RIFLESSIONE SUI PRIMI UNDICI MESI DEL 2021

Il 2019 dimostrò, oltre ragionevole dubbio, tre cose: dopo migliaia di anni, l’economia del debito non era più sostenibile, perchè i rendimenti della gran parte delle attività (esclusa una minoranza legata soprattutto all’approntamento dei beni materiali) non era più in grado di sostenere un’adeguata remunerazione del lavoro o, in alternativa, l’acquisto dei mezzi di produzione risparmia-lavoro, le rendite ovvero i costi immobiliari e finanziari, profitti non inferiori a quelli promessi dai principali canali speculativi; le autorità politiche e le classi dominanti non erano più in grado di indicare soluzioni al problema perchè la principale di esse – vale a dire la immissione di moneta statale non a debito – le avrebbe miseramente spiazzate; la necessità di ingenerare crescente paura e di rappresentare temibili emergenze per evitare di cedere il potere da sempre esercitato e scomparire, finalmente, dalla Storia.
All’inizio fu emergenza climatica, ma, incartocciatosi il fenomeno Tumberg, già all’inizio del 2020, fu scelta quella sanitaria.
Il 2021 ha segnato una diminuzione delle vittime (sia vere, sia presunte, considerando la manipolazione dei dati) e dei cosiddetti contagi, ma gli allarmi medici sono cresciuti: varianti spaventose, asintomatici (soprattutto giovanissimi e bambini) da vaccinare, vaccini sempre meno efficaci (e, tuttavia, non privi di rischi), mistero asfissiante su cure semplici ed efficaci purchè tempestive, silenzio assordante circa le condizioni di salute fisica e psichica della popolazione.
Alla ricerca di emergenze riappare quella ambientale, non si interviene sulla eccessiva cementificazione del territorio, ma si deve dare la colpa dei cataclismi all’acqua piovana; però si sottovaluta il tema di un’emergente inflazione.
In altri tempi, quest’ultima sarebbe stata salutata come un benefico segnale di ripresa; ritengo, invece, che dietro di essa si celi solo una diminuzione della domanda minore di quella dell’offerta.
Quest’ultima deriva da: 1) scelte erronee in campo logistico e organizzativo (è stata data priorità al taglio dei costi, ad esempio a livello delle strutture portuali, in base a valutazioni correnti quando l’economia aveva rallentato evidentemente); 2) molti Paesi – USA e Cina in primis – hanno aumentato le loro importazioni di materie prime più o meno strategiche anche per accumulare o ricostituire scorte ridottesi nel periodo precedente; 3) gli effetti dei mercati futures, sia al rialzo (che portano a scontare aumenti dei prezzi ovvero carenze di offerta), sia al ribasso che spingono a contenere la programmazione di rifornimenti a breve e medio termine; 4) la trappola di un costo dell’energia per produrre energia in assenza della sostituzione di vecchie tecniche con le nuove già disponibili.
Il 2022, pertanto, dovrà confrontarsi con questi temi ovvero cambiamento del modello economico, intervento di una moneta non a debito, ripristino della sovranità popolare (ovvero degli interessi della popolazione) per gli Stati, disegno sanitario che dia più spazio al mantenimento in salute dei cittadini, priorità da accordare alle risposte delle esigenze dell’economia produttiva nei confronti della finanza  prettamente speculativa.