Qualche giorno fa discutendo con un caro amico pittore, studioso, professore, filosofo e chi più ne ha ne metta, sono stato da lui bacchettato. Parlando dei miei articoli, mi ha detto: ”L’attenzione va spostata a monte del conflitto e focalizzata sulla nozione di persona e di denaro perché sono essenziali alla comprensione dei fatti”.
In effetti il seguire costantemente la narrazione quotidiana, prevedendone certamente alcune pieghe, alla fine ti porta come nel mio articolo: “Il Gioco dell’Oca” (https://www.databaseitalia.it/il-gioco-delloca/), sempre al punto di partenza. Che ci sia ormai una nazione divisa, nella quale per accaparrarsi sostenitori non serve più spiegare niente a nessuno è ormai un dato di fatto. Nei prossimi mesi, l’ago della bilancia si sposterà di qualche centinaio di unità da una parte o dall’altra, ma la sostanza non cambierà più.
Lo sanno anche molto bene i burattinai di palazzo, a loro volta burattini di un palazzo più grande. Ultimamente sono molto impegnati in manovre di smarcamento e, il tentativo di accaparrarsi un posto sulle poche scialuppe di salvataggio a disposizione, è diventato una guerra feroce. Quello che succede sotto di loro tra il popolo, è ormai di scarsa importanza. Tra editti, urla attraverso i media, imposizioni, terrore, varie ed eventuali, sono riusciti ad anestetizzare oltre le metà dei sudditi e quindi direi che la parte difficile del lavoro, è stata portata a termine. Ora spinto il masso giù dalla collina, basta aspettare che rotoli a valle lasciando dietro sé solo morte e distruzione.
L’assioma suggeritomi dal mio amico, riporta ad un importante filosofo della fine del 700: Georg Willheim Friedrich Hegel. Uno dei più importanti rappresentanti dell’idealismo. Hegel asseriva che: “Le persone sono solamente quegli individui che hanno denaro”. Per Hegel quelli che non hanno denaro sono irresponsabili, dal momento che non si possono nemmeno punire sottraendogli beni che non hanno e aggiunge, che la gran parte dell’umanità è costituita da individui che definisce come “polvere della storia” e solo nelle società civili abbiamo a che fare con delle persone che disponendo di beni sono costretti a stare a regole e a leggi, pena la perdita del loro denaro.
Ed è proprio questo il punto centrale della questione. Un regime dittatoriale si dichiara tale e si erge al potere, perché è in grado di togliere quello che è per noi di vitale importanza: il denaro o il modo per fare denaro. Con il denaro, compriamo beni materiali, cibo, case, vestiti, potere e pensiamo di comprare anche la felicità. Ilaria Bifarini (https://ilariabifarini.com/il-forum-di-davos-abolisce-la-felicita/), sul suo blog qualche tempo fa aveva annunciato il nuovo slogan del World Economic Forum. Lo slogan corredato da rassicurante manifesto con giovane ragazzo sorridente recita: “Non avrai nulla e sarai felice”. Un futuro prossimo dove assieme alla proprietà, verrà abolita anche la privacy e dove tutto quello che faremo, diremo o dove andremo e chi incontreremo, verrà monitorato.
Insomma il futuro prossimo o il prossimo futuro, sarà l’esemplificazione di una società che a seconda del momento, si sposta senza grossi traumi verso un lido piuttosto che un altro con grande facilità, perché in realtà non avrà niente da spostare che sé stessa dal punto di vista di un corpo umano nudo, spogliato di ogni proprietà. Ci avviciniamo così a grandi passi verso quel 2030 che per molti resta la data del definitivo riassetto dell’intero sistema di vita del pianeta Terra.
La distopia che è all’orizzonte, e che fa a pugni con tutte le utopiche tesi degli ultimi decenni, in realtà non è altro che la rilettura al contrario del teorema Hegheliano: “Sei un individuo perché hai i soldi. Io te li tolgo così torni ad essere nessuno. Un non individuo. Polvere della storia”. Così millenarismi, profezie, vaticini e apprensioni sciorinateci per anni, sembrano svanire nel nulla relegandoci ad un momento sospensivo di grande precarietà nel quale, nessuno fa nulla in attesa che qualcuno faccia qualcosa contro il nulla che dilaga. La vita che avevamo sbiadisce ogni giorno di più e, mentre l’Iceberg contro il quale ci schianteremo risvegliandoci da questo sonno ipertrofico si avvicina, ci aggrappiamo disperatamente a quelle poche cose che avevamo e guarda caso tutte materiali. Per sentirci vivi, per continuare a vivere, per sperare di vivere ancora un po’.
Di cosa saranno testimoni quelli che verranno dopo di noi, non ci è dato a sapere e onestamente non sono neanche così interessato a saperlo. Certo è che nel nostro non fare nulla, abbiamo accelerato la corsa del masso verso la valle frantumando millenni in pochi decenni. Tutti compresi, senza nessuna distinzione, dall’uomo o donna comune a Greta Thunberg, dall’ultimo sindaco di uno sperduto paesino di montagna al presidente degli Stati Uniti.
In fondo come diceva il vituperato Leopardi, a perdersi nell’alternarsi delle stagioni, nello scorrere del tempo e nella vita che nasce e muore senza soluzione di continuità:
“..tra questa immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare”.
Siamo tutti convinti di essere dalla parte del giusto sempre e comunque. Siamo convinti di sapere con certezza che l’altro è il nemico o almeno uno sconsiderato. Sappiamo tutti con certezza che quello che facciamo è la giusta via per sostenere questa nostra “felicità”. Mentre quello che fanno gli altri è la cattiva strada che condurrà questo pianeta e quindi noi in primis, all’estinzione. Siamo tutti ormai persuasi che la scienza ci allungherà la vita a dismisura. Allieverà i nostri dolori fisici e ci allontanerà dallo spettro della morte. Potremo lavorare senza paura, affrontare amici, conoscenti e parenti senza più alcun pericolo. Viaggiare, correre nei campi prendere il sole o guardare la luna alta nel cielo. Lucidare le nostre auto, interrogare i nostri iPad e comunicare con i nostri nuovi cellulari.
Perché tutti in fondo, in questa irreale ipertrofica irrealtà da pillola rossa o pillola blu, ci sentiamo felici e stiamo tutti bene. Perché abbiamo perso il senso ipercritico verso noi stessi e siamo diventati tolleranti, indulgenti e benevoli ma sempre e solo verso noi stessi. Perché ci siamo illusi di aver definito e ingabbiato, nella nostra pochezza e presunzione, lo stesso “Infinito”. Perché difendiamo l’ingannevole visione, dell’essere entrati nel loop del simbolo inventato da John Wallis, che ci trasporta ebbri di denaro, potere e felicità da una parte all’altra del simbolo stesso, senza fermarsi mai e, in questa sfrenata e utopica corsa, non ci accorgiamo di essere ormai “polvere della storia”.
“Se si vivesse a lungo,
non si saprebbe più dove andare
per rifarsi una felicità” G.Gaber 1976
Bruno Marro