UN BAMBINO È NATO PER NOI, UN FIGLIO CI È STATO DATO

Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Immanuel. Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il principato/dominio e il suo nome sarà: Consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo principato e la pace senza fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti. (Is 7,14-15. 9,5-6)

Il Signore stesso darà un segno

Questa profezia sulla nascita di un bimbo da una vergine risale al VIII sec a. C. La profezia viene data da YHWH stesso contro la volontà del re, che non crede nella parola del Signore, poiché confida in se stesso e nella sua logica. Dinnanzi alla forza dei re nemici, il re Aḥaz rimane sconcertato, intimorito: «Il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento» (Is 7,2). Ma Dio manda il suo profeta a rassicurare il re circa l’attacco dei nemici: «Ciò non avverrà e non sarà! […] Ma se non crederete, non resterete saldi». Il Signore, inoltre, offre al re un segno, a conferma della sua parola: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». La risposta, apparentemente rispettosa, nasconde tutta la malizia del re: «Non lo chiederò. Non voglio tentare il Signore». Nonostante l’incredulità del re, YHWH dà un segno ugualmente, per indicare che il suo progetto va avanti con o senza l’appoggio umano.

La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Immanuel

Il profeta non parla di «una donna» o «una moglie», ma dice «la vergine», con l’articolo, hā ͑ālmā ͪ (הָעַלְמָ֗ה), che, letteralmente, indica la giovane donna in età da marito, dunque, vergine, come confermato dalla LXX, che traduce con parthénos (παρθένος), vocabolo usato anche come corrispettivo di bǝṯûlā ͪ  (בְּתוּלָה), cioè, vergine, (la vergine figlia di Sion, Is 37,22), e di na͑ărā (נַעֲרָה), che significa vergine mai toccata da uomo (Gn 24,12; Gdc 21,12), vergine da maritare (1Re 1,2), vergine ancella (Gn 24,61). Anche la Peshitta traduce l’ebr. ālmā ͪ  con bǝtûltāʾ (בתולתא). In Es 2,8, la giovane sorella di Mosè è chiamata ālmā ͪ . In Dt 22,23, bǝṯûlā ͪ  e  na͑ărā sono usati come sinonimi, resi dal Targum rispettivamente con ͑ûlēmtā ͪ (עֻולֵימְתָא) e bǝṯûltā ͪ  (בְתֻולתָא). Nel Cantico, le fanciulle innamorate dello sposo – ognuna delle quali spera di divenirne la moglie – sono indicate con la parola  ͑ălāmôṯ (עֲלָמ֥וֹת), plurale di ͑ālmā ͪ . La scelta di tale termine nella profezia di Isaia, quindi, indica una nascita straordinaria, che verrà dalla vergine per eccellenza, colei che concepirà e partorirà il «Dio con noi», ͑immā́nûʾēl (עִמָּ֥נוּ אֵֽל), cioè, colei che deve partorire (Mi 5,2), poiché da sempre nel piano di Dio.

Il riferimento al cibo del neonato, panna (lett. latte cagliato, cioè, una specie di yogurt) e miele, richiama la terra abbondante e rigogliosa, promessa da Dio a Israele (Es 3,8), in cui entreranno coloro che mettono in pratica i comandamenti del Sinai (Dt 6,3). Latte e miele indicherebbero, dunque, l’abbondanza che si riverserà sul popolo, il dono di YHWH, secondo quanto descritto più avanti: «Per l’abbondanza del latte che faranno, si mangerà la panna; di panna e miele si ciberà ogni superstite in mezzo a questa terra» (Is 7,22). Nella versione di Qumran, si legge: «Il nome di lui sarà Immanuel». Il nome in ebraico indica la realtà più profonda della persona. Dire «sarà chiamato» equivale a «sarà». Per cui il nome «Dio con noi » indica una vera e propria realtà, cioè, la presenza di Dio in mezzo al suo popolo: la Shekhinah, «la divina presenza di Dio nel mondo». Questo bambino sarà Shekhinah, cioè, il Verbo fatto carne che «pone la sua tenda in mezzo a noi» (Gv 1,14). E chi è la vergine? L’evangelista Matteo, al riguardo, non ha alcun dubbio: è Maria, la madre di Gesù Cristo, colei che genera per opera dello Spirito Santo (Mt 1,23). Anche l’evangelista Luca richiama implicitamente la profezia di Isaia, indicandone la piena realizzazione in Maria: «Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio e lo chiamerai Gesù» (Lc 1,31), per cui Gesù è l’Emmanuele.

Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.

La nascita dell’Emmanuele è qui presentata come una nascita regale, un dono dall’alto, che viene da YHWH. L’espressione «un figlio ci è stato dato» è un passivo divino, che significa «Dio ci ha dato un figlio». Chi è questo figlio? Riguardo al Messia, dice la Scrittura:

Mio figlio tu sei, io oggi ti ho generato. (Sal 2,7)

Negli splendori dei santi, da un grembo, prima del mattino ti ho generato. (LXX Sal 110, 3)

Consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace.

I quattro titoli conferiti a questo figlio: consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace, ne confermano la nascita divina, ricalcando i protocolli egizi, che davano al re nomi nuovi nel giorno della sua intronizzazione. La parola consigliere, yô ͑ēṣ, si ritrova spesso nella Scrittura, specialmente nei libri sapienziali (Pr 11,14; 12,20;15,22), ma qui si parla di un consigliere meraviglioso. I titoli Dio potente, ʾēl gibbôr, che appare anche in Is 10,21, e Padre per sempre sono titoli divini; mentre il titolo di principe, sár (שַׂר), significa governatore, leader militare, ma designa anche i principi del santuario o principi di Dio (שָׂרֵ֣י הָאֱלֹהִ֔ים), cioè, coloro che officiavano nel Tempio. Il governo del Messia consisterà, dunque, nello stabilire un regno dove tutti conosceranno e ameranno la Legge di Dio, la quale sarà scritta nel cuore di ognuno:

Grande sarà  il suo principato.

Letteralmente, il TM dice che il suo dominio, il suo principato sarà all’abbondanza, ləmarbēh. Tale parola inizia con la lettera mem finale (ם), detta mem chiusa, anziché con la mem iniziale (מ), che, invece, è aperta. Secondo il Talmud, tale irregolarità offrirebbe un insegnamento nascosto, esoterico, (cioè, i segreti della Torah tramandati da maestro a discepolo), sul mistero della manifestazione del Messia, di cui la mem finale (ם) è simbolo.

La Mem aperta e la Mem chiusa [denotano] l’insegnamento aperto [Ma’amar] e l’insegnamento chiuso [esoterico][1].

La mem chiusa (ם) indica, dunque, un mistero legato all’avvento del Messia, dell’Emmanuele, il quale nascerà da una vergine, ma simboleggia, anche, il grembo materno, un grembo chiuso, verginale. Secondo la tradizione rabbinica, infatti, la mem (מם) simboleggia l’acqua, māʹyim (מים), e, dunque, il grembo pieno di acqua.

Che cosa è la mem? Non leggere mem ma māʹyim (acqua). Come, infatti, l’acqua è bagnata, così il grembo è sempre bagnato[2].

E la pace senza fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre

La profezia di Isaia si riallaccia, qui, ad una profezia ancora più antica, quella del profeta Natan (XI sec. a. C):

Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu riposerai con i tuoi padri, allora io farò sorgere dopo di te il tuo discendente che uscirà da te, e renderò stabile il suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. La tua casa e il tuo regno dureranno per sempre alla mia presenza, il tuo trono sarà saldo in eterno. (2 Sam 7,12.14.16)

L’Emmanuele è, dunque, il discendente di David, il Messia nato dalla Vergine, ricamato nel segreto del suo grembo come un prodigio, il quale verrà a consolidare e a rafforzare il regno instaurato con David, portando una pace eterna senza confini.


[1] Tractate Shabbath, Folio 104A, in Rabbi Dr. I. Epstein, Soncino Babylonian Talmud, The Soncino Press London, 1947.

[2] Sefer ha Bahir, 85.