Il Governo inglese ha risposto a una petizione che lo invitava a “rimuovere l’indennità dai produttori di vaccini COVID-19, per consentire ai singoli di intentare azioni di risarcimento nei loro confronti” chiarendo che “il diritto dei singoli di citare in giudizio i produttori del vaccino” non è stato rimosso.
Invece, l’indennizzo “determina chi pagherà le perdite del produttore derivanti da tale reclamo”. Ciò significa che i danneggiati da vaccino possono citare in giudizio i produttori, anche se sarà il governo a pagare il conto.
La risposta del governo UK afferma:
Nell’agosto 2021 sono state apportate modifiche ai regolamenti sui medicinali per uso umano del 2012 per supportare il lancio dei vaccini COVID-19. Sebbene la legislazione preveda l’immunità parziale dalla responsabilità civile per i vaccini forniti con autorizzazione di emergenza, essa preserva il diritto dei singoli di citare in giudizio i produttori del vaccino ai sensi della Parte 1 del Consumer Protection Act 1987. Ciò fornisce un importante livello di protezione nel caso in cui la sicurezza del prodotto non corrispondesse a quanto dichiarato dalle case produttrici, tenendo conto di tutte le circostanze, e se tale difetto provoca lesioni personali.
Il governo aggiunge che, per quanto riguarda il Vaccine Damage Payment Scheme (VDPS), “la cifra di £ 120.000 corrisponde a un pagamento forfettario una tantum, non è progettato per coprire i costi della vita delle persone colpite”.
“Una richiesta di successo al VDPS non impedisce a un individuo di intentare una causa contro il produttore del vaccino per danni poiché il VDPS non è uno schema di risarcimento”, aggiunge.
La risposta completa del governo alla petizione è la seguente.
Il governo non può commentare i termini in base ai quali sono stati forniti i vaccini COVID-19 in quanto questi sono riservati.
Anche se i vaccini COVID-19 sono stati sviluppati a ritmo sostenuto, in nessun momento e in nessuna fase dello sviluppo la sicurezza è stata aggirata. Questi vaccini hanno soddisfatto, in pieno, tutti i requisiti necessari di sicurezza, efficacia e qualità.
La velocità del lancio del vaccino ha messo il Regno Unito in una posizione di forza. Il Regno Unito è stato il primo paese al mondo a concedere un’autorizzazione temporanea e distribuire i vaccini Pfizer e Oxford/AstraZeneca COVID-19. Il Regno Unito è stata la prima grande economia europea e il primo membro del G20 a vaccinare il 50% della sua popolazione con almeno una dose e a fornire richiami al 50% della popolazione.
I vantaggi del lancio dei vaccini COVID-19 sono stati dimostrati in termini di salute pubblica e consentono la rimozione graduale e sicura delle restrizioni alla vita quotidiana negli ultimi 18 mesi.
In generale, gli indennizzi concessi ai produttori non impediscono ai singoli di intentare un’azione legale contro un produttore per ottenere un risarcimento. Piuttosto, l’indennità determina chi pagherà le perdite del produttore derivanti da tale richiesta.
Sebbene i dettagli degli schemi di indennizzo siano riservati dal punto di vista commerciale, comprendiamo che molti governi hanno stipulato tali accordi per garantire un rapido accesso ai vaccini COVID-19.
Nell’agosto 2021 sono state apportate modifiche ai regolamenti sui medicinali per uso umano del 2012 per supportare il lancio dei vaccini COVID-19. Sebbene la legislazione preveda l’immunità parziale dalla responsabilità civile per i vaccini forniti con autorizzazione di emergenza, essa preserva il diritto dei singoli di citare in giudizio i produttori del vaccino ai sensi della Parte 1 del Consumer Protection Act 1987. Ciò fornisce un importante livello di protezione se la sicurezza del prodotto non è come le persone hanno generalmente il diritto di aspettarsi, tenendo conto di tutte le circostanze, e se tale difetto provoca lesioni personali.
Il Vaccine Damage Payment Scheme (VDPS) è uno schema che fornisce un pagamento una tantum esentasse di £ 120.000 ai richiedenti vittime di gravi disabilità a causa di un vaccino per una malattia elencata nel Vaccine Damage Payment Act 1979. La cifra di £ 120.000 è un pagamento forfettario una tantum, non progettato per coprire i costi della vita per le persone colpite.
È in aggiunta al pacchetto di sostegno del governo per le persone con disabilità o condizioni di salute a lungo termine, tra cui l’indennità di malattia prevista dalla legge, il credito universale, l’indennità di lavoro e di supporto, l’indennità di assistenza e i pagamenti per l’indipendenza personale.
Una richiesta accolta al VDPS non impedisce a un individuo di intentare una causa contro il produttore del vaccino per danni poiché il VDPS non è uno schema di risarcimento.
Ciò significa che, fermo restando l’indennizzo, il danneggiato da vaccino può intentare un’azione di risarcimento danni contro i produttori di vaccini, seppure con i contribuenti all’amo per il conto.
E IN ITALIA?
Obbligo vaccinale: legittimità e fondamento costituzionale
La legittimità dell’obbligo vaccinale, è stata recentemente ribadita dalla sentenza n. 7045/2021 del Consiglio di Stato, che in modo sintetico e puntuale, cristallizza i motivi di necessità che la giustificano a salvaguardia di una società democratica, così come affermato anche dalla Corte EDU (Obbligo vaccinale e diritti umani: a che punto è la CEDU?).
Ispirando la propria condotta a principi c.d. di amministrazione “precauzionale”, scrive il Consiglio di Stato, “il legislatore, in una situazione pandemica che vede il diffondersi di un virus a trasmissione aerea, altamente contagioso e spesso letale per i soggetti più vulnerabili per via di malattie pregresse – si pensi ai pazienti cardiopatici, diabetici od oncologici – e dell’età avanzata, ha il dovere di promuovere e, se necessario, imporre la somministrazione dell’unica terapia – quella profilattica – in grado di prevenire la malattia o, quantomeno, di scongiurarne i sintomi più gravi e di arrestare o limitarne fortemente il contagio”.
Questa scelta dello Stato avviene nella consapevolezza sia di rischi a breve termine che dell’esistenza del c.d. “ignoto irriducibile”, cioè del margine di incertezza, che nonostante tutti gli sforzi della ricerca scientifica, rende impossibile prevedere il rapporto rischio/beneficio degli effetti del vaccino nel lungo periodo.(Cons. St. sent. 7045/2021)
Pregio della citata sentenza è quello di impostare un ragionamento che rompa il dilemma tra la centralità della tutela della persona e l’imposizione di un trattamento sanitario che possa recare qualche rischio, anche sconosciuto, per la salute. La scelta dell’obbligo vaccinale non tradisce il primato della persona, dicono i giudici di Palazzo Spada “E ciò non perché, come afferma chi enfatizza e assolutizza l’affermazione di un giusto valore concepito però come astratto bene, la persona receda a mezzo rispetto ad un fine o, peggio, ad oggetto di sperimentazione, in contrasto con il fondamentale principio personalista, a fondamento della nostra Costituzione, che vede nella persona sempre un fine e un valore in sé, quale soggetto e giammai oggetto di cura, ma perché si tutelano in questo modo tutti e ciascuno, anzitutto e soprattutto le persone più vulnerabili ed esposte al rischio di malattia grave e di morte, da un concreto male, nella sua spaventosa e collettiva dinamica di contagio diffuso e letale, in nome dell’altrettanto fondamentale principio di solidarietà, che pure sta a fondamento della nostra Costituzione (art. 2), la quale riconosce libertà, ma nel contempo richiede responsabilità all’individuo”.
Ribaltando le tante obiezioni sul “biopotere” dello Stato come pericolo per la democrazia, il Consiglio di Stato chiarisce, in linea con l’orientamento della CEDU che “in un ordinamento democratico la legge non è mai diritto dei meno vulnerabili o degli invulnerabili, o di quanti si affermino tali e, dunque, intangibili anche in nome delle più alte idealità etiche o di visioni filosofiche e religiose, ma tutela dei più vulnerabili, dovendosi rammentare che la solidarietà è “la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dalla Costituzione”.
Quanto alla pretesa lesione del diritto all’autodeterminazione, la sentenza mette in guardia dalla “logica dei diritti tiranni e, cioè, di diritti che non entrano nel doveroso bilanciamento con eguali diritti, spettanti ad altri, o con diritti diversi, pure tutelati dalla Costituzione, e pretendono di essere soddisfatti sempre e comunque, senza alcun limite”. Così la pretesa autodeterminazione che non accetta l’imposizione vaccinale, e che per il Collegio è estranea ad un ordinamento democratico, quant’è vero che «il concetto di limite è insito nel concetto di diritto”.
Vaccino anti-Covid19: per il Consiglio di Stato non è sperimentale
Contrariamente alla logica per il Consiglio di Stato i vaccini anti-Covid19 non hanno carattere “sperimentale”, ma hanno ricevuto piuttosto un’ autorizzazione all’immissione in commercio condizionata che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, “a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari”. E’ quanto chiarisce il Consiglio di Stato nella più volte citata sentenza. Il punto è importante anche in vista delle possibili richieste di indennità o di risarcimento.
Il carattere condizionato dell’autorizzazione, scrive il Supremo Collegio, non incide sui profili di sicurezza del farmaco ma impone unicamente al titolare di «completare gli studi in corso o condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole».
Effetti e reazioni avverse
Le reazioni osservate dopo la somministrazione del vaccino si distinguono tecnicamente in:
- evento avverso: qualsiasi episodio sfavorevole, ma che non è necessariamente causato dall’aver ricevuto la vaccinazione;
- reazione avversa: risposta nociva e non intenzionale alla vaccinazione, per la quale è possibile stabilire una relazione causale con la vaccinazione stessa. Per distinguere, tra evento avverso e reazione avversa, occorre valutare se è possibile risalire a una causa legata al vaccino, e non è sufficiente che l’evento si sia verificato a breve distanza dalla vaccinazione
- effetto indesiderato è l’ effetto non intenzionale connesso alle proprietà del vaccino, che non è necessariamente nocivo ed è stato osservato in un certo numero di persone. Si tratta quindi di un possibile effetto noto, verificatosi nel corso del tempo e considerato accettabile.
Le segnalazioni di eventi a seguito della somministrazione del vaccino si distingue poi in
- correlabile: l’associazione causale fra evento e vaccino è considerata plausibile;
- non correlabile: altri fattori possono giustificare l’evento;
- indeterminata: l’associazione temporale è compatibile, ma le prove non sono sufficienti a supportare un nesso di causalità (fonte AIFA).
Venendo ai numeri degli effetti avversi di una certa gravità, (gli unici suscettibili di essere indennizzati (o risarciti), si osserva che alla data della sentenza del Consiglio di Stato (fine settembre 2021) l’AIFA segnalava 120 segnalazioni di “sospette reazioni avverse” ogni 100 mila dosi somministrate, (101.110 segnalazioni su un totale di 84.010.605 di dosi) indipendentemente dal tipo di vaccino e dalla dose.
Le segnalazioni riguardavano soprattutto Comirnaty , che è stato il più utilizzato, mentre in minor misura Vaxzevria e Spikevax.
L’85% degli eventi avversi sono classificati come eventi non gravi.
Il 14,4% come reazioni avverse (17 ogni 100 mila dosi) con esito in risoluzione completa o miglioramento nella maggior parte dei casi. Afferma il Consiglio di Stato che “Le risultanze statistiche evidenziano dunque l’esistenza di un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile e i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per il SARS-CoV-2 devono ritenersi, considerata l’estrema rarità del verificarsi di eventi gravi e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica” (Consiglio di Stato n. 7045/2021).
Diritto all’indennizzo è requisito per la costituzionalità dell’obbligo
La presenza di una tutela indennitaria per i danni causati dal vaccino, costituisce uno dei presupposti per la legittimità dell’obbligo vaccinale. Il principio, ribadito di recente dalla sentenza Vavricka (C116/2021 dell’8 aprile 2021), è stato affermato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018, n. 258 del 23 giugno 1994 e n. 307 del 22 giugno 1990). La compatibilità con l’art. 32 Cost della legge impositiva di un trattamento sanitario è data dalla presenza di alcune condizioni, indicate dai giudici di legittimità:
- il trattamento deve essere diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
- non deve incidere negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
- nell’ipotesi di danno ulteriore, deve essere prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.
Indennizzo e risarcimento. Differenze
Prima di entrare nel merito dei rimedi previsti dalla legge per chi ha subito un danno dagli effetti avversi del vaccino, occorre rimarcare in maniera nitida la differenza tra indennizzo e risarcimento.
Il risarcimento del danno, presuppone sempre l’esistenza di un nesso tra un fatto illecito ed un danno ingiusto. Il diritto all’indennizzo invece prescinde dalla colpa e non richiede la prova di un illecito, ma sorge per il solo accertamento che la menomazione irreversibile sia stata causata dalla vaccinazione.
Pertanto, se il danno causato dal vaccino è legato ad un errore del medico curante (che ad esempio, pur conoscendo una determinata patologia del paziente non ha sconsigliato la somministrazione del vaccino), o all’esecuzione dell’iniezione da parte del personale sanitario, oppure ancora alla somministrazione di una fiala proveniente da un lotto difettoso, o comunque da altro comportamento colposo di uno dei soggetti coinvolti nella catena di somministrazione della dose vaccinale, è possibile cumulare l’indennizzo con la tutela risarcitoria.
In tutti gli altri casi in cui gli effetti avversi si sono verificati in seguito al vaccino, senza che vi sia alcun responsabile e alcuna colpa, sarà possibile accedere comunque alla tutela indennitaria, la quale trova la propria ragione “nell’inderogabile dovere di solidarietà che in questi casi incombe sull’intera collettività” che trae beneficio dal trattamento vaccinale del singolo.
L’indennizzo ha natura indennitaria ed equitativa e consente agli interessati una protezione certa e predefinita per legge (C. Cass. n. 118 del 1996, C. Cost. n. 268/2017).
Indennizzo per vaccinazione obbligatoria
La vaccinazione Anticovid-19, obbligatoria per gli esercenti le professioni sanitarie (Decreto-legge n. 44/2021, articolo 4) e per tutta la popolazione over 50, rientra a pieno titolo nell’art. 1 della L. 25/02/1992, n. 210, in base al quale “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.
In base alla citata norma, e secondo le regole della tutela indennitaria, il danneggiato dovrà provare
- di aver subito lesioni o infermità di tale intensità da aver causato una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica (sono dunque irrilevanti eventuali febbri passeggere, o modesti disturbi transitori),
- che il danno subito è conseguenza della vaccinazione.
L’indennizzo da vaccinazione obbligatoria ha copertura costituzionale, trattandosi di “misura di sostegno economico, fondato sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua dei citati art. 2 e 38 Cost., a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno (sentenza n. 342 del 2006, punto 3 del Considerato in diritto), misura che trova fondamento nella insufficienza dei controlli sanitari predisposti nel settore (sentenza n. 28 del 2009).”Corte cost. 293/2011.
Il diritto all’indennizzo ha natura di diritto soggettivo tutelabile davanti al giudice ordinario (T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, 28/10/2021, n. 11060).
Procedura per l’indennizzo
Dal 2001 la competenza per la procedura di indennizzo è stata trasferita dal Ministero della Salute alle Regioni (D.lgs. 31 marzo 1998 e D.p.c.m. 26 maggio 2000), con la sola eccezione della Sicilia.
La domanda di indennizzo è presentata dall’interessato alla ASL di residenza, la quale svolge l’istruttoria, verificando la completezza della documentazione allegata e il possesso dei requisiti previsti dalla legge. Al termine della fase istruttoria, l’Azienda sanitaria invia il fascicolo alla Commissione medica ospedaliera (CMO) competente, che deve convocare a visita l’interessato. È compito della CMO accertare l’esistenza del nesso causale tra l’infermità ed il vaccino, qualificare il grado di infermità e la tempestività di presentazione della domanda.
Il verbale della CMO è notificato al richiedente, che ha 30 giorni di tempo dalla notifica per presentare eventuale ricorso contro la decisione al Ministero della Salute.
Importo dell’indennizzo
L’importo dell’indennizzo, è calcolato sulla base della tabella B allegata alla L. 177/1976 (come modificata dall’art. 8 L. 111/1984) rivalutabile annualmente e da una somma pari all’indennità integrativa speciale (L. 324/59 e D.P.R. n. 834 del 1981), anch’essa per la giurisprudenza soggetta a rivalutazione.
L’assegno di indennità è reversibile per 15 anni.
I danneggiati da vaccinazione obbligatoria possono presentare ulteriore domanda per ottenere un assegno una tantum, pari al 30% dell’indennizzo dovuto per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo.
In caso di successivo aggravamento dell’infermità già riconosciuta, l’interessato ha 6 mesi di tempo dalla conoscenza dell’evento per presentare all’Azienda sanitaria la domanda di revisione dell’indennizzo (art. 6 L. 210/1992)
Se invece emerge l’esistenza di un’ulteriore patologia direttamente connessa alla vaccinazione, è possibile ottenere un indennizzo aggiuntivo per “doppia patologia”, di importo pari al 50% di quello previsto per la categoria corrispondente alla patologia più grave (art. 1 comma 7 L. 238/1997)
Se poi il danneggiato muore in conseguenza delle patologie per le quali è stato riconosciuto l’indennizzo, gli aventi diritto (coniuge, figli, genitori, fratelli) potranno presentare all’Azienda sanitaria di residenza del defunto, una domanda per ricevere un assegno una tantum, in unica soluzione o reversibile in 15 anni dell’importo di Euro 77.48, 53.
Indennizzo aggiuntivo
La L. 29 ottobre 2005, n. 229 (disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie) riconosce ai titolari di indennizzo per danno da vaccinazione obbligatoria, un ulteriore indennizzo, consistente in un assegno mensile vitalizio di importo pari:
- a sei volte la somma percepita dal danneggiato per le categorie dalla prima alla quarta della tabella “A” annessa al testo unico in materia di pensioni di guerra (D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915), e successive modificazioni,
- a cinque volte per le categorie quinta e sesta,
- a quattro volte per le categorie settima e ottava. Infatti, al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra di cui sono annesse diverse tabelle, tra le quali la tabella “A” relativa alle lesioni e le infermità che danno diritto a pensione vitalizia o ad assegno temporaneo.
La domanda in questo caso va presentata al Ministero della Salute (e non alla Regione) competente per l’istruttoria, che redigerà una graduatoria sulla base del criterio cronologico di presentazione delle istanze, dei parametri della gravità dell’infermità o delle difficoltà economiche dei richiedenti e dei loro nuclei familiari (D.M. 21/10/2009, n. 9). Il decreto di liquidazione in caso di accoglimento della domanda, viene comunicato direttamente all’interessato.
Vaccinazione raccomandata…
Ferma la piena applicazione della L. 210/1992 a tutti i casi nei quali il vaccino Anticovid 19 è stato reso obbligatorio per legge, resta da comprendere che succederà dei danni che dovessero eventualmente colpire le categorie attualmente non obbligate.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi più volte sull’argomento delle vaccinazioni raccomandate (C. Cost. n. 268/2017), e di recente, in pieno periodo pandemico, lo ha fatto con la sentenza 23 giugno 2020, n. 118 (Presidente Marta Cartabia).
Per la Corte di legittimità, non c’è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione, il cui comune obiettivo è quello di assicurare la più ampia immunizzazione, essendo “del tutto irrilevante, o indifferente, che l’effetto cooperativo sia riconducibile, dal lato attivo, a un obbligo o, piuttosto, a una persuasione o anche, dal lato passivo, all’intento di evitare una sanzione o, piuttosto, di aderire a un invito” (sentenza n. 107 del 2012). Anche se “la raccomandazione” appare sempre preferibile sul piano politico “per la sua spinta “gentile”, (che) accompagna e favorisce lo sviluppo dell’autodeterminazione, benché anche questa spinta incida anch’essa in profondità sul processo formativo del volere nel consenso informato, senza la costrizione e l’extrema ratio dell’obbligo, aumenta la fiducia dei cittadini nella scienza e nell’intervento pubblico” (Cons. St. n. 7045/2021).
Le vaccinazioni raccomandate, sono caratterizzate dalla presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, idonee ad ingenerare un affidamento della popolazione nei confronti di quanto viene consigliato dalle autorità sanitarie, fatto questo che rende la scelta individuale di vaccinarsi come votata alla salvaguardia non di un interesse personale ma dell’interesse collettivo della comunità. E poiché il singolo ha aderito alla vaccinazione in ragione delle esigenze di solidarietà sociale, lo Stato deve farsi carico delle eventuali conseguenze negative della sua integrità psico-fisica; sarebbe ingiusto invece consentire che fossero i singoli danneggiati a sopportare il costo di un beneficio anche collettivo (v. anche sentenza n. 107 del 2012).
La Corte enumera poi gli atti che caratterizzano la vaccinazione “raccomandata”:
- insistite e ampie campagne anche straordinarie di informazione e raccomandazione da parte delle autorità sanitarie pubbliche nelle loro massime istanze;
- spinte gentili o c.d. nudge attraverso un sistema di incentivi e disincentivi;
- distribuzione di materiale informativo specifico;
- informazioni contenute sul sito istituzionale del Ministero della salute;
- decreti e circolari ministeriali;
- piani nazionali di prevenzione vaccinale.
…e diritto all’indennizzo
La Corte, ritenuto quindi che la funzione dell’indennizzo è quella di completare il “patto di solidarietà” tra individuo e collettività in tema di salute, e che sia necessaria la “traslazione in capo alla collettività, favorita dalle scelte individuali, degli effetti dannosi” che conseguano al vaccino, ha stabilito che la mancata previsione del diritto all’indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si risolve in una lesione degli art. 2, 3 e 32 della Costituzione.
E tuttavia, la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di chiarire anche che il Giudice, interpellato per la richiesta di indennizzo per i danni derivanti da una nuova vaccinazione solamente raccomandata, non può automaticamente estendere l’ambito applicativo della L. 210/1992 al nuovo vaccino, ma deve chiedere una pronuncia di incostituzionalità della medesima legge alla Corte Costituzionale (C. Cost. n. 268/2017).
Il ricorso alla Corte Costituzionale potrebbe essere facilmente arginato, se il legislatore prevedesse l’estensione del ristoro a favore di chi, pur non essendo obbligato, si sottoponga alla vaccinazione anti-Covid19 , e ne riporti poi un pregiudizio (aggiornamento del 28 gennaio >> Cosa in effetti avvenuta: il Decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 ha modificato la legge 210/1992 sugli indennizzi per gli effetti avversi da vaccino aggiungendo all’articolo 1 il nuovo comma 1 bis).
Responsabilità della casa farmaceutica
All’indennizzo può essere aggiunto anche il risarcimento dei danni, nel caso in cui l’infermità subita dall’interessato sia imputabile al fatto colposo altrui.
Un caso può essere quello della responsabilità della casa farmaceutica, quando ad esempio il lotto vaccinale dal quale è stata estratta la fiala somministrata, sia risultato difettoso.
Sono generalmente due i rimedi esperibili a tutela del danneggiato.
1. Azione di responsabilità per esercizio di attività pericolose
Il primo rimedio contro la casa farmaceutica è previsto all’art. 2050 c.c., “responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”, nelle quali la giurisprudenza fa rientrare anche l’attività di vendita e somministrazione di vaccini e medicinali da parte delle aziende di farmaci
La responsabilità ex art. 2050 c.c. alleggerisce il danneggiato dell’onere della prova, dando luogo, secondo la prevalente interpretazione, ad una responsabilità oggettiva.
La prova del danno e del nesso causale deve essere fornita dal danneggiato, mentre la casa farmaceutica può liberarsi dalla responsabilità solamente dimostrando di “avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”, (ad esempio provando che il lotto dal quale è stato tratto il vaccino somministrato è stato sottoposto al controllo pubblico secondo le previsioni della L. n. 178 del 1991, art. 20, comma 5 e che gli esami effettuati dall’Istituto superiore della Sanità (sui campioni e sulla documentazione forniti dalla ditta) hanno dato esito favorevole (C. Cass. 2875/2015).
Più recentemente la Cassazione ha escluso la responsabilità della casa farmaceutica che fornisca la prova di avere osservato, prima della produzione e immissione sul mercato del farmaco, i protocolli di sperimentazione previsti dalla legge, e di avere fornito un’adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dello stesso, aggiornandola – se necessario – in relazione all’evoluzione della ricerca (Cass. 6587/2019).
Con riguardo alla prova liberatoria dell’adeguata informazione, la Cassazione ha precisato anche che non basta una qualunque informativa, ma “è necessario che l’impresa farmaceutica svolga una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche, allo stato di avanzamento della ricerca, al fine di eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti nella maniera più completa ed esaustiva possibile i potenziali consumatori” (Cass. 6587/2019).
2. Azione di responsabilità del produttore per prodotti difettosi
Il secondo rimedio contro l’azienda farmaceutica è previsto dal D.P. R. n. 244/1988. Si tratta di norme di derivazione comunitaria, a tutela del consumatore, che sanciscono la responsabilità extracontrattuale del produttore per il danno cagionato dal prodotto difettoso.
L’art. 4 prevede che Il danneggiato fornisca la prova del danno, del difetto del prodotto e della connessione causale tra difetto e danno
La prova del difetto (art. 117) comporta la dimostrazione che il prodotto non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenendo conto di tutte le circostanze tra cui:
a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite;
b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere;
c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione”.
Assumono particolare importanza ai fini della prova del “difetto” le norme tecniche armonizzate che fissano gli standard di sicurezza e le caratteristiche che determinati prodotti devono possedere per essere immessi in commercio.
In relazione ai farmaci, la prova del difetto diventa particolarmente difficile, dal momento che l’autorizzazione in commercio (AIC) è consentita proprio dopo una valutazione sui documenti relativi alle prove farmaceutiche, pre-cliniche ed alle sperimentazioni che dimostrino il rapporto rapporto favorevole tra rischi e benefici del farmaco.
Responsabilità del Ministero della Salute
Altro profilo che interessa il danno da vaccino è quello relativo alla responsabilità del Ministero della salute. La giurisprudenza ha escluso in questo caso l’applicabilità dell’art. 2050 c.c., (con la relativa attenuazione dell’onere probatorio del danneggiato), ed ha inquadrato la responsabilità del Ministero nell’art. 2043 c.c.
In particolare, perchè si configuri un risarcimento, in aggiunta all’indennizzo già dovuto per legge in caso di vaccinazione obbligatoria, è necessario fornire la prova che:
- all’epoca della somministrazione del vaccino era conosciuta o conoscibile – secondo le migliori cognizioni scientifiche disponibili – la pericolosità dello stesso
- alla stregua di tali conoscenze, il rispetto del fondamentale principio di precauzione avrebbe imposto di vietare tale tipo di vaccinazione, o di consentirla con rigorose modalità tali da minimizzare i rischi ad essa.
Fu il caso ad esempio del vaccino Sabin, contro la poliomielite, del quale era conosciuta la “pericolosità” perché contenente virus attenutati che dimostravano di riattivarsi durante il transito intestinale, provocando la malattia infettiva paralitica. All’epoca era già noto in ambito internazionale un altro vaccino (Salk) che era invece inattivo. Per questa ragione la Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. III, Sent., data ud. 04/02/2011 – 27/04/2011, n. 9406) ha condannato il Ministero della Salute, ritenendolo responsabile di non aver vietato quel tipo di vaccinazione, o comunque di non averla consentito con modalità idonee a limitarne i rischi.
La responsabilità fu riconosciuta dalla Cassazione proprio per il fatto che il Ministero avesse consapevolmente seguito una strada che non era obbligata, perchè all’epoca era già esistente l’alternativa di un vaccino inattivo. (Altalex)