MAFIA NERA: LA POLIZIA ARRESTA 30 BLACK AXE. Ma i Club di Migranti Nigeriani dilagano in Italia deridendo Vaticano e politici

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

Fonte originale: articolo di Gospa News

«Traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, truffe romantiche e informatiche, per un totale di quasi cento capi di imputazione, sono i reati di cui sono accusate le 30 persone arrestate in diverse città italiane al termine dell’indagine denominata “Hello Bross”. L’attività operativa è stata condotta dalla Squadra mobile e dalla Sezione di polizia giudiziaria di L’Aquila insieme al Servizio centrale operativo, con la collaborazione delle Squadra mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni. Eseguite anche venticinque perquisizioni domiciliari e personali nei confronti di altrettante persone che, insieme agli arrestati, sono accusate di associazione di tipo mafioso».

E’ un duro colpo per la Mafia Nera quello messo a segno dalla Polizia di Stato nei giorni scorsi ma se da una parte dimostra la tenacia degli inquirenti nel perseguire e reprimere un giro malavitoso da milioni e milioni di euro, dall’altra rappresenta una goccia nel mare. Come abbiamo evidenziato in due dettagliate inchieste, basate sul rapporto annuale della Direzione Investigativa Antimafia (il comando interforze di Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e ), i Clubs nigeriani esportati in Italia dalla Nigeria rappresentano una rete criminale altamente ramificata e ormai perfettamente integrata con Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra di cui si è messa al servizio per gestire i traffici più pericolosi e spregiudicati (droga, prostituzione ed estorsioni).

«Tutti gli indagati sono ritenuti appartenenti all’organizzazione “Black Axe”, che ha i suoi vertici in Nigeria, e di cui il gruppo criminale costituiva l’articolazione italiana. Tutti gli appartenenti all’organizzazione sono cittadini nigeriani, compreso il leader del “ramo” italiano, un 35enne che impartiva le direttive da L’Aquila, dove risiedeva. Gli investigatori hanno ricostruito l’intera struttura gerarchica dell’organizzazione mafiosa, individuandone i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche presenti in diverse città italiane» conferma anche l’ultima indagine della Polizia.

 Il simbolo dell’organizzazione malavitosa Black Axe, l’ascia nera che rompe le catene

Ma la Mafia Nera, alimentata dal continuo flusso di migranti dalla Nigeria, ha raggiunto in alcuni casi livelli di impudenza nei confronti delle istituzioni, tanto che, come dimostrato nel reportage 1 alcune famiglie malavitose si sono scelte come nomi quelli del Vaticano e dell’ex premier Monti, quasi a voler ringraziare il sistema dell’immigrazione che ha consentito loro non solo di speculare sulla vergognosa tratta delle nere minorenni ma anche di reclutare nuova manovalanza tra i migranti che dopo i 18 mesi di assistenza da parte dello Stato Italiano vengono gettati in mezzo a una strada soltanto con un permesso di soggiorno e difficili prospettive occupazionali.

«Il gruppo criminale era caratterizzato da aggressività e violenza, con rigide regole di condotta che ne disciplinavano l’accesso e dalle quali derivavano precisi obblighi per gli appartenenti, la cui osservanza era finalizzata al rafforzamento del vincolo associativo. I provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di L’Aquila sono stati emessi grazie agli elementi acquisiti dagli investigatori, analizzando le numerose conversazioni telefoniche, ambientali e telematiche, le comunicazioni sui social e sulla posta elettronica; di fondamentale importanza è stato anche analizzare i conti correnti e tracciare i flussi di denaro e delle cripto valute, senza dimenticare i tradizionali servizi di osservazione e pedinamento effettuati su tutto il territorio nazionale» aggiunge ancora il comunicato della Polizia di Stato.

«Dall’indagine è anche emerso come gli affiliati fossero direttamente collegati con la casa madre nigeriana, di cui utilizzavano terminologie, simbologie, gestualità e riti di affiliazione. La maggior parte dei reati perseguiti dagli appartenenti all’associazione mafiosa venivano commessi utilizzando la Rete; tra le numerose truffe informatiche, particolare rilievo aveva quella che partiva dall’acquisto di bitcoin con i quali gli indagati si procuravano, sul mercato nero del dark web, i numeri delle carte di credito clonate con le quali venivano effettuati acquisti online» concludono gli investigatori confermando l’allarme della Dia sulle ramificazioni dei Clubs africani.

Durante l’attività investigativa, in particolare nella fase degli accertamenti patrimoniali, si è rivelata molto importante la collaborazione dell’Unità informativa finanziaria della Banca d’Italia e dell’Ufficio antiriciclaggio di Poste Italiane, soprattutto perché i guadagni frutto dei reati venivano reinvestiti in un reticolo di transazioni finanziarie che rendevano difficile la tracciabilità del denaro.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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