In questo articolo affronterò diverse questioni solo apparentemente disgiunte, ma in realtà, come vedremo, assolutamente interdipendenti. Vi parlerò, infatti, di informazione, di manipolazione dell’informazione e dei concetti di “meme” e “false flag”. E capirete perché c’è un filo conduttore che unisce la false flag dell’11 Settembre 2001 al colpo di stato globale che stiamo attualmente vivendo.
Recentemente, un controverso personaggio come Elon Musk, nel bene e nel male uno degli uomini più potenti ed influenti attualmente sulla scena, in un’intervista televisiva ha dichiarato che chi detiene il controllo dei “meme” controlla di fatto il mondo. Badate bene, non ha parlato di controllo dell’informazione, ha parlato espressamente di controllo dei “meme”.
Mi sono già occupato in passato – era il 2011 e ricorreva il decimo anniversario dei fatti dell’11 Settembre – in ben due editoriali della rivista che all’epoca dirigevo, Novum Imperium, dei concetti di meme e false flag. Ritengo doveroso tornare oggi sull’argomento, data la sua sconcertante attualità.
Nel passato un’informazione disponeva di pochi supporti analogici attraverso i quali poteva veicolare le proprie speranze evolutive. Le informazioni, beninteso, viaggiavano e, anche ben prima dell’avvento dell’era industriale, dei quotidiani, della radio e della televisione, raggiungevano potenzialmente tutto il mondo, anche se erano destinate a un target limitato di persone. Ma oggi, per via della digitalizzazione e della globalizzazione, ogni singola informazione, se ben indirizzata, può potenzialmente divenire un veicolo d’innesco e d’innesto disponibile simultaneamente a milioni di menti. Ma occorre anche mettere in guardia i fruitori dell’informazione da un qualcosa che chiamiamo “meme”.
Per meme, un termine oggi divenuto di uso comune e derivante dal greco μίμημα, mímēma, “imitazione”, si intende un’entità di informazione che si propaga come un virus da una mente ad un’altra o, nell’eccezione dawkinsiana, un’unità auto-replicante di informazione culturale. La radice greca di questo termine ci ricorda che una caratteristica fondamentale del meme è proprio quella di venire diffuso per imitazione.
Stando alla definizione che ce ne fornisce il Webster Dictionary, un meme è infatti «un’idea o un comportamento che si diffonde da persona a persona all’interno di una cultura». E quando una determinata forma di meme prende corpo in una precisa notizia o in una semplice idea, questa, se ben veicolata, attecchisce nella mente di una moltitudine di persone e crea modelli di pensiero, divenendo in grado di determinare azioni che si ripercuotono nella quotidianità e di influenzare i comportamenti dei popoli e, più in generale, l’opinione pubblica.
Già nel XIX° secolo, il grande filosofo americano Ralph Waldo Emerson ci ricordava che «La chiave di ogni uomo è il suo pensiero. Benché egli possa apparire saldo e autonomo, ha un criterio cui obbedisce, che è l’idea in base alla quale classifica tutte le cose. Può essere cambiato solo mostrandogli una nuova idea che sovrasti la sua». E non aveva certo torto. Ma cosa avviene quando tale nuova “idea” nasce ab origine come errata o manipolata? Cosa avviene se l’informazione alla base di un meme è falsa o distorta? Una volontaria e consapevole diffusione di dati falsati o abilmente assemblati in modo errato o fuorviante non rappresenta soltanto un’offesa all’intelligenza e alla dignità delle persone, ma un vero e proprio “tumore” mediatico destinato a espandersi all’infinito con le sue reti di metastasi e a plasmare e condizionare l’opinione pubblica secondo precise linee guida. E le masse, che proprio a causa della digitalizzazione e della globalizzazione mediatica di oggi, hanno paradossalmente meno difese da certi “virus” rispetto ai popoli dell’antichità o anche soltanto ai nostri progenitori, risultano particolarmente vulnerabili quando a fungere da grancassa di risonanza di determinati “meme” metastatici sono i media cosiddetti mainstream. Quei media che, purtroppo ancora agli occhi di troppe persone, rappresentano autorevoli dispensatori di “verità”, mentre invece da tempo sono divenuti i principali propagatori di notizie false.
La storia recente è piena – per chi sa vederli – di esempi di meme difettati messi in circolazione con il fine di plasmare l’opinione pubblica su certi argomenti. E l’immancabile e puntuale azione dei media compiacenti e “di regime” completa l’opera, facendo assurgere nelle menti dei cittadini a “verità assoluta” delle notizie già in partenza false e tendenziose, notizie abilmente confezionate nelle cabine di regia del potere per plasmare e condizionare l’opinione pubblica. Lo vediamo oggi in maniera lampante con il Covid-19, ma potremmo anche citare il caso di “Mani Pulite”, con il quale la quasi totalità dell’opinione pubblica italiana venne indotta a credere che la casta dei magistrati rappresentasse l’unico e ultimo baluardo contro la corruzione e il marciume della partitocrazia, casta di paladini a cui affidarsi ciecamente per la salvezza della Patria. Mentre in realtà si è voluto decapitare un’intera classe politica per sostituirla con un’altra, ugualmente corrotta ma più compiacente nella svendita ai poteri forti della finanza mondiale dei capitali e delle risorse dello Stato.
Potremmo poi parlare del meme che negli anni ’90 instaurò nell’opinione pubblica mondiale l’idea che i Serbi erano i “cattivi” e che bisognava combatterli. Questo meme portò di fatto alla perdita da parte della Serbia della propria sovranità nazionale, a due mesi di criminali e terroristici bombardamenti della NATO su Belgrado e sulle altre città del Paese, e alla creazione, sul territorio della storica provincia serba di Kosovo e Metohija, di uno stato mafioso gestito da narcotrafficanti e criminali di guerra, ma riconosciuto e osannato da una folta schiera di nazioni tra cui l’Italia!
Potremmo andare avanti ancora per molto, menzionando il memedelle presunte “armi di distruzione di massa” di Saddam, generato e diffuso per poter giustificare la guerra all’Irak. Oppure il meme che ha diffuso la favola degli attacchi terroristici di Al-Qaeda dell’11 Settembre 2001, una versione ufficiale che fa acqua da tutte le parti e a cui ormai non crede più neanche il gatto, ma che però è servita a generare un vero e proprio golpe interno negli Stati Uniti, a spianare la strada per la cosiddetta “guerra al terrorismo” e a orchestrare il primo vero e proprio restringimento su scala globale dei diritti civili e democratici e delle libertà di movimento dei cittadini.
Potremmo poi parlare del meme generato per criminalizzare l’Iran, in base al quale si vuole insinuare da decenni nell’opinione pubblica la visione di un Paese dominato da una feroce e spietata dittatura, nel quale il popolo è oppresso nella miseria e nell’ignoranza. Peccato che, essendomici più volte recato, io possa testimoniare esattamente il contrario. Si tratta, sì, di una teocrazia islamica sciita, ma ho avuto modo di conoscere di persona un Paese civile e avanzato, con alto livello di benessere e di istruzione, abitato da un popolo che ha raggiunto notevoli conquiste sociali e che non rinuncerebbe mai alla propria sovranità nazionale.
Un altro meme emblematico del XX° Secolo è invece ben descritto e spiegato da un autore coraggioso come Norman Finkelstein nel suo saggio L’Industria dell’Olocausto; meme che ha in concreto fatto assurgere a verità dogmatica dei dati opinabili e che ha portato alla criminalizzazione degli storici liberi, che nel migliore dei casi vengono bollati ed etichettati come “politicamente scorretti”.
In sintesi, la storia dell’umanità è stata sempre costellata da “virus” dell’informazione messi abilmente in circolazione dai detentori – più o meno occulti – delle redini del potere, dai tempi del Concilio di Nicea fino a quelli più recenti della strage di Bologna e del DC9 di Ustica, per non parlare della vicenda dell’influenza suina. Ma con l’avvento dell’era informatica e digitale certi “virus” hanno accresciuto enormemente il loro potere di contagio. E lo vediamo, purtroppo, oggi più che mai.
Occhi aperti, allora! Ricordiamoci che i propagatori di notizie artefatte, quasi sempre costruite a tavolino da servizi compiacenti che eseguono gli ordini dei “padroni”, godono di enormi risorse finanziarie. Mentre chi sceglie di non allinearsi e di fare “contro-informazione”, non solo non gode di alcuna risorsa economica, ma viene anzi spesso perseguitato, sottoposto a censure e sistematicamente etichettato come “complottista”.
Concentriamoci adesso sul concetto e sul significato di “false flag”, un neologismo anglosassone coniato già durante la IIª Guerra Mondiale, del quale l’enciclopedia in rete Wikipedia ci fornisce una esaudiente spiegazione: «La tattica false flag, o operatività sotto falsa bandiera, è una tattica segreta condotta generalmente da grandi compagnie, agenzie d’intelligence, governi, o gruppi politici, e progettata per apparire come perseguita da altri enti e organizzazioni anche attraverso l’infiltrazione e/o lo spionaggio di questi ultimi. Il nome deriva da ‘false’ e ‘flag’, ossia bandiera falsa. L’idea è quella di ‘firmare’ una certa operazione per così dire “issando” la bandiera di un altro stato o la sigla di un’altra organizzazione. Un’operazione ‘false flag’ può vedersi come la versione in grande, strategico-politica, di un falso d’autore, ma non solo: la tattica falsa bandiera non si limita esclusivamente a missioni belliche e di contro-insorgenza, bensì viene utilizzata anche in tempi di pace, come ad esempio nel periodo italiano della strategia della tensione, e copre anche operazioni nelle quali il nemico viene guidato a sua insaputa verso il raggiungimento di un obiettivo che lo stesso nemico può persino ritenere essere connaturale al completamento della propria missione e/o all’attuazione della propria strategia».
Pur non mancando addirittura nella storia antica numerosi esempi che potrei citarvi, in tempi più recenti possono essere classificati come “false flag” l’incidente di Gleiwitz del 1939, con cui Reinhard Heydrich costruì ad arte un “attacco polacco” per mobilitare l’opinione pubblica tedesca e per fabbricare una giustificazione falsa per l’invasione della Polonia. Oppure l’episodio di Mukden del 1931, quando funzionari giapponesi costruirono un pretesto per annettere la Manciuria facendo esplodere una sezione di ferrovia. In seguito, produssero la falsa affermazione per cui sarebbe stato rapito uno dei loro soldati nell’episodio del ponte Marco Polo come scusa per invadere la Cina. E, tornando al 1939, si verificò un caso di false flag quando l’Unione Sovietica di Stalin bombardò il villaggio di Mainila alla frontiera con la Finlandia, diffondendo poi la notizia di molte vittime. L’episodio fu utilizzato come giustificazione per attaccare il paese scandinavo.
Altro caso “classico” di false flag fu l’Operazione Northwoods, pianificata (ma mai eseguita) da parte di gruppi di funzionari di alto livello del governo statunitense, e finalizzata a inventare pretesti per una guerra contro Cuba. Tale operazione includeva scenari come la simulazione del dirottamento di un aereo passeggeri facendo cadere la colpa su Cuba, oppure atti terroristici contro immigrati cubani negli USA, da rimproverare a terroristi castristi. Scritta e firmata dai Joint Chiefs of Staff (gli Stati Maggiori riuniti delle Forze Armate statunitensi), fu bocciata dal Segretario alla Difesa Robert McNamara e venne alla luce solo grazie alla legge per la libertà di informazione, il Freedom of Information Act, e fu resa pubblica da James Bamford.
Anche la storia recente è letteralmente disseminata di casi di false flag. Basti ricordare l’efferata strage di civili al mercato di Sarajevo, operata e condotta dalle truppe musulmano-bosnianche di Alja Izetbegovic per far ricadere la colpa sui Serbi.
Ma veniamo ai giorni nostri. Pochi giorni fa è ricorso il diciannovesimo anniversario dei fatti dell’11 Settembre, la false flag per eccellenza della Storia moderna e contemporanea. In un suo video pubblicato su Youtube, lo scrittore Roberto Quaglia, persona di grande preparazione e intelligenza, ha esposto in maniera esemplare i parallelismi e le correlazioni fra tale evento e la “pandemia” dei nostri giorni, spiegando come vi sia dietro entrambi la medesima regia. Il primo evento è infatti servito per generare e diffondere a livello di massa la paura del “terrorismo”, affinché i cittadini, in nome della “sicurezza” accettassero senza troppo obiettare leggi liberticide come il Patrioct Act negli Stati Uniti e provvedimenti simili emanati in altre nazioni e restringimenti senza precedenti delle libertà e dei diritti. L’”Operazione Corona”, scatenata lo scorso autunno e tutt’ora in corso, ha agito esattamente sullo stesso solco: in nome della paura, questa volta non del “terrorismo”, ma di un fantomatico “virus”, peraltro mai isolato e dimostrato, i cittadini di gran parte del mondo hanno addirittura accettato di farsi mettere per mesi agli arresti domiciliari, di interrompere le proprie attività lavorative, di isolarsi e di non vedere neppure i propri amici, parenti e familiari e di indossare delle inutili e grottesche museruole.
Come spiega bene Roberto Quaglia, non è il “Covid” che ha permesso tutto questo, bensì la sua “narrazione”, il suo “meme”. Il Covid è, infatti, solo la “narrazione” che è stata utilizzata da determinate elite di potere per conseguire, facendo leva sulla paura, un determinato risultato: una svolta autoritaria senza precedenti nella Storia.
Sento di avere personalmente un debito di riconoscenza nei confronti di Giorgio Cattaneo e del sito Libreidee, poiché da tempo citano e riportano molte mie dichiarazioni, dando ampio risalto ai miei articoli di denuncia. Sarò io, quindi, questa volta, a citare il sito Libreidee, che proprio oggi, 16 Settembre, ha pubblicato un interessante articolo intitolato Ieri il terrorismo, oggi il virus. Stessa regia: la paura. In tale articolo vengono riportate importanti dichiarazioni del Prof. Edward Curtin, docente di Sociologia al Massachusetts College of Liberal Arts. Ne cito alcune, poiché parlano da sole e non necessitano di alcun commento:
«A chiunque abbia vissuto gli attacchi dell’11 Settembre 2001 e il fenomeno del cosiddetto Covid-19 del 2020, la memoria potrà servire a mettere in luce un inquietante parallelo tra i due eventi. Il legame principale è che entrambi gli eventi hanno acuito la normale paura che gli esseri umani hanno della morte. Quando la religione perde la presa sull’immaginazione umana, specialmente per quanto riguarda la fede nell’immortalità (come aveva sottolineato Orwell a metà degli anni Quaranta), quello che rimane è un vuoto enorme. Senza quella consolazione, la paura viene di solito esorcizzata con futili espedienti. Nel caso degli attacchi dell’11 Settembre 2001 e dell’attuale operazione del coronavirus, la paura della morte è stata usata dalle élite del potere per controllare le popolazioni e portare avanti programmi pianificati da tempo. C’è un filo rosso che collega i due eventi. Entrambi gli eventi erano chiaramente stati previsti e pianificati».
«Dopo gli attacchi dell’11 Settembre 2001, c’era stato ripetutamente detto che il mondo era cambiato per sempre. Ora ci viene detto che, dopo il Covid-19, la vita non sarà più la stessa. Questa è la “nuova normalità,” mentre il mondo post 11 Settembre e pre Covid-19 doveva essere stato la vecchia nuova normalità. Questa nuova vecchia normalità sarà senza dubbio una forma di transumanesimo tecno-fascista, messo in atto “per il nostro stesso bene”. Come nel caso dell’11 Settembre, ci sono numerose prove sul fatto che l’epidemia da coronavirus era stata prevista e pianificata, e che la gente è stata vittima di una campagna di propaganda che ha fatto uso di un virus invisibile per indurci alla sottomissione e bloccare l’economia mondiale a favore delle élite globali. Non è una teoria del complotto, ma un palese e concreto piano enunciato nel Rapporto Rockefeller 2010, nell’Event 201 del 18 Ottobre 2019 e, tra l’altro, nell’Agenda 21».
«Come gli amorfi terroristi e la guerra contro il “terrorismo” (che è una tattica e quindi non un qualcosa che si può combattere), un virus è invisibile: guardati le spalle, attento al viso, mascherati, lavati le mani, mantieni le distanze. Come per l’11 Settembre, ogni volta che qualcuno mette in dubbio la narrativa ufficiale del Covid-19, le statistiche ufficiali, la validità dei test, l’efficacia delle mascherine, i poteri dietro il tanto decantato vaccino prossimo venturo e le orribili conseguenze dei lockdown deridono i dissidenti alla stregua di pazzi della cospirazione. Questo succede anche quando i dissidenti sono medici, scienziati e intellettuali molto rispettati, che vengono regolarmente bannati da Internet. Con l’11 Settembre, inizialmente c’erano stati molti meno dissidenti di quanti ce ne siano ora, e quindi l’eliminazione delle opinioni discordanti non aveva avuto bisogno di una censura palese, che ora invece cresce di giorno in giorno. Questa censura interessa tutto Internet, rapidamente e subdolamente, lo stesso Internet che viene imposto a tutti come la nuova normalità secondo il Grande Reset Globale, la bugia digitale di un futuro in cui, come ha detto Anthony Fauci, nessuno dovrà più darsi la mano».
Sono personalmente certo che sia prossima una piena desecretazione dei fatti dell’11 Settembre 2001. La verità verrà alla luce, sarà pienamente esposta. Molti rimarranno scioccati, ma alla fine metteranno in moto i propri neuroni e comprenderanno come e quanto tutto sia collegato. E forse si sveglieranno, forse usciranno dalla caverna nella quale hanno fino ad oggi beatamente vegetato, e magari si toglieranno anche le museruole. Anche se, per le persone più attente, tale verità è già di fatto stata esposta nove anni fa. Il 12 Marzo del 2011, infatti, è stata diramata una notizia che è passata rigorosamente sotto silenzio sui nostri quotidiani e sui nostri notiziari, ma che io riportai sulla mia rivista Novum Imperium: tracce di esplosivi di nano-termite sono stati individuati tra i detriti delle Twin Towers del World Trade Center di New York. Sì, proprio le Torri, quelle Torri che l’opinione pubblica americana e mondiale è stata indotta a credere siano state abbattute dal più terribile e spettacolare attentato terroristico della storia. Analizzando numerosi detriti raccolti subito dopo il crollo, il Dr. Steven Jones, professore di Fisica della Brigham Young University, coadiuvato da un team internazionale composto da nove scienziati, ha individuato chiaramente residui di esplosivo nano-termite, generalmente usato per scopi militari. Dopo un rigoroso processo di peer-review, la notizia della scoperta e la relativa documentazione sono state pubblicate sulla prestigiosa rivista scientifica Bentham Chemical Phisics Journal, una delle testate più accreditate e rispettate negli U.S.A. In sintesi, come già dimostravano (per chi aveva gli occhi attenti per capirlo) alcuni filmati girati durante il crollo, è possibile adesso affermare ufficialmente che a determinare il crollo delle Twin Towers non sono stati gli aerei che le hanno colpite, ma tutta una serie di cariche di esplosivo piazzate con estrema perizia e maestria in numerosi punti dei due edifici.
Svegliatevi, prima che sia troppo tardi!