella realtà, e non nella finzione, ha conquistato il potere.
“Appena un mese prima delle elezioni del 2019 che lo hanno visto vincere, Zelenskyy ha venduto l’azienda [Kvartal 95 Studio] a un amico, trovando ancora il modo di ottenere i proventi dell’attività a cui aveva ufficialmente rinunciato alla sua famiglia. Quell’amico era Serhiy Shefir, che in seguito fu nominato Consigliere della Presidenza. […] La vendita delle azioni è avvenuta a beneficio di Maltex Multicapital Corp., società di proprietà di Shefir e registrata nelle Isole Vergini britanniche” (here).
L’attuale presidente ucraino ha promosso la sua campagna elettorale con uno spot a dir poco inquietante, in cui, impugnando due mitragliatrici, ha sparato contro parlamentari additati come corrotti o asserviti alla Russia.
La lotta alla corruzione strombazzata dal presidente ucraino nel ruolo di “servitore del popolo” non corrisponde, però, al quadro che di lui emerge dalle cosiddette carte Pandora, in cui sembrano essere stati versati 40 milioni di dollari a lui alla vigilia delle elezioni del miliardario ebreo Kolomoisky[1] tramite conti offshore (here, here and here). [2] In patria molti lo accusano di aver sottratto il potere agli oligarchi filorussi non per darlo al popolo ucraino, ma per rafforzare il proprio gruppo di interesse e allo stesso tempo allontanare i suoi avversari politici:
Liquidò i ministri della vecchia guardia, primo fra tutti il potente ministro dell’Interno, [Arsen] Avakov. Ha bruscamente ritirato il presidente della Corte costituzionale che fungeva da controllo sulle sue leggi. Ha chiuso sette canali televisivi di opposizione. Ha arrestato e accusato di tradimento Viktor Medvedcuk, simpatizzante filo-russo ma soprattutto leader del partito Platform of Opposition – For Life, il secondo partito del parlamento ucraino dopo il suo partito Servant of the People. Viene anche processato per tradimento l’ex presidente Poroshenko, sospettoso di tutti tranne che di coloro che andavano d’accordo con i russi o con i loro amici. Il sindaco di Kiev, il popolare ex campione del mondo di boxe Vitaly Klitchko, è già stato oggetto di diverse perquisizioni e sequestri. Insomma, Zelenskyy sembra voler fare piazza pulita di chiunque non sia allineato con la sua politica (here).
Il 21 aprile 2019 Zelenskyy è stato eletto Presidente dell’Ucraina con il 73,22% dei voti e il 20 maggio ha prestato giuramento. Il 22 maggio 2019 ha nominato Ivan Bakanov, Direttore Generale di Kvartal 95, Primo Vice Capo della Servizi di sicurezza dell’Ucraina e capo della direzione principale per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata della direzione centrale dei servizi di sicurezza dell’Ucraina. Insieme a Bakanov, vale la pena citare Mykhailo Fedorov, Vice Presidente e Ministro della Trasformazione Digitale, membro del World Economic Forum (here). Lo stesso Zelenskyy ha ammesso di avere come ispirazione il Primo Ministro canadese Justin Trudeau (here and here).
Le relazioni di Zelenskyy con il FMI e il WEF
Come ha dimostrato il tragico precedente della Grecia, le sovranità nazionali e la volontà popolare espressa dai parlamenti vengono di fatto cancellate dalle decisioni dell’alta finanza internazionale, che interferisce con le politiche del governo attraverso ricatti ed estorsioni a titolo definitivo di natura economica. Il caso dell’Ucraina, che è uno dei paesi più poveri d’Europa, non fa eccezione.
Poco dopo l’elezione di Zelenskyy, il Fondo monetario internazionale ha minacciato di non concedere all’Ucraina un prestito di 5 miliardi di dollari se non avesse soddisfatto le loro richieste. Durante un colloquio telefonico con l’amministratore delegato del Fmi, Kristalina Georgieva, il presidente ucraino è stato rimproverato per aver sostituito Yakiv Smolii con un uomo di cui si fidava, Kyrylo Shevchenko, meno propenso a rispettare i diktat del Fmi.
Anders Åslund scrive all’Atlantic Council… (continua a leggere qui)