Dopo l’intervista con Lorenzo Maria Pacini su La Quarta Teoria Politica, il nostro percorso nel mondo della geopolitica e della filosofia politica duginiana prosegue con Maurizio Murelli, direttore di AGA Edizioni, l’editore italiano di Aleksandr Dugin. Murelli, partendo dalla sua esperienza politica, ci svela il motivo che lo ha condotto ad una larga intesa con Dugin: la medesima visione e comprensione della geopolitica. Ora ci troviamo nella fase iperliberista – dice Murelli – ma durerà poco. «La Prima Teoria Politica (liberismo) ha il fiato corto e per quanto abbia conseguito uno sconfinato potere totalitario, non riesce più ad assicurare l’ordine. Esploderà come la rana di Esopo: si è gonfiato oltre la capacità di sopportazione». Assisteremo presto alla nascita di un nuovo Ordine Mondiale multipolare e alla sconfitta dell’egemonia dell’unipolarismo americano.
1. Che cosa ha spinto una personalità come lei, legato a quella che il mainstream chiama destra radicale, a pubblicare le opere del filosofo politico russo Aleksandr Dugin, fondatore e direttore del partito nazional-bolscevico?
Per quanto corretta la domanda presuppone l’esistenza a monte di una serie di equazioni che finiscono con il mettere le idee in stato di reclusione nel penitenziario delle ideologie. Dal mio punto di vista le ideologie sono la maschera mortuaria delle idee ed è uomo libero chi non è subordinato all’ortodossia ideologica, vale a dire chi sa dinamicamente emanciparsi ed evolversi rispetto all’ideologia che lo ha originato o dentro la quale ha mosso i primi passi. L’involucro ideologico “di destra” nel quale mi sono originato era già sclerotizzato prima che io vi aderissi e con me dentro l’ho visto peggiorare. La “destra”, non solo quella istituzionale, cioè parlamentare, ma appunto tanto quella extraparlamentare e quella “radicale”, vale a dire quella destra che rivendicava radici profonde, aveva espunto dal suo cuore alcune linee di pensiero e concezioni che gli permettevano di essere solo moderatamente reazionaria. Con il tempo, nel suo codice, è rimasto solo il reazionario e poco altro facendo sì che io mi ritrovassi su posizioni eretiche, a cominciare dal ripudio dell’anticomunismo rilevando nella prassi dell’anticomunismo un fraintendimento di fondo di ciò che si deve intendere per comunismo. Ed è grazie a questo travaglio che scopro il pensiero duginiano, già negli anni Ottanta, mentre dirigevo la rivista “Orion”.
Con l’implosione dell’URSS, nei primi anni Novanta, in Russia innanzitutto, ma anche in diversi Stati europei, prende corpo quel movimento definito nazional-bolscevico, nazional-comunista ed in fine “rossobruno”. In pratica ex zaristi ed ex stalinisti si ritrovarono su un punto d’incontro e di fusione in chiave anti occidentale e per la rinascita della grande Russia ridotta a poco più che un rottame. Qui ci sarebbe da aprire una lunga parentesi sulla concezione del bolscevismo assunta da Dugin e Limonov all’atto della fondazione del Movimento nazional-bolscevico. Sintetizzo: nel loro intendimento il bolscevismo non è un fungo nato all’inizio del Novecento alle soglie della rivoluzione d’ottobre, ma il terminale di una corrente di pensiero, filosofico, artistico, politico etc. che si origina a metà del XVII secolo, al momento dello scisma. Tutto ciò è ben esposto in “I Templari del proletariato”, un libro di Dugin che ho di recente pubblicato. Ed è questo il bolscevismo che rilanciano, non quello che noi in occidente siamo abituati ad intendere. Per quel che riguarda l’Europa, c’era il precedente del movimento Giovane Europa del Belga Jean Thiriart, un Movimento che negli anni Sessanta aveva avuto larghissimo seguito in Belgio, Francia e Italia ed era presente in molti paesi, persino in Australia. Tanto per dire, è in quel movimento che mossero i loro primi passi sia Renato Curcio fondatore delle BR sia il medievalista Franco Cardini. Un movimento Nazionalcomunista di cui ho pubblicato l’anno scorso la storia: “Europa Nazione”. Sul piano delle ide e degli intendimenti, date queste premesse, fu facile l’intesa sul piano delle idee tra europei e russi in riferimento al “rossobrunismo”. Thiriart nei primi anni Novanta con i componenti della redazione di “Orion” fu a Mosca ospite di Dugin. Nel corso di quel viaggio molteplici furono gli incontri con le varie realtà russe. In ogni caso quella del “russobrunismo” è stata una fase di transizione, utile per uscire definitivamente dalle ortodossie ideologiche “di sinistra” e “di destra”. Con l’adesione alla Quarta Teoria Politica si è andati oltre.
Infine, ciò che mi ha portato ad una larga intesa con Dugin è stata la medesima visione e comprensione della geopolitica. Anche qui, a trattare di geopolitica la mia rivista “Orion” è stata la prima in Italia, fin dagli anni Ottanta, con gli scritti del geopolitico Carlo Terracciano, poi raccolti in volume. Allora non c’erano i geopolitici che oggi affollano gli studi televisivi, sui giornali non se ne parlava e non esisteva neppure “Limes”. Per tutto questo sono diventato l’editore di Dugin.
2. Il Novecento è stato il secolo delle grandi ideologie e dei partiti, che si sono contesi il mondo. Il comunismo e il fascismo, insieme al liberismo, sono state le tre maggiori teorie politiche che hanno caratterizzato il cosiddetto «Secolo breve», periodo in cui abbiamo assistito all’ascesa e alla caduta della seconda teoria politica (comunismo) e della terza (fascismo). Oggi, assistiamo, invece, alla caduta della prima teoria politica, cioè, il liberismo. Dopo il fallimento dei sindacati, dei partiti politici e del parlamentarismo, c’è chi propone il presidenzialismo, chi auspica un ritorno alla monarchia e chi si aspetta il ripristino dello status quo ante, magari blindando la Costituzione e inserendo maggiori strumenti di democrazia diretta (e.g. accesso diretto alla Corte costituzionale per chiunque ne abbia interesse – come il recurso de amparo in Spagna – referendum propositivo, vincolo di mandato, etc.). Quale potrebbe essere lo scenario più verosimile per il futuro politico del nostro Paese?
Beh, forse non è del tutto esatto sostenere che il liberismo, teoria che precede per nascita comunismo e fascismo è in caduta. Ha solo cambiato pelle, si è evoluto. Ha sconfitto fascismo e comunismo e ora si è fatto iperliberismo. Noi stiamo entrando nella post-modernità che si realizzerà appieno quando la modernità avrà terminato di divorare se stessa. E se Julius Evola, come pure tutti gli altri tradizionalisti, come ad esempio René Guénon, hanno appunto affrontato i temi della modernità e il ruolo dell’uomo differenziato che vi si contrapponeva, Aleksandr Dugin con la sua opera affronta il tema della post-modernità, prefigurando la funzione del soggetto radicale quale antagonista unico e assoluto della post-modernità. A costo di rischiare la figura del piazzista, anche qui mi tocca citare un’opera di Aleksandr Dugin da me pubblicata: “Il Soggetto Radicale – Teoria e fenomenologia”; tutte le mie edizioni compongono in chiave editoriale un blocco omogeneo di idee e pensiero e si tengono l’un l’altra.
Secondo Dugin, il comunismo e il fascismo sono stati un tentativo di rispondere alle istanze del liberismo. Le tre concezioni politiche sono comunque tutte nate dentro la modernità. Non se ne viene fuori se non con ritorna al premoderno, ai valori che reggevano le civiltà prima dell’era moderna.
Lo scenario auspicabile è quello dell’abbattimento dell’unipolarismo, dell’Ordine mondiale da esso imposto e l’affermarsi dell’ordine multipolare che salvaguardi le specificità culturali ed espressioni politiche. In un ordine multipolare non esiste la pretesa di esportare i valori che plasmano la società di uno stato o di una civiltà [ Teoria del mondo multipolare, ndr]. L’Occidente unipolare ha la pretesa di esportare in Russia, Cina, India e altrove i propri valori. Questa pretesa non è presente nei su citati Stati che per altro hanno un trascorso storico imperiale. E come è noto l’Impero salvaguarda le specificità dei popoli che lo compongono. Esiste sì una legge imperiale comune per tutti, ma non la pretesa di omologare tutti ad una unica caratteristica.
3. In Italia, a suo avviso, ci sono le premesse politiche e sociali per una Quarta Teoria politica? Se sì, quali processi è necessario innescare per lasciarci alle spalle le prime tre teorie politiche?
L’Italia per le sue caratteristiche socio-culturali tra tutte le nazioni occidentali è la meno omologabile al pensiero unico. Preserva le differenze regionali con tutto quel che le differenze regionali e locali comportano. In Europa è l’unica nazione che ha contemporaneamente un pieno respiro continentale e mediterraneo. Il processo che può favorire un approccio alla Quarta Teoria Politica è in corso da tempo e passa prima di tutto dalla liquidazione delle conformazioni partitiche. I partiti si stanno disintegrando e hanno perso la loro capacità fidelizzante. Quel che resta di capacità aggregante è ancora una quota parte del “essere contro” questo o quello, mentre quasi nulla resta del “essere per”. Da qui le spinte populiste e la disaffezione per il suffragio universale. La Prima Teoria Politica (liberismo) ha il fiato corto e per quanto abbia conseguito uno sconfinato potere totalitario, non riesce più ad assicurare l’ordine. Esploderà come la rana di Esopo: si è gonfiato oltre la capacità di sopportazione.
4. La guerra russo-ucraina sta generando forti cambiamenti geopolitici. L’isteria russofobica dell’Occidente sembrerebbe aver accelerato il processo di disgregazione del sistema imperiale USA-NATO-UE, che sta giocando il tutto per tutto a detrimento delle popolazioni, mentre Russia, Cina, India, Iran e il Sud-Est asiatico si coordinano sempre di più economicamente e finanziariamente, sganciandosi dal dollaro, dallo SWIFT e aderendo al Cross-Border Interbank Payment System (CIPS). Secondo lei, stanno già emergendo i prodromi di un nuovo mondo multipolare?
Quello occidentale non è un sistema imperiale ma imperialista. L’imperialismo è la caratteristica delle potenze marittime, quello imperiale delle potenze terresti, continentali. L’imperialismo colonizza oltre mare. Imperialista lo è stata l’Inghilterra e ora gli USA. Gli imperi continentali non colonizzano, ma al limite si espandono lungo i confini integrando senza stravolgerne le caratteristiche dei popoli e delle terre che per vicinanza gli sono omogenei. L’Impero austriaco, per esempio, era più precisamente chiamato austroungarico e l’Ungheria preservava le sue caratteristiche, come le preservava la Serbia e le altre terre. Lo zar era il capo di tutte le russie, una declinazione al plurale. Stessa cosa per l’Impero Ottomano, che preservava le varie caratteristiche etniche, quindi turaniche, indoeuropee, arabe, curde etc. L’imperialismo non integra: assimila, disintegra la diversità.
Sì, comunque vada la crisi ucraina, che io leggo come aggressione dell’Occidente alla Russia e premessa di quella alla Cina, vedrà la nascita di un nuovo Ordine Mondiale multipolare e la perdita dell’egemonia dell’unipolarismo americano. Penso che a breve l’Occidente avrà una imponente crisi economico-finanziaria e tutto quello che sta ora facendo contro la Russia, a cominciare dalle sanzioni e dagli embarghi, si trasformerà in boomerang. Al momento, sul piano economico commerciale è come se la Russia stesse applicando la stessa strategia adottata nella guerre contro Napoleone e contro Hitler: si ritrarre, lascia espandersi su un immenso terreno il nemico che alla fine, logisticamente prima che per altro, non potrà reggere l’aggressione per perdita di contatto con il proprio centro.