MONS. VIGANÒ VAGLIA L’IPOTESI DI NULLITÀ DELL’ELEZIONE DI BERGOGLIO

In un’intervista rilasciata da Mons. Viganò al giornalista Aldo Maria Valli (QUI), emergono alcuni punti molto importanti. Il prelato ha affermato con forza che la «complicità della chiesa bergogliana e dell’intero episcopato mondiale alla farsa psicopandemica ha segnato uno dei punti più bassi raggiunti dalla Gerarchia nella storia», parlando altresì di «apostasia della Gerarchia cattolica» e della sua responsabilità nell’appoggiare il colpo di stato globalista. Tale descrizione sembrerebbe confermare quelle profezie (riconosciute ufficialmente dalla Chiesa) sulla grande apostasia che sarebbe giunta ai vertici della Chiesa stessa. Ma c’è un passaggio su cui è bene soffermarsi con attenzione: l’ipotesi di nullità dell’elezione di Bergoglio.

Qualora dovessero emergere evidenze di presunti brogli, si ritornerebbe allo status quo ante, cioè, sarebbe come se Bergoglio non fosse mai stato eletto “papa” e quindi tutti i suoi atti, come anche le nomine cardinalizie, sarebbero nulli, cioè, mai esistiti.

All’interno del Collegio cardinalizio c’è a Suo avviso una figura credibile, autenticamente cattolica, sulla quale i porporati, in caso di conclave, potrebbero far convergere i voti per un totale cambio di registro rispetto all’attuale pontificato?

Certi Papi, non dimentichiamolo, sono concessi; altri sono inflitti. Ma prima di discutere del prossimo conclave, occorre far luce sull’abdicazione di Benedetto XVI e sulla questione dei brogli del Conclave del 2013, che prima o poi dovranno dare luogo ad un’indagine ufficiale. Se vi dovessero essere prove di irregolarità, il conclave sarebbe nullo, nulla l’elezione di Bergoglio, così come nulle sarebbero tutte le sue nomine, gli atti di governo e di magistero. Un reset che ci riporterebbe provvidenzialmente allo status quo ante, con un Collegio cardinalizio composto solo dai cardinali nominati fino a Benedetto XVI, estromettendone tutti quelli creati dal 2013, notoriamente ultraprogressisti. Di certo la situazione attuale, con tutte le indiscrezioni sulle dimissioni di Ratzinger e sull’elezione di Bergoglio, non giova al corpo ecclesiale e crea confusione e disorientamento nei fedeli.

Anche qui, i cattolici possono implorare la Maestà divina di risparmiare ulteriori umiliazioni alla Sua Chiesa, concedendole un buon Papa. Se c’è un cardinale che voglia davvero “un cambio di registro”, che si faccia avanti, e che – per l’amor di Dio – la smetta di rifarsi al Vaticano II e pensi alla santificazione del clero e dei fedeli.

Status quo ante vorrebbe dire che, chiusa la parentesi Bergoglio, la Chiesa – quella vera – farebbe capo a Benedetto XVI e ad un suo successore valido, mentre chi non accettasse questo status si ritroverebbe automaticamente sine communitate. Non è un caso che Mons. Viganò usi la parola reset.

La richiesta di un’indagine ufficiale potrebbe essere il primo passo per il grande reset ecclesiale. È, però, una condizione necessaria ma non sufficiente. Bisognerebbe, infatti, non solo verificare ciò che possa esser successo durante le votazioni ma, soprattutto, ciò che può aver preceduto le votazioni e, cioè, se elettori ed eletto fossero tutti nelle condizioni canoniche di poter eleggere ed essere eletto oppure fossero in condizioni tali da perdere ogni diritto.

Fino ad oggi, infatti, la Santa Sede non ha mai risposto alle accuse mosse da uno dei grandi elettori di Bergoglio, il card. Danneels, secondo cui i cardinali (elettori ed eletto) della «mafia di San Gallo» – come la chiamava lo stesso Danneels – erano presenti al conclave «nello spirito di San Gallo», cioè, volti a portare a termine gli obiettivi definiti segretamente, che costituirebbero un crimine ai sensi dei parr. 78-83 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, per cui è comminata la scomunica latae sententiae (vedi QUI).

Ora, se gli atti di uno scomunicato non sono validi, qualora emergesse che gli elettori fossero scomunicati al momento della votazione, l’elezione sarebbe nulla e così tutti gli atti posti in essere da uno invalidamente eletto, il quale, in caso avesse preso parte alla “congiura”, sarebbe uno scomunicato alla stregua dei suoi elettori.

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