Germania, tribunale rimuove il coprifuoco imposto dal governo

Venerdì all’ora di pranzo, è arrivata la notizia che anche il tribunale amministrativo di Berlino ha rimosso il coprifuoco immediatamente prima del fine settimana. Diversi gestori di club e proprietari di bar avevano infatti protestato per la pretesa di dover chiudere i loro bar tra le 23:00 e le 6:00 e avevano criticato il coprifuoco come sproporzionato. 
Giovedì il tribunale amministrativo del Baden-Württemberg a Mannheim si è espresso su richiesta urgente di una famiglia del Nord Reno-Westfalia che aveva prenotato un alloggio nel distretto di Ravensburg.

 La famiglia ha sostenuto che l’attuale divieto di alloggio avrebbe reso la loro vacanza impossibile ritenendolo sproporzionato e arbitrario. L’obbligo di sottoporre al tampone discrimina gli ospiti provenienti da regioni con scarse capacità di test. I test dovrebbero essere pagati anche privatamente, il che avrebbe gravato sulla famiglia con tre figli per ben 154,91 euro a test.

Alla fine ha prevalso il diritto fondamentale alla libertà di movimento

I giudici sono stati d’accordo. Il punto centrale per la loro decisione è stato sulla legalità più che sulla valutazione pratica del divieto: lo stato non è stato in grado di dimostrare l’evidenza di un rischio particolarmente elevato di infezione. L’esame classico della proporzionalità di un intervento include anche la questione di quanto sia adatto il provvedimento statale per raggiungere l’obiettivo desiderato.

I giudici hanno riscontrato che il pericolo negli hotel non è abbastanza grande per contrastarlo con misure così drastiche. Gli attuali “driver” della pandemia sono legati a gruppi più grandi o in situazioni di spazio limitato. Poiché tutti i negozi, ristoranti, bar e locali di intrattenimento sono di nuovo aperti ad eccezione di locali e discoteche, non ne consegue che siano proprio le strutture ricettive ad essere escluse dal coprifuoco non essendo particolarmente affollate. 

Alla fine, per i giudici ha prevalso il diritto fondamentale alla libertà di movimento, articolo 11 della Legge fondamentale, principalmente perché il basso effetto sulla protezione dalle infezioni non è proporzionale agli svantaggi per la famiglia.

Nella Bassa Sassonia la costellazione era diversa. Non era una famiglia in viaggio a fare causa, ma il gestore di un parco di divertimenti. Quindi non era la libertà di movimento che era in questione, ma la libertà di occupazione del ricorrente. Nell’ esame sommario (perché anche qui si trattava di una decisione urgente), i giudici del Tribunale amministrativo superiore di Celle non hanno lasciato speranze al testo dell’ordinanza del governo statale. Il divieto non è sufficientemente definito, poiché nomina persone “provenienti da” zone a rischio, ma non determina quali siano le zone e se si tratta di residenti o anche ad esempio lavoratori pendolari.

Fonte: https://www.faz.net